Nasce CREPA e non è solo un ossimoro, ma un’avventura pedagogico-politica

Scarica come pdf

Scarica l'articolo in PDF.

Per scaricare l’articolo in PDF bisogna essere iscritti alla newsletter di cheFare, completando il campo qui sotto l’iscrizione è automatica.

Inserisci i dati richiesti anche se sei già iscritto e usa un indirizzo email corretto e funzionante: ti manderemo una mail con il link per scaricare il PDF.


    Se inserisci il tuo indirizzo mail riceverai la nostra newsletter.

    image_pdfimage_print

    Non ci addentreremo in finissime analisi di contesto sociale e politico perché semplicemente non ne siamo capaci. Ciò che sappiamo (perché siamo avidi lettori di chi ci pare stia interpretando il reale in maniera puntuale e opportuna) e soprattutto vediamo è che il capitalismo nella sua costante ricerca di profitti, nel suo imperativo di consumismo e crescita spasmodica sfrutta le persone e gli ambienti, sfrutta l’esistente. Esso crea enormi danni alla vita delle persone, sviluppa povertà e precarietà in un quadro di abbondanza, concentra potere e ricchezza minando libertà, promuove una cultura di intensa concorrenza ed individualismo che erode solidarietà e comunità.

    Questo sistema-mondo regola e condiziona non solo l’ambito politico, ma invade e pervade le nostre vite sociali, influenza nel profondo il nostro modo di pensare, lavorare ed educare. Le sue pratiche di privatizzazione travalicano l’ambito economico e vanno a definire anche le scienze umane, il capitalismo in essenza individualizza, separa e distrugge quel che in maniera ostinata continuiamo a chiamare società Il costume educativo contemporaneo viene esercitato al e dal Mercato in quanto tutto il sistema formativo (anche quello pubblico!) ci vede come (s)oggetti in competizione nell’arena sociale. Questo produce una cultura dell’individualismo, del successo e del consumo fine a sé stessi. La dimensione collettiva viene sempre meno e siamo proiettati in un contesto di solitudini, di passivizzazione e indifferenza nel rapporto con gli Altri e il mondo. E su tutto ciò domina una costante condizione di alienazione, una sensazione diffusa che questo sia l’unico sistema percorribile e che soprattutto sia inimmaginabile un’alternativa coerente e praticabile

    E noi in tutto questo come stiamo? Sentiamo forte un’inquietudine, “una fatica di vivere” che si fa sempre più incessante nel “toccare con mano” le sofferenze, gli stati d’ansia e depressione che questo “modello gabbia” crea in particolare, ma non solo tra adolescenti e giovani. “Ci vorrebbe una bella botta, ci vorrebbe una rivoluzione”; vorremmo fare nostra la frase (e l’intenzione) di Monicelli per ribadire che sarebbe necessario un progetto politico di rivolgimento generale e internazionale, ma appena si pronuncia questo termine (rivoluzione) ci si espone al ridicolo, perché il rischio è l’assenza di concretezza del concetto, che non trova orizzonti, capacità (soprattutto le nostre!) e altre gambe su cui poggiare. Viviamo quindi in un continuo dimenarci e attivarci che non sviluppa efficacia e consistenza. I nostri riferimenti e piani operativi “puramente” politici (che riterremmo decisivi) li viviamo oramai da tempo come impotenti e impantanati. Stiamo in un continuo dimenarci e attivarci che non sviluppa efficacia e consistenza.

    Nonostante ciò siamo qui a tentare un’ennesima strada, parallela e non alternativa a quella più “classica” delineata precedentemente. Unire militanza politica con quella pedagogica e allo stesso tempo “mettere le mani in pasta” lavorando concretamente a livello educativo nei vari contesti e territori (con bambini/e, ragazzi/e e giovani). Una sorta di mutualismo educativo, che mischi e colleghi pratiche reali, incarnate e vissute di risposta a bisogni educativi collettivi ad una propedeutica di cambiamento e emancipazione generale.

    NASCE CREPA non è solo un ossimoro

    CREPA si configura come un collettivo di ricerca e pratiche pedagogiche. Il Senso del Collettivo è quello di “fare pedagogia politica” avendo all’interno del gruppo diverse attitudini e provenienze (educatori, operatori sociali e insegnanti sicuramente, ma anche e soprattutto artisti/e teatrali, grafici, progettiste ambientali, filosofi etc. etc.) per restare alla larga da “specialismi” e logiche da esperti di ambito.

    Crediamo sia proprio questo collegare e agire un lavoro educativo che si ri-politicizza e una politica che parte dalle contraddizioni e condizioni reali di vita il “nostro rischio”, la “nostra voce nel mondo”.

    Crepa vuole realizzarsi come un’avventura pedagogico-politica, che a partire dalle relazioni e dalla messa in comune delle nostre esistenze, sviluppi Soggetti (in primis noi stessi!) e contesti (scuole, comunità, Città, territori) desiderabili.

    Crepa Seppur in forme minimali vorrebbe e potrebbe assumere l’aspetto di un piccolo “corpo intermedio” che da un lato pungola la sfera pubblica all’interno dei territori sulle questioni esistenti nel lavoro sociale, e allo stesso tempo è promotore di ricerche, metodi, pratiche e identità rinnovate in ambito educativo allargato.

