Se ogni anno porta con sé un’ondata di parole nuove, il 2020 è stato da questo punto di vista una vera e propria invasione. Siamo rimasti appesi per ore a virgole e interpretazioni di termini fino a poco tempo prima estranei se non del tutto ignorati. La nostra quotidianità ha preso la forma di una continua analisi di dati che era prima ancora un’interpretazione di parole che avrebbero definito l’umore, il carattere e la possibilità anche di esistenza delle nostre giornate. Abbiamo dovuto pesare come mai prima le parole, dare loro la forma di uno spazio, di una possibilità, di un colore e molto spesso di una malattia, di una cura e di una tragedia. Un dolore privato e collettivo.
Abbiamo imparato a leggere per capire perché questo è stato molte volte l’unico spazio che ci era consentito. Non è stato (e non è ancora oggi piacevole) perché leggere ha significato ridefinire i confini della propria testa rispetto allo spazio esterno È una mutazione che è costata fatica, angoscia e un sottile piacere a tratti perverso. Non è stato piacevole soprattutto perché non avevamo alternative.
Le parole e la loro comprensione hanno sostituito le mani strette, gli abbracci, i baci. Così lo stare insieme agli altri, le cene, le feste. Tutto è stato compresso e quasi nulla si è potuto sciogliere, liberare. Si è riso poco in generale. Eppure queste parole ci hanno intanto tenuto insieme, ci hanno permesso di reggere l’urto e ci hanno reso – tra mille e continue difficoltà – in grado di vivere spesso una vita nuova, seppure non prevista e tanto meno richiesta.
Quali saranno le parole utili, necessarie e soprattutto desiderabili per il 2021? L’ho chiesto ad alcune autrici e autori di cheFare o che con cheFare dialogano e di cheFare sono amiche e amici (che ringrazio: sia chi ha risposto con entusiasmo, sia chi con perplessità, sia chi ha preferito declinare. Ognuno di loro pur provenendo da un’anno quantomeno complicato ha sempre appoggiato cheFare e i suoi movimenti)
Quella che segue non è una lista organizzata, ma un piccolo viaggio tra desiderio e timore, tra voglia e necessità che prova ad aprire dei varchi di possibilità nel nostro futuro immediato, aiutandoci a ritrovare anche il gusto del gioco, del divertimento puro, della risata. E se è nel 2021 che stiamo andando, proprio con 2021 di Ivan Carozzi apriamo questo viaggio.
2021
Ivan Carozzi, scrittore e autore televisivo. Il suo ultimo libro è L’età della tigre (Il Saggiatore)
La parola che scelgo è 2021, una parola, cioè, che faccia da specchio ogni istante al presente e all’oggettività di uno stato di cose. Il 2021 è il 2021. Punto. Se c’è una modesta lezione che ho imparato da un’altra parola, la parola «2020», è che ci sono fasi dell’esistenza, impreviste, in cui non si può che accettare, accettare e ancora accettare. Come Marco Aurelio, non posso che sforzarmi di prendere atto. A Roma si dice «stacce», imperativo la cui genealogia filosofica si perde nella notte dei tempi e le cui implicazioni sono cosmiche. Tutto l’universo non fa che accettare. Se il 2021 non vorrà accompagnarsi con altre parole, come per esempio «resurrezione», «desiderio», «abbraccio», «aria», «contatto», «piazza», «musica», «liberazione», «birra all’aperto», «labbra», «sorriso», «volto scoperto», allora non potrò fare altro che provare ad amare e conoscere il lavoro che il 2020 ha già iniziato con me e con il resto del mondo. Null’altro.
ACCOUNTABILITY
Philip Di Salvo, ricercatore post-doc presso l’Istituto di media e giornalismo dell’Università della Svizzera italiana (USI) di Lugano. Il suo ultimo libro è Leaks. Whistleblowing e hacking nell’età senza segreti (Luiss University Press)
Accountability è un termine difficile da tradurre in italiano e indica una condizione di contemporanea trasparenza e responsabilità nei confronti delle proprie azioni. Vale certamente per le istituzioni pubbliche, chiamate a rendere conto alla cittadinanza del loro operato, ma il termine è applicabile a qualsiasi altro ambito. Tra tutti, nel 2021, il mondo dell’informazione sarà quello a necessitare di maggiore accountability, specialmente in Italia. La pandemia, infatti, ha estremizzato molte tendenze negative: scarsa cura, sensazionalismo, megafonizzazione di idiozie, il tutto accelerato da modelli di business disfunzionali che si nutrono di clickbait. Speranza – temo vana – è che il 2021 sia l’anno del fare le cose diversamente, cominciando dal chiedere scusa: il primo passo di un giornalismo accountable.
