Cos’è ‘Commoncoin’, la moneta digitale per un’economia collaborativa

La piattaforma commonfare.net si basa su tre elementi principali: l’informazione circa le risorse di Welfare che lo Stato fornisce alle persone in condizioni di povertà, basso reddito e disoccupazione; la possibilità per i partecipanti di raccontare le proprie esperienze personali, specialmente quelle che gli hanno permesso di risolvere i problemi causati dalle condizioni sopra citate; ed infine la circolazione di una moneta digitale complementare all’Euro, chiamata Commoncoin.

Commoncoin è una linea di credito che permette di complementare il reddito in euro al fine di fornire uno strumento che aiuti ad accrescere le occasioni di scambio reciproco tra i partecipanti che interagiscono su commonfare.net.

Pubblichiamo un estratto dagli Atti della Tavola Rotonda di CommonFare.

Per apprezzare la desiderabilità dell’adozione dal basso di uno strumento come Commoncoin è però necessario contestualizzare la sua ideazione all’interno di un contesto più ampio, ovvero quello della moneta in generale. Infatti, troppo spesso si dà per scontata l’esistenza e l’uso della moneta corrente, in Italia la Lira ed oggi appunto l’Euro. In altre parole, la maggior parte dei cittadini di ogni estrazione sociale non si chiedono quale sia la natura della moneta nazionale convenzionale sia che si tratti di banconote e monete metalliche sia che ci si riferisca alla sua versione elettronica. Tuttavia, è molto importante capirne le origini e la funzione in quanto solo cosi è possibile avere una visione critica dei suoi pregi e dei suoi difetti, oggettivamente.

Le monete nazionali di ogni paese del mondo sono emesse secondo i canoni dettati dalle banche centrali, le quali regolano sia le azioni economiche che possono essere intraprese dagli Stati che dalle banche private o commerciali stabilendo la misura del valore attraverso la definizione dell’unità di conto (l’euro). In pratica, la zecca dello Stato si occupa dell’emissione e distribuzione di banconote e monete metalliche (circa il 3% della valuta circolante) mentre le banche private emettono moneta elettronica sotto forma di debito ad interesse positivo. In questo modo il sistema statale e quello bancario offrono alla popolazione di una nazione la possibilità di commerciare tra di loro nel settore privato e pagare le tasse nel settore pubblico, ovvero un mezzo di scambio per l’economia. Inoltre, coloro che si trovano con una disponibilità di moneta più grande delle loro necessità quotidiane, anche grazie al profitto derivato da investimenti, possono accumulare la moneta, che diviene quindi una riserva di valore.

Questo stato delle cose si è palesato ed affermato negli ultimi trecento anni nei paesi occidentali ed ha permesso la creazione e crescita dell’era industriale, con uno sviluppo della società sconosciuto fino a quel momento. Purtroppo però questo stesso sistema monetario, che poteva essere definito come moderno fino a qualche decennio fa, sta iniziando a mostrare, soprattutto dalla crisi economica del 2008, segni evidenti di bassa performance. Se è vero infatti che lo sviluppo industriale è stato facilitato dal modo di operare di questo sistema, è anche vero che sin dal suo inizio e sempre di più con il passare del tempo, ha promosso una crescita strutturale delle disuguaglianze economiche e della stessa intensità e magnitudine delle cicliche crisi economiche nelle cosiddette economie avanzate, con ricadute su quelle in via di sviluppo e sulla sostenibilità ambientale nel mondo in generale.

Per apprezzare in poche righe la problematicità della situazione di crisi monetaria ciclica che interessa le economie in cui vivono i partecipanti a commentare.net è forse utile una piccola regressione sulla filosofia dell’economica monetaria moderna. Per fare ciò viene d’aiuto riferirsi al Trattato sulla Moneta di John Maynard Keynes, pubblicato nel 1930 ma che resta ancora oggi uno dei lavori più sistematici sull’argomento. Nelle pagine del Trattato, Keynes è molto chiaro nel definire la moneta come fece già Aristotele nell’Etica Nicomachea, ovvero come uno strumento con tre funzioni principali (come ho notato sopra): unità di conto, riserva di valore e mezzo di scambio.
A parte il fatto che una moneta come l’euro, se formalizzata in questo modo classico, altro non fa che creare paradossi per cui le funzioni di mezzo di scambio e riserva di valore – per di più se emesse a debito – vanno in conflitto in certi momenti del ciclo economico, è forse più importante notare che questa definizione informa su ciò che la moneta fa piuttosto che su ciò che è. Durante una crisi economica non è raro infatti trovarsi nel paradosso per cui coloro che hanno risorse monetarie non le facciano circolare per far ripartire l’economia ed anzi le accumulino andando a creare una spirale verso il basso: poco credito circolante, paura di rischiare per far ripartire l’economia, meno credito circolante, più paura di rischiare, etc. etc.

Per rispondere infatti alla domanda sulla natura della moneta, un autore contemporaneo, Bernard Lietaer, ex banchiere centrale alla Banca Nazionale Belga e filosofo del linguaggio a UCL Berkeley, offre una definizione di moneta che riesce a dare ragione non solo della natura della moneta convenzionale come l’Euro, ma anche di quella di una moneta come Commoncoin.

Nel suo libro del 2001 The Future of Money, Lietaer definisce infatti la moneta come un accordo all’interno di una comunità per utilizzare qualcosa come mezzo di pagamento. In effetti, i paradossi economico monetari generati dalla definizione strumentale adottata da Aristotele a Keynes possono essere risolti se si inizia a guardare alla moneta come accordo, anziché come strumento. In altre parole, se è vero che la moneta nazionale convenzionale a debito ha permesso una crescita senza precedenti a livello globale è anche vero che non è stata in grado di servire i bisogni della popolazione nella sua interezza.