    A livello sommario crediamo siano tre i nodi principali su cui proveremo ad elaborare la nostra iniziativa:

    Il Welfare

    Il nostro orizzonte politico ed operativo è quello di allargare la cornice pubblica del lavoro sociale, una cornice pubblica diametralmente opposta a quella esistente, con maggiori fondi ed investimenti e una maggiore partecipazione dei lavoratori e delle comunità tutte nella sua elaborazione. Un welfare e un lavoro sociale in lotta contro lo sfruttamento e le pratiche aziendaliste vigenti e delle politiche che le foraggiano. Poi dichiarandoci apertamente potrà anche capitare di partecipare a bandi o richiedere fondi di fondazioni ed enti private/i, ma questo potrà avvenire solo dopo elaborate discussioni collettive, tenendo sempre presente la nostra “costituzione” e perché si tratterà di “questioni di pane”. Sarà possibile tutto ciò? Saremo credibili?

    La pedagogia

    Il processo educativo che intendiamo verificare diventa nella nostra visione il trait d’union tra i Soggetti che vorremmo incarnare e l’idea di mondo (realtà) da realizzare. Crediamo in un’educazione sociale, popolare e comunitaria. Educazione come fenomeno sociale, il cui senso sta nel rioccuparci come uomini e donne dei temi fondamentali della vita, per tentare di resistere all’attuale ordine socio-economico ed immaginarci nuove forme di Comunità. Educazione che vogliamo e vorremmo popolare, che abbia nella sua elaborazione “dal basso” la sua ragione d’essere e non solo una metodologia privilegiata. A questo punto appare evidente il carattere comunitario di una tale espressione educativa. Comunità intesa come processo e come trasformazione

    Una pedagogia sociale che genera mondi liberanti ed emancipati e non riproduce e gestisce l’esistente.

    I contesti (la comunità, la Città, il territorio)

    Affrontare ogni progetto, ogni attività, ogni iniziativa come una ricerca e come processo di soggettivazione. Questo significa non tanto instillare valori e offrire servizi, ma affrontare un processo che è sempre relazionale e sempre riferito ad un ambiente di fondo, sia una classe scolastica, una comunità, un quartiere, una città e/o un territorio. Il nodo della pedagogia delineata precedentemente allora diventa quello di riappropriarci dei temi della vita di ognuno/a di noi diventando Soggetti comunitari e non consumatori, fruitori e clienti. A livello comunitario questo significa riappropriarci del concetto di Democrazia.

    CREPA IL METODO L’APPROCCIO E LA POSTURA

    Metodo, approccio e postura, ossia come tenteremo di realizzare la nostra avventura pedagogico-politica sono aspetti estremamente intrecciati

    Collettivo di ricerca e pratica educativa politica significherà fare inchiesta con le persone e i contesti, domandarci come stiamo, come viviamo, coscientizzarci. Fare inchiesta insieme a ragazzi/e, bambini e bambine significa prenderli sul serio, interessarci a loro come già parte di una comunità, cogliere i loro sguardi, le loro voci. Vuol dire non solo rendere visibili problemi e dinamiche, ma divenire consapevoli di sé stessi e della realtà attorno, vuol dire raccontare e raccontarsi, per modificare l’esistente.

    Collettivo di ricerca e pratiche pedagogiche vuol dire creare e usare le Arti, il gioco e le forme “culturali” come voce, come strumento ed emersione delle questioni, delle tematiche e dei gruppi che si incontreranno. Crediamo fortemente che “l’arte” nelle sue forme più aperte e diverse sia molto potente per elevare il dibattito sopra il chiacchiericcio e arrivare al cuore delle storie e delle persone, per avvicinarci sempre di più dove può nascere un’azione e una pratica capace di cambiare le cose.

    Collettivo di ricerca e pratiche pedagogiche è poi sviluppare dinamiche o pratiche gruppali, collettive e assembleari nei vari contesti. E ’un rendere pubbliche, un agire e un tentare di modificare le situazioni oppressive che viviamo. Un cercare di “sortirne insieme”.

    Collettivo di ricerca e pratiche pedagogiche vuol dire “stare con le persone” e affrontare ogni progetto e contesto attraverso “relazioni calde”, riconoscerci interdipendenti. Essere pronti ad una continua discussione su di Sé e gli aspetti della vita, motivati ad una prossimità, ascolto e cura reciproca. Cercare di incarnare il cambiamento che desideriamo possibile.

    Collettivo di ricerca e pratiche pedagogiche vuol dire credere fermamente che i cambiamenti siano possibili, che si possa immaginare, plasmare e decidere il nostro presente e il futuro, autodeterminarci. Ma qui torniamo al senso di insufficienza che rimarrà se non riusciremo “ad andare oltre noi stessi”, se non riusciremo a sviluppare nuove capacità, nuovo coraggio e soprattutto se non riusciremo ad incrociare Altri e Altre che come noi vorranno ri-significare e ri-semantizzare il loro operato in maniera aperta e collegiale.

    Ed è per questo nella nostra due giorni di inaugurazione operativa abbiamo deciso di far nascere un metodo, un percorso e una piccola assemblea nazionale dal nome Diritto alla città pedagogico insieme a (per ora) Acmos Torino, Canicola edizioni Bologna, Centro Fonti San Lorenzo Recanati, Chi rom e chi no Napoli, Collettivo Crepa Alba, Collettivo Franco Bologna, Dopolis Scuola popolare Ciampino, Get Up Udine,  Scuola Popolare A testa alta San Basilio Roma, Scuola popolare Carla Verbano Puzzle Lab Roma, Scuola popolare Tor bella Monaca Roma, Scuola popolare Spin Time Roma, Teatro Caverna Bergamo.

    Ed è da questo percorso e nome assembleare e collettivo che riterremo bello raccontarvi ciò che faremo insieme già dalle giornate del 25-26 marzo.

    IG: https://instagram.com/crepa.collettivo

    FB: https://www.facebook.com/crepa.collettivo

    Note