ALTRO
Paolo Benanti, francescano del Terzo Ordine Regolare, si occupa di etica, bioetica ed etica delle tecnologie. Il suo ultimo libro è L’uomo non basta (Castelvecchi)
Altro: dal latino altĕru(m), deriv. di alĭus ‘diverso’. L’altro, come il diverso, a volte è stato il problema della nostra sopravvivenza urbana, ora il vuoto di un’assenza. Abbiamo bisogno nel 2021 dell’altro e di altro. Altro come restante, rimanente è ciò che rimane di fondamentale e importante per sperare e costruire il nostro domani. Come Totalmente Altro è la forma dell’esperienza spirituale che speriamo torni nei nostri giorni.
AMPIEZZA
Lisa Ginzburg, scrittrice, traduttrice e filosofa italiana. Il suo ultimo libro è Cara pace (Ponte Alle Grazie)
Padroni di una gestione dello spazio/mondo che era fatta di scariche di adrenalina. E poi, invece. La vastità s’è ridotta a picco, lei pure confinata. Tempo stravolto, denso, stretto tra pareti. L’ampiezza ci cura, ne avremo bisogno come dell’aria che la esprime. Visione più vasta dei fatti, viatico verso l’oltre questa stretta di dolore e malattia, e chiusura e costrizione. Ampiezza di pensieri, parole, scelte, gesti, legami. Per rielaborare, e nell’ossigeno di una vastità di veduta trovare una nuova andatura.
APPARIZIONE
Andrea Gentile, scrittore e direttore editoriale de Il Saggiatore. Il suo ultimo libro è Apparizioni (nottetempo)
Ogni anno, nella storia umana, è come un’apparizione. È ovvio che arriverà, o quasi: ma lo farà con il carico di mistero che è proprio delle apparizioni. Spero allora che il 2021 sia l’anno dell’apparizione di noi tutti. Parère: venire alla luce. Che sia l’anno in cui di nuovo verremo alla luce, come specie umana, come pianeta. Venire alla luce non significa solo uscire, andare al cinema o a teatro. Significa vivere ogni momento non come fosse l’ultimo, come si dice, ma come fosse il primo: rinascere continuamente.
BAMBINI
Giovanna Zoboli, scrittrice ed editrice, insieme a Paolo Canton, ha creato il marchio editoriale Topipittori
Lorenzo, tre anni e mezzo, per Natale ha chiesto due Presepi: uno, quello sacro; l’altro, per giocarci. Uno fisso, l’altro mobile. Uno tradizionale, l’altro aperto a nuove figure. Di entrambi ha scritto Guido Gozzano, capace, anche lui, di vederli:
La pecorina di gesso
sulla collina in cartone,
chiede umilmente permesso
ai Magi in adorazione.
Splende come acquamarina
il lago, freddo e un po’ tetro,
chiuso fra la borraccina,
verde illusione di vetro.
Lungi nel tempo e vicino
nel sogno (pianto e mistero)
c’è, accanto a Gesù Bambino,
un bue giallo, un ciuco nero.
BIBLIOTECHE
Antonio Sgobba, filosofo e giornalista, lavora in Rai a Torino ed è redattore della rubrica culturale di Rai 3 Petrarca. Il suo ultimo libro è La società della fiducia (Il Saggiatore)
Per gran parte dell’anno sono state chiuse o accessibili solo attraverso procedure contorte. Nel 2021 spero che la parola “biblioteche” sia più presente nel dibattito pubblico e che a un certo punto si possa, tra le altre cose, anche tornare liberamente a frequentare questi luoghi. Non si può studiare, fare ricerca, leggere libri a caso solo online. Abbiamo bisogno di spazi pubblici di condivisione del sapere, dove i libri si possono toccare e si possono incontrare altre persone con altri interessi. Vorremmo tutti tornare nelle piazze, sarebbe bello se il 2021 ci riportasse anche le piazze del sapere. Perché vale lo stesso principio che vale per la scuola pubblica: se ci sono meno biblioteche pubbliche ci saranno più diseguaglianze.
BIOTOPO
Eloisa D’Orsi, fotoreporter, collabora tra gli altri con New York Magazine, The Guardian, El Pais, La Repubblica, Internazionale
Biotopo(dal greco βíος, “vita” e τόπος, “luogo”)letteralmente significa ambiente di vita. In ecologia si applica a uno spazio limitato, in cui vive una biocenosi – una comunità di popolazioni biologiche che coesistono. A coniare il termine fu Ernst Haeckel, inventore anche di ecologia, concetto che assegna importanza fondamentale all’habitat, prerequisito per l’esistenza di ogni organismo. Il biotopo altro non è che un luogo che garantisce le caratteristiche ambientali di cui un gruppo di esseri viventi ha bisogno. Tutti dovremmo interrogarci sul nostro biotopo e come possiamo interagire con quello degli altri viventi senza recar loro danno.
