Nuove pratiche di rigenerazione all’ex Ansaldo

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    Rinasce Ansaldo, le storiche officine milanesi nate nel 1904 riprendono vita: quella che fu la classe operaia oggi viene fisicamente sostituita dal precariato diffuso fatto di creativi, lavoratori cognitivi, artigiani e makers. Quello che allora era il valore aggiunto tipico dell’industria pesante oggi aleggia nell’impalpabilità frizzante e stimolante di un’impresa capitanata dal Comune di Milano, Avanzi, Arci Milano, Esterni, Make a Cube, H+ e che ha al suo cuore lo sviluppo dell’intangibile.

    Parola scivolosa, spesso equivoca, intangibile significa qui una pratica di sviluppo del creativo che capovolge i vecchi paradigmi riscrivendone percorsi e termini. L’ex Ansaldo occupa un’area di oltre settantamila metri quadri, al suo interno accoglie il nuovo museo delle Culture, MUDEC progettato da David Chipperfield ed è inserito in uno dei quartieri più alla moda di Milano tra Via Tortona e Via Bergognone e Porta Genova. Il bando lanciato dal Comune di Milano aveva come obiettivo la costituzione di una partnership privata che potesse elaborare sia durante il periodo di ristrutturazione come del resto durante la sua vera e propria attività un processo trasparente di sviluppo creativo capace di aprire gli spazi alla città raccogliendo energie e risorse nel mondo dell’innovazione culturale e sociale.

    Il percorso avrà un suo primo punto di arrivo a settembre con la presentazione dei primi progetti di ristrutturazione, nel frattempo Avanzi con Arci, Esterni, Make a Cube, H+ chiariscono che lo spazio non avrà similitudini con quando fatto nel resto d’Europa, l’obiettivo è quello di proporsi come punto di riferimento mondiale nell’ambito del riuso urbano a scopi sociali e creativi. L’ex Ansaldo darà spazio a coworking, residenze d’artista, startup e fablab il tutto in un’ottica di condivisione anche etica degli spazi capace di generare – all’interno di un virtuoso mischiamento – un unicum che possa relazionarsi con il contesto circostante, sia esso urbano come sociale.

    Lo spazio sarà pensato aperto e in una logica di massima accessibilità così come i criteri d’accesso per le imprese creative saranno nell’ottica di una selezione dell’eccellenza, ma anche in funzione di una capacità di condivisione e di relazione che le varie entità saranno in grado di garantire e di conseguenza costruire. Lo sviluppo di ex Ansaldo avverrà infatti di pari passo con quello di un ecosistema che sia cuore battente di uno spazio vivo capace di rigenerarsi in continuazione.

    Quello che oggi si va ad immaginare attraverso l’entusiasmo, la competenza e anche l’ardire dei responsabili della partnership non è semplicemente la messa in funzione di uno spazio lavorativo come di studio, ma è una vera e propria idea di urbanità nuova capace di rispondere all’esigenze di cittadinanza diffusa tipiche della fluidità sociale di cui da sempre Milano si nutre (spesso consumandone gli attori). Un’idea di ecosistema che restituisca alla forza lavoro cognitiva una possibilità di rigenerazione che è oggi il nodo principale attorno a cui si giocheranno le sorti lavorative di una società che si pretende inclusiva e non solo meritocraticamente competitiva.

    Il futuro vivrà probabilmente anche di errori e sbagli, non c’è dubbio, ma se anche solo una parte delle proposte messe in cantiere oggi avrà la possibilità di realizzarsi, allora un gancio seppur piccolo verrà dato a chi vorrà emanciparsi dalle logiche di un precariato diffuso e speculativo.

    Milano prova all’ex Ansaldo a rilanciarsi innovando; i principali attori economici si mettono gioco in quello che potrebbe rivelarsi a più livelli – da quello dell’elaborazione contrattuale a quello dello sviluppo urbanistico – un modello in grado d’imporsi e di mutare radicalmente l’uso degli spazi e della forza lavoro. Perché è fondamentale che l’innovazione non venga relegata ad una nicchia ristretta e al momento impotente nell’imporre pratiche evolute ad un sistema paese impantanato nella propria invecchiata e logora autarchia.

    La fabbrica novecentesca svuotata e liberata del peso dei suoi macchinari come dei suoi stessi manufatti diviene il fulcro di un intervento d’innovazione che le restituisce centralità. All’infuori di ogni retorica d’industria creativa la fabbrica diviene il luogo in cui la convivenza e la condivisione generano sviluppo e nuove pratiche dello stare insieme. Sarà un processo di elaborazione culturale continuo dentro al quale gli stessi termini prenderanno forma a seconda di quanto le pratiche sapranno rivelarsi utili ed efficaci. L’ex Ansaldo non ha ancora un nome da darsi, ma ha pratiche da diffondere.

     

    Foto di Leo Fosdal su Unsplash

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