Dietro le quinte di un Club to Club versione “zero”: intervista a Sergio Ricciardone

Scarica come pdf

Scarica l'articolo in PDF.

Per scaricare l’articolo in PDF bisogna essere iscritti alla newsletter di cheFare, completando il campo qui sotto l’iscrizione è automatica.

Inserisci i dati richiesti anche se sei già iscritto e usa un indirizzo email corretto e funzionante: ti manderemo una mail con il link per scaricare il PDF.


    Se inserisci il tuo indirizzo mail riceverai la nostra newsletter.

    image_pdfimage_print

    Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Vice. Clicca il pulsante in basso per leggere il testo completo.

    In questo 2020 pandemico, la musica live, gli affollamenti sotto palco, la confusione delle 5 di mattina sono ormai un ricordo opaco. Salire su un treno Milano-Torino per andare a sentire Aphex Twin al Club to Club in mezzo a migliaia di persone? No, impossibile, non può essere successo solamente due anni fa. Probabilmente è solo un sogno mitomane. Un evento accaduto in un’altra dimensione.

    Eppure anche questo autunno, in piena zona rossa, il Club to Club ha trovato il modo di inaugurare il primo weekend di novembre con il suo pop d’avanguardia. Via broadcast, ovviamente. Lorenzo Senni che vandalizza un pianoforte, Bienoise che sonorizza un teatro vuoto, Ninos du Brasil che sognano gonfiabili che ballano, SPIME.IM che mettono alla prova i nostri sensi, Caterina Barbieri e Ruben Spini intrappolati in una dimensione onirica e Mana & Nicole Neidert che mettono in scena una coreografia per statue.

    Per capire i retroscena di CØC, dell’edizione “zero” di quest’anno—e per soddisfare altre curiosità—, ho parlato con Sergio Ricciardone, da vent’anni la persona di riferimento di quello che Pitchfork definiva già quattro anni fa “uno dei festival di musica elettronica più forward-thinking in circolazione.”

    Note

    Clicca qui per leggere l’articolo completo