BOH
Carlo Pizzati, scrittore e giornalista per La Stampa e Repubblica. Il suo ultimo libro è La tigre e il drone (Marsilio)
Ho chiesto a mio figlio quale sarà la parola necessaria per il 2021. Ha risposto: boh. Sbuffo adolescenziale. Ma ha ragione. Azzerare le aspettative e ammansire la speranza. Non buttarsi nella futurologia, immaginando le tassonomie dei prossimi 12 mesi, ma esser predisposti alle delusioni deprimenti come alle sorprese di un Nuovo Rinascimento. In questo apparentemente qualunquista mantra del boh, con un sorriso, si può nascondere l’apertura a tutto ciò che ci attende.
CASA
Sarah Gainsforth, ricercatrice indipendente e giornalista freelance. Collabora con L’Espresso e il manifesto. Il suo ultimo libro è Oltre il turismo. Esiste un turismo sostenibile? (Eris)
Se il virus non fa distinzioni avere un riparo può fare la differenza. La pandemia ha messo in evidenza la centralità della casa come spazio di vita, come rifugio, come protezione. Ma oltre quella fisica, la casa ha tante dimensioni che intercettano interessi, contraddizioni, abitudini, sogni e valori, e stridenti disuguaglianze. Sarebbe bello ripartire dalla casa, come spazio dell’abitare, per costruire un futuro migliore e più equo.
COINVOLGIMENTO
Laura Amigo, collaboratrice scientifica presso l’Académie du journalisme et des médias dell’Università di Neuchâtel, e docente in Comunicazione all’Università di Lille 3
Immaginate di voler rimanere informati sulle decisioni che riguardano ospedali o scuole nel vostro territorio senza contare sui media locali. La difficoltà di farlo evidenzia fino a che punto l’attuale crisi del giornalismo mini il funzionamento democratico della società. La sfiducia nei confronti dei giornalisti trasforma il rapporto dei cittadini con lo spazio pubblico in terra arida. Ma ci sono semi di cambiamento nelle nostre mani: il coinvolgimento reciproco a costruire un giornalismo orizzontale, basato su dialogo e partecipazione, ripensando il ruolo dei media sul territorio.
CONFLITTO
Fabrizio Barca, statistico ed economista, è oggi coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità. Il suo ultimo libro è (con Enrico Giovannini) Quel mondo diverso (Laterza)
L’essenza della democrazia: un confronto acceso fra interessi e visioni diverse. Se informato, aperto e ragionevole consente di trovare “intersezioni”, identificare comuni avversari e condurre a scelte che accrescano la giustizia sociale. Per invertire rotta rispetto alle disuguaglianze dell’ultimo quarantennio, abbiamo bisogno che rabbia e risentimento dei più vulnerabili si tramutino in conflitto.
CONVIVIALITÀ
Carlo Mazza Galanti, giornalista, scrittore e critico letterario. Il suo ultimo libro è Cosa pensavi di fare? (Il Saggiatore)
In un tempo di segregazione sanitaria e progressivo affidamento della nostra vita a strumenti-gabbie come quelli messi a disposizione dalle grandi piattaforme del web, la mia parola-viatico per il 2021 è “convivialità”, nel senso dato al termine da Ivan Illich nel suo omonimo libro del 1973. Tornare a incontrarci fisicamente e immaginare strumenti capaci di “lasciarci il più ampio spazio e il maggior potere di modificare il mondo secondo le nostre intenzioni” sono infatti aspetti dello stesso problema. Eravamo già profondamente inoltrati sulla strada dell’atomizzazione virtuale, la profilassi sociale anti-Covid sta accelerando questo processo e non è da escludere che l’umanità prenderà sempre più gusto a vivere non solo una vita senza corpo, ma anche reclusa dentro ambienti virtuali in cui “dipendenza, sfruttamento e impotenza” sembrano essere gli strumenti migliori ideati da altri per piegarci ai loro interessi (facendoci credere il contrario).
DECOLONIZZARE
Veronica Pecile, dottorata all’EHESS in diritto e scienze sociali, nelle sue ricerche si occupa di filosofia politica, storia del capitalismo, teoria critica
La memoria è una forma di architettura, diceva Louise Bourgeois: la costruiamo impilando ricordi come fossero mattoni. Nel 2020 abbiamo assistito alla distruzione di molti monumenti celebrativi dell’epoca coloniale. In Italia in tanti hanno disapprovato queste azioni, eppure il colonialismo italiano – sistematicamente trascurato dai programmi scolastici e dalla memoria collettiva – è una radice importante del razzismo di oggi. Il non detto del retaggio coloniale pregiudica la decenza di diversi dibattiti pubblici, dall’accoglienza dei rifugiati allo ius soli. Nel 2020 abbiamo iniziato ad affrontare il rimosso coloniale e nel 2021 continueremo: l’architettura della nostra memoria ha bisogno di nuovi mattoni.
