Sono pochi gli ambiti in cui è ammessa la libera circolazione delle persone. Uno sicuramente è il calcio. Per fare solo un esempio, basti pensare alla storia di George Weah, oggi nuovo presidente della Liberia: quando, nel 1988, lasciò il suo paese per trasferirsi a Monaco nessuno ebbe nulla da ridire. Eppure era, ed è, un africano, musulmano per giunta, proveniente da un paese spiantato: oggetto di fischi e insulti razzisti, Weah sarebbe ancora come il fumo negli occhi per quei sostenitori di mura, barriere, frontiere, chiusure ermetiche che dovrebbero fermare i flussi migratori.
Un altro ambito in cui è consentito un certo movimento è, fortunatamente, l’arte. Il teatro, poi, sembra quasi nato per questo: per rompere le barriere del linguaggio, per ascoltare la parola dell’Altro, per confrontarsi con un’idea di società aperta, libera, inclusiva. Non sempre, ma quasi, il teatro ha svolto il ruolo catalizzatore di democrazie discorsive: nell’Atene di Pericle, i greci si commuovevano alle parole dei grandi nemici sconfitti, i Persiani, grazie al genio di Eschilo.
E in effetti, in questa Europa in cui non ci si ascolta più, dove la politica ormai è ridotta a un rumore diffuso e a decibel crescenti, varrebbe la pena riflettere su progetti che servono, come mai prima, a tessere reti, a creare ponti, ad aprire e far dialogare i possibili. Progetti culturali che sono, o potrebbero essere, anche modelli sociali.
Uno di questi, che merita ogni attenzione, vede capofila una vivacissima struttura italiana: PAV, società fondata nel 2000 da Claudia Di Giacomo e Roberta Scaglione. Il progetto di cui vogliamo parlare si chiama “Fabulamundi” ed è stato ideato nel 2012 con lo scopo di lavorare sulla promozione e mobilità di autori e drammaturghi europei. Si trattava allora, nella prospettiva delle organizzatrici, di far muovere le parole: ossia di dar spazio e vita a quelle scritture per la scena che sono ancora il cardine della produzione teatrale contemporanea internazionale.
Nelle stagioni scorse, “Fabulamundi” si avvaleva di 10 partner tra Italia, Francia, Spagna, Germania e Romania. Ha vinto per due volte il finanziamento europeo su “piccola scala” – ossia quello legato a progetti finanziabili fino a un massimo di 400mila euro – ed ha coinvolto 96 autori di diversi paesi.
La novità, che fa ben sperare per il futuro, è che la nuova edizione di Fabulamundi, chiamata “Fabulamundi Playwriting Europe-Beyond Borders?”, sostenuto anche dal Mibact, ha vinto il finanziamento di Europa Creativa della Commissione Europea nell’ambito dei progetti di cooperazione “a larga scala”. Insomma, un deciso salto di livello.
Intanto per il finanziamento, che è di oltre 1milione e 600mila euro, cifra cui devono aggiungersi le risorse di tutti i partner che devono co-finanziare con il 50% delle risorse necessarie. Poi per la durata stessa del progetto, che si apre quest’anno e andrà a chiudersi nel 2020; e ancora per l’ampliamento della rete di azione, che si avvale ormai di 15 partner già attivi e altri 8 da coinvolgere dal 2019.
E a leggere l’elenco dei soggetti chiamati a collaborare attivamente per “Fabulamundi” c’è da star allegri: oltre agli italiani PAV, festival Short Theatre e il Teatro “i” di Milano, ecco l’austriaco Wiener Wortstaette; la catalana Fundaciò Sala Beckett; i Rumeni Università delle Arti “Targo Mures” e Teatrul Odeon; i francesi La Mousson d’été e Théatre Ouvert; i berlinesi Interkulturelles Theaterzentrum; il polacco Teatr Dramatycznym e il ceco Theatre “Letì”; il belga Culture Action Europe – rete che raccoglie oltre cento soggetti impegnati in particolare sulla Audience Development – e infine, dall’Inghilterra, il Creative Skillset, società di comunicazione leader nel settore della formazione culturale.
A questi si aggiungeranno dal Portogallo il Teatro Nacional “MariaII”, la scozzese Royal Liceum Theatre Company, il prestigioso Festival Mess di Sarajevo, e ancora partner da Ungheria, Turchia, Slovacchia, Islanda e Finlandia.
Tutti i partner, in assoluta autonomia, selezionano 10 autori per paese, dove verranno attivati comitati di lettura che possano essere di supporto al percorso di traduzione e messa in scena degli spettacoli.
Vale la pena citare almeno gli autori italiani invitati a prendere parte a Fabulamundi. Alcuni sono già conosciuti e apprezzati, altri sono ancora “in crescita”, vista la giovane età, ma sicuramente da seguire con interesse. Eccoli: Emanuele Aldrovandi, Davide Carnevali, Valentina Diana, Liv Ferracchiati, Francesca Garolla, Erika Z. Galli e Martina Ruggeri (del gruppo Industria Indipendente), Armando Pirozzi, Pier Lorenzo Pisano, Roberto Scarpetti e Fabrizio Sinisi.
A loro il compito di portare all’estero il proprio sguardo e il privilegio di lasciarsi contaminare dalle tensioni e dalle tendenze creative dei colleghi europei.
Scopo del gioco, si è detto, è dare un’accelerata alla diffusione di testi dei 120 autori contemporanei: e dunque dopo il monitoraggio, la selezione e il confronto con i comitati di lettura, e poi l’accompagnamento nell’elaborazione, ecco le mise-en-espace, le masterclass, le residenze creative, gli incontri con il pubblico, e molto altro.
Il tutto con l’obiettivo, infine, di creare un network di giovani artisti che avranno possibilità di pensare, perché no?, a una Europa del prossimo futuro.
Non è un caso che il sottotitolo di “FabulaMundi” sia proprio “Beyond Borders?”, con quel punto interrogativo che lascia aperta la scottante domanda. Cosa c’è oltre i confini? Nello “stato d’assedio permanente” che tanta politica foraggia e sostiene, riflettere sul senso della parola confine è pratica preziosa. Nel nostro teatro, troppo spesso imbastito in un provincialotto “due camere e cucina”, dove il massimo dell’emozione è esplorarsi l’ombelico, una ventata d’aria continentale non può che far bene.
Riuscire a far parlare il presente con la lingua del nostro tempo è la prospettiva verso cui la migliore drammaturgia europea sta spingendo: ossia fare del palcoscenico lo spazio della crisi, dell’interrogazione sistematica, della verifica di sé e dell’Altro, della critica sociale, del dubbio e della mistero, dell’incontro e dello scontro. Mentre la politica cerca il facile consenso, il teatro vuole ancora essere il luogo del senso.
Come ha recentemente scritto Pier Luigi Sacco, su “IlSole24ore”, parlando della situazione culturale in Italia, «ciò che occorre qui non è però l’ennesima misura una tantum di sostegno momentaneo alla rete delle istituzioni culturali del territorio italiano, e men che meno la solita informata di promesse elettorali, quanto una precisa opzione di politica culturale, quella politica che in Italia non c’è mai davvero stata e ancora non c’è, malgrado i progressi degli ultimi anni». Allora sarebbe quanto mai auspicabile che una politica futura possa guardare anche a esempi, a modelli pratici, proprio come FabulaMundi: segno concreto di una politica europea in atto. Chissà, magari un giorno anche il nostro teatro sarà tutto – al di là delle eccellenze che lo contraddistinguono da sempre – un po’ più internazionale e un po’ meno provinciale.
Immagini courtesy PAV