In molti dicono che l’epidemia e il conseguente sconvolgimento economico che seguirà ci condurranno verso una trasformazione radicale del mondo. Altri invece sostengono che ci sarà un ritorno della normalità, uno scenario non necessariamente auspicabile per tutti quelli che nella situazione precedente non vivevano – e di certo non vivono ora – in condizioni privilegiate.
Quello che è sicuro è che il terremoto in atto porterà a una accelerazione di tendenze strutturali già presenti nell’economia, nella cultura e nella società. Allargando il punto di vista oltre la gestione dell’emergenza, possiamo notare alcune di queste correnti profonde.
Il ruolo della Cina: Il colosso asiatico, ormai da tempo una potenza economica di natura primaria, ha mantenuto in passato un profilo relativamente basso dal punto di vista della proiezione comunicativa. Il vuoto di leadership internazionale e l’emergenza epidemica stanno però consentendo una crescita molto rapida del soft power, ovvero la capacità di influenzare le dinamiche politiche internazionali facendo leva sul prestigio culturale e l’ammirazione per il proprio sistema.
Sempre più stati nazionali guarderanno al modello cinese con rispetto, con un possibile rafforzamento della conflittualità internazionale
Si tratta di un incremento del posizionamento reputazionale che sarebbe comunque avvenuto, ma che ha subito un’accelerazione inaspettata grazie all’emergenza. A torto o a ragione un numero sempre più elevato di stati nazionali, organizzazioni e individui guarderanno al modello cinese con rispetto, con un possibile rafforzamento della conflittualità internazionale, anche se “fredda” o “tiepida”, e una crescente competizione per la leadership egemonica con gli Stati Uniti.
Digitalizzazione: Il lockdown imposto a una quota significativa delle popolazione terrestre ha incrementato enormemente le metriche operative di tutte le imprese operanti nel digitale e nel consumer internet: dall’e-commerce all’istruzione online, dal gaming alle applicazioni di video-conferenza e collaborazione in remoto.
Per vivere, lavorare e socializzare si passa necessariamente tramite il filtro di miliardi di schermi. Lo spostamento di porzioni crescenti dell’esistenza umana all’interno della rete, o utilizzando un’espressione retrò nel “cyberspazio”, è un fenomeno in corso da decenni e, in assenza di un conflitto nucleare, inarrestabile nel medio termine.
La crisi attuale ha velocizzato ed ha approfondito questo processo. Dopo la fine del lockdown è possibile che si verificherà temporaneamente una sovracompensazione psicologica, le persone vorranno viaggiare, abbracciarsi, incontrarsi, ma è altrettanto probabile che alcuni comportamenti – nelle abitudini di acquisto, nella comunicazione, nel lavoro – saranno alterati in modo permanente.
Alcuni comportamenti saranno alterati in modo permanente
La computabilità del mondo: Al di là delle ondate di hype, come l’alternarsi di eccessivi entusiasmi e altrettanto sproporzionate delusioni di breve termine sui risultati dell’intelligenza artificiale, nei prossimi anni sarà incrementata ulteriormente e costantemente la densità di intelligenza della materia.
Ogni persona, oggetto o edificio sarà sempre più connesso, guidato al livello algoritmico e immerso in un flusso crescente di dati. I timori attuali sulla società della sorveglianza, legittimi sotto molti punti di vista, sono parte di un fenomeno molto più ampio che riguarda la trasformazione progressiva del mondo in sostanza informatizzata, agente e/o oggetto di computazione.
La potenza tecnica degli algoritmi oggi guida in modo determinante l’alta finanza, il mondo dei social media, alcuni settori dell’industria. Nel futuro si estenderà progressivamente, coprendo in modo sistematico sempre più aree. Questo processo non è e non sarà esente da limiti, contraddizioni, conflitti: sappiamo che “la singolarità non è vicina” e che Internet sta vivendo un processo di balcanizzazione e segmentazione per blocchi geo-economici. Proprio per questo dobbiamo essere consapevoli che chi guiderà questi processi avrà un potere enorme.
La fragilità: L’Italia è al momento inserita in correnti storiche molto più grandi rispetto alla sua attuale capacità di reazione. L’emergenza legata al coronavirus porta marcatamente in evidenza molte delle contraddizioni già esistenti. È una paese fragile, che probabilmente verrà colpito fortemente dalla crisi: per il 2020 ci potrebbe essere un decremento del PIL di natura “bellica”, secondo alcune proiezioni persino a due cifre, e il debito pubblico potrebbe raggiungere o superare il 150% del PIL.
Può accadere di tutto: nei giorni scorsi i Massive Attack che citano Fabio Fazio su Twitter
Può accadere di tutto e lo abbiamo visto già nei giorni scorsi: evasioni di massa dalle carceri, accettazione di misure di sorveglianza radicali, i Massive Attack che citano Fabio Fazio su Twitter. Episodi come il crollo del sito dell’INPS lo scorso 1 Aprile, probabilmente dovuto non a fantomatici attacchi hacker ma proprio all’assenza di quel tipo di competenze e mentalità all’interno della stessa organizzazione, mostrano un’enorme vulnerabilità istituzionale e la difficoltà nel gestire processi essenziali per uno stato moderno.
Nel dibattito pubblico c’è un’inversione di priorità tra ciò che è centrale e ciò che è periferico, con tentativi di difendere un passato che non tornerà, sottraendo energia a persone, organizzazioni, aziende e istituzioni che potrebbero costruire le basi di sviluppo per i prossimi anni.
La forza: Il riconoscimento della debolezza comparativa dell’Italia non significa un destino di declino inesorabile. Anche se in termini di dimensioni economiche aggregate il peso comparativo della nazione probabilmente si ridurrà rispetto ad altri paesi, con la crisi post-emergenza che accelererà questo processo, ciò non significa che le condizioni di vita medie non possano migliorare e che non si possa acquisire centralità su altre sfere di influenza.
L’Italia ha numerosi punti di forza: una diaspora globale che può diventare un’enorme risorsa per riconvogliare competenze e capitali, un’elevata riconoscibilità e la presenza nella “mappa mentale” di miliardi di persone al mondo, serbatoi di risorse non valorizzate a sufficienza che potrebbe essere un motore creativo e produttivo se dotati di supporto intelligente e regole adeguate al 2020 (si pensi alla leadership e all’imprenditorialità femminile, al settore della produzione culturale, al mondo della ricerca), la presenza di organizzazioni con il potenziale di creare ricchezza e occupazione diventando le grandi imprese del futuro, come la massa critica di scale-up in fase di alta crescita e la molteplicità di aziende operanti in nicchie ad alta specializzazione e in grado di esportare in tutto il pianeta.
Questo momento storico ci costringe a un ritiro parziale di natura collettiva, ad attivare la corteccia prefrontale – se possibile non da soli, ma come rete neurale espansa – a pensare al futuro in modo strategico, a comprendere le tendenze in atto, al fine di non subirle ma viverle a pieno e, se possibile, guidarle.