EDUCAZIONE
Alessandra Pioselli, critica e curatrice d’arte contemporanea. Dal 2010 è direttrice dell’Accademia di belle arti Giacomo Carrara di Bergamo. Per cheFare cura il progetto Comunità Contemporanee
Lo ha detto Hans Kluge, direttore OMS per l’Europa: la pandemia ha causato la più grande interruzione dei sistemi educativi nella storia. Coinvolge circa 1,6 miliardi di studenti al mondo. La previsione è che circa 24 milioni di bambini non torneranno a scuola nei paesi più fragili, facendo aumentare povertà, ineguaglianze, sfruttamento minorile. Bisogna pure ricordare che già prima del Covid19 circa 250 milioni di bambini non accedevano all’istruzione. Dati OMS, Unicef, Save the Children. Auspicio e speranza, la mia parola per il futuro è educazione. La scuola abbia la centralità che deve avere, a partire dall’Italia.
EMPATIA
Ilde Forgione, lavora presso le Gallerie degli Uffizi, Dipartimento Valorizzazione e Strategie Economiche e si occupa della strategia TikTok delle Gallerie degli Uffizi
La mia parola per il 2021 è empatia. I cambiamenti sociali influenzano i rapporti interpersonali, dai quali nascono i valori essenziali di una civiltà. Così è stato anche per la crisi da Covid. Il virus ci ha costretti a disimparare un certo modo di vivere, a selezionare le relazioni essenziali. Da questa parte distruttiva può arrivare lo stimolo a ripensare la società come un insieme, fondata su una maggiore attenzione e cura verso gli altri, dove si migliora solo con un impegno comune.
FIDUCIA
Gloria Origgi, Direttrice di ricerca al CNRS, Institut Jean Nicod di Parigi e docente all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi. Il suo ultimo libro è La reputazione. Chi dice che cosa di chi (Università Bocconi Editore)
Ci sarà bisogno di molta fiducia nel 2021 per credere ai vaccini, credere negli esperti, per ricominciare a uscire di casa senza sentirsi vulnerabili agli altri, per credere in una ripresa economica o aver fiducia in un mondo che cambia le regole dell’economia, diventa più ecologico, più umano, più lento. Ci sarà bisogno di fiducia nella politica, nella scienza e nella nuova alleanza tra scienza e politica che ci fa vivere sotto l’autorità degli esperti, di cui non capiamo il linguaggio e di cui possiamo solo fidarci. In un mondo in cui la democrazia diventa un’ “epistocrazia”, la fiducia dev’essere ragionata, dev’essere una nuova risorsa cognitiva e morale per capire e non solo per accettare.
FANTASCIENZA
Raffaele Mauro, Managing Director di Endeavor Italia. Il suo ultimo libro è Quantum computing (Egea)
Il 2020 è stato un campo gravitazionale che ci ha fatto affondare nel presente immediato. Tutto ha cospirato in questa direzione: pandemia, crisi economica, social media. Per il 2021 serviranno speranza, pensiero e azione orientati al lungo termine. Coltivare immaginazione costruttiva. Visioni diverse e orientate. La fantascienza, che per definizione pone le idee al centro, è una delle porte da aprire. Asimov direbbe, “se la fantascienza è evasione, è fuga non dalla realtà ma nella realtà.”
FARE
Nicola Lagioia, scrittore, direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino. Il suo ultimo libro è La città dei vivi (Einaudi)
Fare, perché dedicarsi alle buone pratiche è più importante di giudicare tutto ciò che non va.
FORESTA
Gemma Trevisani, Responsabile narrativa italiana Rizzoli
Non ci servono concetti astratti, freddi, digitali. Dopo un anno così vogliamo parole fatte di odori, rumori, spazi. Foresta come antidoto alla nostra vita ristretta. Le pareti di casa d’un tratto soffocanti. Vogliamo una vastità piena, verde. Vita bagnata, sterminata, che dà linfa al pianeta, all’insieme di noi terrestri, che ci insegna a respirare di nuovo. Un futuro di ossigeno, calma e rispetto. Foresta di persone da tenere vicine; ci sono mancate. Strette, allacciate. Corpi come alberi. Radici comuni. Sottili, intricate, indistruttibili.
GENEROSITÀ
Giulio Iacchetti, designer, curatore di mostre su diversi temi di progetto, ha vinto due Compasso d’Oro. Nel 2009 la Triennale di Milano gli dedica la mostra Giulio Iacchetti. Oggetti disobbedienti.
Ovvero immettere nel sistema, in modo apparentemente disinteressato, energia, idee, tempo, passione. Dico apparentemente perchè un tornaconto c’è: ovvero la soddisfazione di fare cose che fondatamente ci piacciono (come scrivere un breve testo per un amico NdA) senza dover passare immediatamente all’incasso. Perché prima o poi ci capiterà di ritirare i frutti del nostro gesto generoso: ovvero nel momento in cui altri generosamente faranno qualcosa per noi in modo totalmente gratuito. D’altra parte anche gli apostoli non abbandonarono generosamente tutto quanto possedevano per seguire Gesù senza la promessa di un tornaconto? Si parlava di cento volte quanto posseduto sulla terra, basta avere pazienza e tutto (il bene) torna.
