Il quarto estratto “estivo” dai saggi di Umberto Eco. Grazie alla collaborazione con La Nave di Teseo, cheFare propone alcuni pezzi che ci aiutano non solo a ricordare e a riscoprire l’efficacia e la duttilità di un pensiero sempre vigile e che oggi è più che mai necessario riprendere in mano. Qui il primo estratto, qui il secondo, qui il terzo. Qui la presentazione di Claudio Paolucci.
Ridurre l’intera cultura a un problema semiotico non significa ridurre l’insieme della vita materiale a puri eventi mentali.
Mirare alla cultura nella sua globalità sub specie semiotica non vuole ancora dire che la cultura tutta sia solo comunicazione e significazione, ma vuole dire che la cultura nel suo complesso può essere capita meglio se la si abborda da un punto di vista semiotico. Vuole dire insomma che gli oggetti, i comportamenti e i valori funzionano come tali perché obbediscono a leggi semiotiche.
Se passiamo ora all’ipotesi moderata troviamo che essa, di primo acchito, non significa altro che ogni aspetto della cultura può diventare (in quanto contenuto possibile di una comunicazione) una entità semantica.
Certo è molto poco dire che una classe di oggetti, per esempio «automobile», diventa una entità semantica quando è significata dal significante |automobile|. A questo livello si può anche dire benissimo che la semiotica si occupa del cloruro di sodio, dal momento che tale sostanza naturale viene anche vista come significato del significante |sale|.
Ma a rileggerla meglio, l’ipotesi moderata suggerisce qualcosa di più: i sistemi di significati (in quanto unità culturali che diventano contenuti di possibili comunicazioni) sono organizzati in strutture (campi e assi semantici) che seguono le stesse regole semiotiche identificate per i sistemi di significanti. In altre parole «automobile» non è solo una entità semantica nel momento in cui viene correlata al significante |automobile|; lo è anche dal momento che essa è sistemata in un asse opposizionale con altre unità semantiche quali «carro», «bicicletta» o «piedi» (almeno nell’opposizione ‘in automobile vs a piedi’).
Dunque vi è almeno un modo di considerare tutti i fenomeni culturali dal punto di vista semiotico: ogni cosa che la semiotica non può studiare altrimenti cade sotto il suo dominio almeno a livello di una semantica strutturale. Ma anche così il problema non è ancora completamente chiarito.
Un’automobile (intesa come oggetto fisico concreto) indica un certo status sociale, e acquisisce un indubbio valore simbolico; ciò accade non solo quando «automobile» appare come una classe astratta significata quale contenuto da un significante verbale o pittografico (come accade quando la stessa astratta entità semantica è contemporaneamente denotata da significanti diversi quali |car|, |voiture| o |bagnole|), ma anche quando l’automobile si presenta quale oggetto.
In altre parole l’oggetto ||automobile|| diventa il significante di una unità semantica che non è solo «automobile» ma può essere, per esempio, «velocità», «convenienza», «ricchezza». E allo stesso titolo l’oggetto ||automobile|| diventa il significante della sua funzione (o uso) possibile.
Così, sia a livello sociale che a livello funzionale, l’oggetto, proprio in quanto tale, riveste già funzione significante. Ed ecco che la seconda ipotesi rimanda alla prima, e ogni fenomeno culturale può essere studiato nel suo funzionamento di artificio significante. La cultura può dunque essere integralmente studiata sotto profilo semiotico.
Immagine di copertina: ph. Bianca Isofache da Unsplash