Nel bozza del Recovery Plan alla cultura sono destinate briciole, è il settore meno finanziato

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    Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Finestre sull’arte. Clicca il pulsante in basso per leggere il testo completo.

    È stata diffusa nelle scorse ore la bozza del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (PNRR), noto giornalisticamente anche come “Recovery Plan”, ovvero il piano d’investimento dei 196 miliardi di euro che l’Italia otterrà dai fondi Next Generation EU (il cosiddetto “Recovery Fund”). Il piano su cui è al lavoro il governo è diviso in sei sezioni: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (48,7 miliardi), rivoluzione verde e transizione ecologica (74,3), infrastrutture e mobilità sostenibile (27,7), istruzione e ricerca (19,2), parità di genere, coesione sociale e territoriale (17,1) e sanità (9).

    La cultura è compresa sotto la sezione digitalizzazione, ed è il settore meno finanziato in assoluto, dal momento che si dovrà accontentare di soli 3,1 miliardi, l’1,6% del totale, e dovrà anche spartirsi questa somma con il turismo. La sezione della digitalizzazione viene finanziata con 10,1 miliardi a digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA, 35,5 a innovazione, competitività, digitalizzazione 4.0 e internazionalizzazione, 3,1 a cultura e turismo; per la rivoluzione verde, 6,3 miliardi vanno a impresa verde ed economia circolare, 18,5 a transizione energetica e mobilità locale sostenibile, 40,1 a efficienza energetica e riqualificazione degli edifici, 9,4 a tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica; per le infrastrutture, 23,6 miliardi saranno spesi per l’alta velocità e la manutenzione stradale e 4,1 per l’intermodalità e la logistica integrata; nel comparto istruzione e ricerca, 10,1 vanno al potenziamento della didattica e al diritto allo studio, 9,1 a una categoria “dalla ricerca all’impresa”; per la parità di genere e la coesione sociale, 4,2 miliardi sono stanziati per la parità di genere, 3,2 per giovani e politiche del lavoro, 5,9 per la vulnerabilità, l’inclusione sociale, lo sport e il terzo settore, 3,8 per gli interventi speciali di coesione territoriale; infine, per la salute, 4,8 miliardi vanno ad assistenza di prossimità e telemedicina e 4,2 a innovazione, ricerca e digitalizzazione dell’assistenza sanitaria.

    Note

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