GERMOGLIO
Stefano Francia Di Celle, storico del cinema, è l’attuale direttore del Torino Film Festival
Una parola concreta, legata alla natura e a un determinato luogo fisico unico e specifico, agli antipodi dell’ubiquità immateriale dell’esperienza digitale. Pensare ai cicli eterni della vita vegetale può essere d’aiuto per individuare le nuove idee germinali in tutti gli ambiti e proteggerle in un momento delicato di caos e di rinascita. In ambito cinematografico sono in grande crisi i settori che portano le opere verso gli spettatori e sarà fondamentale cogliere le nuove opportunità emerse anche durante la pandemia per schemi nuovi di crescita e di sviluppo.
GHIRLANDA
Emilia Giorgi, critica e curatrice di arti visive e architettura contemporanee. Il suo ultimo libro è Giorni come stanze. Riappropriarsi della città (Libria)
Pochi giorni fa, il mio amico Lorenzo, con cui condivido un percorso di attivismo a Roma, ha detto: “Siamo un’eterna ghirlanda brillante”. Citando il celebre saggio di Hofstadter. Ghirlanda non può che essere la mia parola del 2021. Un sistema vivo e luminoso di persone, connessioni interdisciplinari, impegno collettivo, politico e civile, di immaginazione e costruzione del possibile. Disegniamo la nostra ghirlanda – fisica e immateriale – di spazi aperti, capaci di accogliere culture libere e diversificate.
IMPERDUTO
Eleonora Marangoni, scrittrice, lavora come copywriter nel campo del design e della comunicazione. Il suo ultimo libro è E siccome lei (Feltrinelli)
La mia parola per l’immediato futuro arriva dal passato. Nel 1999 la grecista e poetessa Anne Carson pubblicò Economy of the unlost. Il saggio, appena uscito in Italia per Utopia, non parla di futuro ma di linguaggio poetico. Come tutto quello che AC scrive, è un’opera difficile da classificare. L’imperduto del titolo però è un concetto immediato e universale: è tutto quello che rimane quando ci si lascia un’era alle spalle e si va avanti provando a sfidare la caducità: del tempo, dei legami, perfino del linguaggio.
KAIRÒS
Ilaria Gaspari, filosofa e scrittrice. Il suo ultimo libro è Lezioni di felicità (Einaudi)
La mia parola per il 2021 è una parola greca, kairòs, che si può declinare in ogni campo del sapere e dell’esperienza: in teologia indica il momento della rivelazione, nella medicina antica quello della crisi del paziente (in cui è bene che il medico intervenga); in retorica, l’istante in cui l’oratore ha in pugno l’emozione del pubblico e può dire quello che davvero vuol dire. Spesso viene tradotta con ‘occasione’, ma è qualcosa di più: è il tempo opportuno, un presente che si apre e si dilata nel nostro agire.
LAVORO
Giorgio Zanchini, giornalista, scrittore e conduttore radiofonico e televisivo. Il suo ultimo libro (con Giovanni Solimine) è La cultura orizzontale (Laterza)
Il lavoro vive sospeso. C’è chi ha continuato come prima, chi è in smart working da mesi, chi ha chiuso l’attività, chi non ha più commesse, chi non viene retribuito, o poco, chi – tanti – è in cassa integrazione, chi – tanti – sopravvive grazie a sussidi e bonus. E dopo? Quando cadrà il divieto di licenziamento? E finirà la cassa integrazione? Quando dovremo ridurre i sussidi, e i bonus, e gli aiuti alle imprese? Quam minimum credula postero? No, abbiamo armi e ragione.
MILANO
Anna Momigliano, giornalista pubblica per The New York Times, Washington Post e Rivista Studio
Quando tutto si è fermato, stavo scrivendo di viaggi, e una delle prime cose che ho pensato è stata: Venezia resterà sempre Venezia, Firenze avrà sempre gli Uffizi e Roma il Colosseo, ma Milano? Per Milano la capacità di attirare visitatori internazionali è una conquista recente, una cosa diversa. C’era l’effetto Expo 2015, con la sua onda lunga: era come un abbrivio, che ora si è spezzato. C’erano le settimane della moda, la design week, e io non so dire se o quando su questo si tornerà ai livelli pre-pandemia. Ho l’impressione che tornare al prima sarà più difficile qui che altrove, che più che altre città italiane Milano dovrà ripensarsi
OBIETTIVI
Emiliano Ponzi, illustratore, collabora tra gli altri con The New York Times, Le Monde, The New Yorker, Louis Vuitton, Moma NY, Cartier, Der Spiegel, Penguin Books
Quando tutto attorno crolla è indispensabile restare in piedi. Credo sia molto importante continuare a perseguire i propri obiettivi, con una diversa consapevolezza, magari, ma sempre con un piglio aspirazione, che guarda all’anno nuovo come fonte di possibilità.