Questo per il semplice fatto che il suo design è stato improntato molto sulla soddisfazione di bisogni commerciali lasciando indietro quella dei bisogni sociali.

È quindi adottando non una, ma una molteplicità di monete che è possibile coprire i bisogni di quella parte di popolazione che non gode per un motivo o per l’altro dei benefici della moneta convenzionale come l’euro. Per esempio, sin dalla Grande Depressione del 1929 in Svizzera esiste il WIR, una moneta complementare creata per rompere la spirale negativa brevemente descritta sopra, la quale viene usata a livello nazionale ogni volta che il Franco Svizzero è in crisi per motivi che usualmente arrivano dall’esterno dell’economia Svizzera come la crisi del 2008 scoppiata negli USA, una sorta di sistema a doppia moneta. In questi casi di crisi, gli svizzeri iniziano ad utilizzare il WIR (che significa NOI in tedesco) per sopperire all’insufficienza di franchi svizzeri che non vengono fatti circolare come mezzo di scambio per lubrificare gli ingranaggi dell’economica elvetica, ma vengono tenuti fermi in banca come riserva di valore aspettando momenti di ripresa del ciclo economico.

Allo stesso modo, commonfare.net offre una moneta complementare che permetta a coloro che sono stati maggiormente colpiti dall’assenza di crescita dopo la crisi del 2008 di poter contare su una linea di credito che dia risorse monetarie da poter essere utilizzate in un circuito di solidarietà comune. Se è vero che esempi del genere, come il Sardex, sono stati testati ed adottati con successo anche in Italia dopo la crisi del 2008 è anche vero che queste soluzioni sono state ideate per ragioni puramente economiche, specialmente per aiutare le piccole e medie imprese ed all’interno di un’architettura gestionale centralizzata.

Commoncoin vuole andare oltre la mera risposta economica alla crisi gestita centralmente, per offrire una moneta esplicitamente disegnata per sopperire alle difficoltà non solo economiche ma soprattutto sociali delle persone che si trovano in condizione di povertà, basso reddito o disoccupazione. Per esempio, le persone che ricevono Commoicoin come forma di complemento al reddito lo potrebbero utilizzare scambiarsi servizi tra loro, dal babysitting al giardinaggio; inoltre, avendo esercizi commerciali che accettino la moneta complementare potrebbe aiutare a far aumentare il moltiplicatore locale, come succede ad esempio con il Bristol Pound nel Regno Unito. In questo caso, per incentivare l’uso del Bristol Pound, la Municipalità accetta dal 2012 tale moneta locale nel pagamento di tasse locali (Council Tax e Business Rates).

Commoncoin è inoltre una moneta che vuole fare leva sulla tecnologia più avanzata in questo campo, ovvero la criptomoneta: una moneta emessa in maniera decentralizzata attraverso meccanismi crittografici che ne garantiscono l’autenticità all’interno di un sistema trasparente per definizione chiamato Blockchain nel caso del Bitcoin o, più in generale, Registro Distribuito delle transazioni.

In questo caso, grazie ai protocolli crittografici si può avere la certezza dell’autenticità della moneta emessa mentre altri protocolli come BitTorrent vanno al servizio della decentralizzazione, che fornisce trasparenza e resilienza strutturali al sistema: da una parte ogni partecipante al sistema ha accesso a tutta la storia delle transazioni; dall’altra, se un nodo nel network non è in grado di operare, i restanti nodi continuano le operazioni di validazione della storia delle transazioni. La criptomoneta ha il potenziale, con tutti i difetti tipici di una nuova tecnologia, di fornire strumenti come la decentralizzazione e la trasparenza strutturali per fare a meno di concetti ed istituzioni centralizzate e non sempre limpide che per loro natura impediscono la crescita sociale di tutti le componenti dell’economia.

Partendo dal presupposto di migliorare lo stato dell’arte nel design di monete per il bene sociale, Commoncoin può essere visto come il risultato dell’applicazione della definizione di moneta secondo Lietaer espressa in ambito solidaristico. Esempi come il WIR ed il Sardex, se applicati all’ambito prettamente sociale in funzione della lotta a problemi come la povertà, il basso reddito e la disoccupazione, possono essere rivisti al fine di migliorare la situazione economica e personale di molte persone che oggi non riescono a risolvere singolarmente contro tali problemi. Inoltre, i risultati incoraggianti che vengono mostrati da esperienze di moneta complementare come il WIR ed il Sardex possono essere ottimizzati attraverso la loro decentralizzazione gestionali quando vengono implementati con l’architettura delle criptomonete.

Commoncoin è quindi un nuovo accordo all’interno delle comunità che esperiscono povertà, basso reddito e disoccupazione di utilizzare una criptomoneta complementare all’euro come mezzo di pagamento principalmente per lo scambio di servizi su commonfare.net: il Welfare del Comune dal basso per una economica collaborativa nell’era digitale.

Si guardi all’esperienza di Macao, un centro culturale occupato a Milano. In questo caso, attraverso un processo di auto-formazione ed autogestione è stato possibile creare una moneta interna che non solo permette di gestire la complessità degli scambi tra i membri del collettivo, ma anche di distribuire un reddito in euro ai più virtuosi, ovvero a coloro che lavorano all’interno di Macao dando vita al centro culturale e che partecipano alla vita assembleare di Macao.

Non si tratta certo qui di tentare di risolvere problemi socio-economici secolari, ma di iniziare una conversazione, o meglio la formazione di un’autocoscienza collettiva per coloro che si trovano nelle condizioni sociali più difficili al fine di fornire strumenti per un’emancipazione del pensiero economico e una nuova democratizzazione monetaria che forse oggi, con la rivoluzione digitale, è finalmente a portata di mano.


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