ORMONELLA
Giulia Blasi, giornalista e scrittrice. Il suo ultimo libro è Rivoluzione Z. Diventare adulti migliori con il femminismo (Rizzoli)
Nel 2020 abbiamo imparato che non esistono previsioni facili, ma una la voglio azzardare: l’estate del 2021 sarà ricordata come l’estate dell’ormonella. Dopo un anno abbondante passato senza poter toccare gli estranei, salutandoci con i pugnetti, anzi, i pugnetti no, facciamo i gomiti, anzi, mano sul cuore come Von Der Leyen, ecco, io dico che la convergenza di vaccini, caldo, astinenza e feromoni in libertà ci farà regredire all’adolescenza. Fioriranno le cotte, le scuffie, le scoppole improvvise. Nella foga del recupero tattile abbracceremo ogni essere umano a tiro, i cinquanta-sessantenni limoneranno alle feste come comparse de Il tempo delle mele, balleremo sotto le stelle e forse torneranno di moda i lenti.
PANE
Davide Longoni, panificatore e studioso di grano, cereali, farine e lievitazioni, è tra gli ispiratori del Manifesto dei Panificatori Agricoli Urbani. Pubblica la rivista L’integrale
Nel 2021 il pane sarà ancora più un elemento di coesione e di condivisione. Come indicato anche nel sesto punto del Manifesto dei Panificatori Agricoli Urbani il pane è un soggetto dinamico capace sia di mettere in discussione quanto fatto sia di essere da ponte tra lo spazio agricolo e quello cittadino. Un vero elemento di relazione in un momento in cui molti paradigmi cambiano e in cui è necessario nutrirsi con gentilezza, offrire chiarezza (I laboratori dei panificatori hanno pareti trasparenti) e aprire alla diversità (Siamo espressione della biodiversità).
PARTECIPAZIONE
Anastasia Plazzotta, produttrice e distributrice cinematografica. Ha fondato e dirige Wanted Cinema
Quando riapriremo le porte delle nostre case con le pareti strette e fatte di specchi, fuori ci saranno esseri umani ammaccati, turbati ma più consapevoli. Abbiamo capito di essere fragili e non bastare a noi stessi. Per ricostruire il nuovo mondo ci sarà bisogno di partecipazione.Ci rimboccheremo le maniche, finalmente di nuovo insieme e, come un corpo unico, prendendoci per mano, parteciperemo. Compatti andremo la dove ci sarà bisogno di noi. Anche il cinema ci aspetta perché senza partecipazione morirà
PRESENZA
Valeria Verdolini, ricercatrice all’Università degli Studi di Milano, sociologa del diritto, è presidente di Antigone Lombardia
Con presenza si intende come la capacità di conservare nella coscienza le memorie e le esperienze necessarie per rispondere in modo adeguato ad una determinata situazione storica, partecipandovi attivamente attraverso l’iniziativa personale e superandola attraverso l’azione. Il concetto proposto da Ernesto de Martino: se la crisi della presenza invoca il rito magico per ristabilire un senso, è il ritorno della presenza, tra memoria e futuro, che ci potrebbe permettere di essere nel mondo.
PROGETTO
Giacomo Bottos, direttore di Pandora Rivista
Nel 2020 abbiamo vissuto la pandemia che ci ha investito, pensando i suoi impatti e immaginando i possibili scenari per il dopo. Nel 2021 si tratterà di costruire e progettare concretamente questi scenari. Abbandonata definitivamente l’idea di un mondo regolato da automatismi, a fare la differenza sarà proprio la capacità di progettare, di calare l’idea di un nuovo paradigma in pratiche concrete e nuovi metodi di collaborazione, mettendo al centro la cultura come spazio strategico per immaginare un futuro alternativo.
PROSPETTIVA
Paolo Barcella, professore di Storia Contemporanea all’Università di Bergamo. Il suo ultimo libro è (con Valerio Furneri) Una vita migrante. Leonardo Zanier, sindacalista e poeta (Carocci)
Negli ultimi giorni del 2020, il vaccino ha mediaticamente preso la forma di un sipario che cala sul virus e sull’anno terribile che ha generato, quasi chiudesse davvero il capitolo. Non diventiamo miopi: occorre interrogare il tessuto socioeconomico che ha reso il virus così devastante e liberare la nostra capacità d’analisi dall’angoscia dell’immediato presente. Le conseguenze delle grandi crisi vanno ben oltre il breve periodo, scavano in direzioni molteplici. Lo sguardo basso, nel labirinto della storia, consegna ai vicoli ciechi. Alziamo gli occhi e mettiamo le cose in prospettiva.
PROSSIMITÀ
Ezio Manzini, studioso di design per la sostenibilità, ha fondato il network DESIS. È Honorary Professor al Politecnico di Milano, Chair Professor alla University of the Arts London. Tra gli altri ha pubblicato Politiche del quotidiano (Edizioni di Comunità / cheFare)
La prossimità è ciò che caratterizza un sistema di interazioni tra persone e cose fisicamente vicine. Essa può essere più o meno ricca di opportunità ed ha sempre due dimensioni: quella funzionale e quella relazionale. Per molto tempo, in nome dell’efficienza e della comodità, il tema all’ordine del giorno è stato: come far funzionare le cose anche essendo distanti. Ora abbiamo molte buone ragioni per porci il problema opposto: come farle funzionare essendo vicini. Cioè, appunto, in prossimità. Infatti, le crisi ambientali, sociali, economiche sono certamente il risultato di catene di interazioni planetarie. Ma esse si incontrano e intrecciano proponendosi alla nostra esperienza in prossimità. Oggi sappiamo che il modo migliore, o forse l’unico, per affrontare queste crisi è di partire da qui. Da ciò che ci sta vicino. Cioè, in pratica, dalla (ri)generazione di prossimità abitabili.
PSICHEDELIA
Edoardo Camurri è uno scrittore, giornalista, conduttore televisivo e conduttore radiofonico italiano. Nel 2020 ha condotto su Rai3 #maestri
All’interno della struttura digitale nella quale siamo gettati, l’antidoto è la psichedelia. Scommettere insomma sul ragionevole sregolamento di tutti i sensi, nell’irriconoscibilità e nella imprevedibilità dei pensieri e delle visioni e delle connessioni neuronali. Farsi possedere da piante, da funghi, diventare i veicoli di saggezza aliena, evocare Dioniso e, come il dio, smembrare l’odioso io su cui la Macchina algoritmica opera il suo voodoo digitale.
RELIGIONE
Francesco Mores, insegna Storia della chiesa all’Università degli Studi di Milano, ricercatore presso la Ludwig Maximilians Universität di Monaco. Il suo ultimo libro (con Francesco Torchiani) Fortune di Marc Bloch (Edizioni della Normale)
«Non c’è più religione!», tuonavano vecchie zie e preti nella commedia all’italiana degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Il 2020, dalla fine del mese di febbraio, si è incaricato di smentire e nello stesso tempo confermare questo luogo comune. A Roma, il 15 marzo, il papa percorre a piedi, da solo, via del Corso, per raggiungere la chiesa di San Marcello e pregare davanti al crocefisso che fu portato in processione nel 1522 per far cessare la peste che colpiva la città. A Seul, il 7 settembre, il pastore Jun Kwang-hoon viene nuovamente arrestato per aver organizzato, in violazione alle norme anti-assembramenti, riunioni che hanno contagiato, in agosto, almeno trecento persone. Il 2020 ci ha dunque insegnato alcune cose sul significato di religione: in assenza di legami fisici (una delle possibili etimologie è re-ligare), la religione continua a oscillare tra l’individuo e le masse, tra la visibilità e il nascondimento.
RESISTENZA ALGORITMICA
Tiziano Bonini, professore di Media Studies all’Università di Siena. Ha curato con Guido Smorto, Shareable! L’economia della condivisione (Edizioni di Comunità / cheFare)
La mia personale parola per il 2021 è “resistenza algoritmica”, nel senso che è il mio tema di ricerca del prossimo anno (insieme a Emiliano Treré). Resistenza algoritmica nel doppio senso di resistenza agli algoritmi e resistenza attraverso gli algoritmi. Negli anni recenti, grazie anche a libri come Il capitalismo della Sorveglianza di Zuboff, abbiamo cominciato a comprendere le caratteristiche del potere dei nuovi intermediari digitali. Ci manca però un pezzo di questa mappa, ovvero il potere che hanno le persone nell’opporsi a questo potere. Queste forme di resistenza, di vario genere, sono la chiave per immaginare un futuro non nichilista, non rassegnato, al di fuori del realismo capitalista.
SOGNO LUCIDO
Laura Pugno, scrittrice, poetessa, traduttrice. Ha diretto l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid, il suo ultimo libro è Noi (Amos Edizioni)
Sogno lucido è: qualcosa che sembra impossibile, finché non ne sviluppiamo la capacità. L’addestramento a essere con la coscienza e la percezione dove ci crediamo in balia dell’oscuro. L’incubo che per definizione non è lucido, che per etimologia ci grava addosso, ci costringe alla resa o alla fuga infinita. Alla ripetizione. Sogno lucido è figura dello stare – voltarsi verso il mostro, dire sono qui, con tutte le mie facoltà coscienti e non coscienti. Dello stare nel cambiamento che comincia sempre nel corpo.
SOLIDARIETÀ
Federica Resta, avvocato e dirigente del Garante per la protezione dei dati personali. Il suo ultimo libro è 11 settembre: attentato alle libertà? (Edizioni dell’Asino)
Credo che una delle parole centrali per il 2021 sia solidarietà. La pandemia ci ha dimostrato, con la forza e l’evidenza delle grandi tragedie della storia, come “nessuno si salvi da solo” e, anzi, come soltanto perseguendo il benessere di tutti possa esservi benessere individuale. L’anno trascorso ci ha insegnato a comprendere il vero significato della solidarietà intersoggettiva, di cui le scelte vaccinali in favore dell’immunità di gregge sono significative, ma anche l’urgenza della solidarietà intergenerazionale. Abbiamo accettato, mettendo a tacere egoismi miopi, sacrifici importanti soprattutto per proteggere le vittime elettive del virus: gli anziani in primo luogo, consapevoli che per fondare una nuova civiltà, dev’essere Enea a portare sulle spalle Anchise.
SPAZIO PUBBLICO
Oliviero Ponte di Pino, saggista e manager culturale, è docente all’Accademia di Brera, ha fondato Ateatro e cura il programma di Bookcity. Il suo ultimo libro è Teatro e cinema: un amore (non) sempre corrisposto (Franco Angeli)
In Italia l’ultimo movimento politico significativo sono state le “Sardine”, nient’altro che corpi in una piazza. Da quasi un anno siamo confinati nello spazio domestico, nella solitudine o nella claustrofobia familiare, a consumare schermi. Come riprenderemo possesso dello spazio pubblico? Nelle piazze come luogo del confronto democratico, nei teatri, cinema, festival, ci troviamo accanto a sconosciuti e sconosciute: in queste comunità temporanee, l’incontro con l’altro è un rischio necessario. Dobbiamo re-imparare a curare lo spazio pubblico nelle sue diverse forme.
TATTO
Giorgia Tolfo, lavora per British Library e Alan Turing Institute a Living with Machines, ha co-fondato e co-dirige il Festival di Letteratura Italiana di Londra (FILL)
Durante il secondo lockdown (a Londra) ho visto Le Rayon Vert di Rohmer. Delphine è inquieta, non è in sintonia col mondo che la circonda, si sente disfunzionale. Eppure ha un gran desiderio d’amore e si affanna a cercare il senso profondo delle cose. Ad un certo punto incontra una ragazza svedese che le dice: “Quando incontri una persona nuova devi stare attenta a non mostrare i tuoi sentimenti”. “E che cosa mostri allora?” chiede Delphine. Mi auguro che il 2021 sia l’anno del tatto, l’anno in cui impareremo ad essere delicati con chi ci circonda, a leggere nel loro cuore e ad ascoltarci. Spero sia l’anno in cui torneremo a toccarci, per desiderio e per amicizia. L’anno in cui vedremo il raggio verde.
TEMPO
Gaia Furrer, direttrice artistica Giornate Degli Autori
Paolo Lucarelli in Lettere Musulmane scrive: il tempo vero non passa, arriva. Contro il tempo che passa, per un tempo che arrivi.
TENACIA
Cristina Battocletti, giornalista e scrittrice fa parte della redazione della Domenica del Il Sole 24 Ore. Il suo ultimo libro è Bobi Bazlen. L’ombra di Trieste (La Nave di Teseo)
È la forza che ci investe nei momenti di difficoltà, dotandoci di muscoli aggiuntivi. Il dolore e l’ansia rimangono, ma la tenacia ci fa superare gli ostacoli rimandando i conti alla fine della crisi. Campione di tenacia è lo scrittore sloveno Boris Pahor, che ha affrontato cinque campi di concentramento e ha raggiunto il successo letterario a 95 anni. Lo scorso 27 agosto ha spento 107 candeline.
TRASPARENZA
Francesca Musiani, ricercatrice titolare presso il Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) francese, co-fondatrice e vice-direttrice del Centre Internet et Société
La trasparenza nel mondo digitale è un fattore importante per l’autodeterminazione dell’individuo, ma la complessità intrinseca dei sistemi algoritmici le pone una grande sfida. Si tratta di una questione non solo accademica e di governance, ma di costruzione dello spazio pubblico: rendere più trasparente il codice informatico rende necessaria al tempo stesso un’esplicitazione delle ipotesi e dei valori sottostanti e può ridurne i potenziali effetti perniciosi – in particolare discriminazione e manipolazione. Spero che 2021 veda nuove iniziative in questo senso.
VOLTO
Eva Ferri, publisher, Europa Editions UK, Edizioni e/o
“Noi chiamiamo Volto il modo con cui si presenta l’Altro a me”, diceva Levinàs. Il volto è un primo incontro. La frustrazione di quello dimezzato degli altri, provare a intuire cosa ci sia sotto la mascherina. Osservare molto anche il proprio, biancastro, su zoom, senza mai guardarci negli occhi. Per il 2021, un augurio: il volto dell’Altro e il desiderio come mappa della nostra responsabilità.
ZIBALDONE
Simone Arcagni, professore all’Università di Palermo, giornalista, editorialista, consulente e conferenziere. Il suo ultimo libro è Immersi nel futuro (Palermo University Press)
Per me sarà necessario munirsi di un diario (e di un ricettario) in cui annotare, prendere appunti, caricare osservazioni, citare, commentare. Non ci sono linee guida, bensì processi da identificare, da seguire. Non è il momento dell’ordine programmatico, ma di un cambio di paradigma. Il fare dovrà essere accompagnato dagli appunti che provino, quantomeno a identificare gli snodi di una complessità ineludibile.