Perché i nuovi centri culturali sono un’infrastruttura nevralgica per l’Italia

Il testo che state per leggere è una parte del risultato del percorso della prima tappa de laGuida, il Festival Itinerante dei nuovi centri culturali di cheFare.  Si tratta di 11 proposte per politiche locali e nazionali per i nuovi centri culturali che porteremo sui principali tavoli di revisione politica. Puoi leggere l’approfondimento completo qui, e puoi consultare in fondo a questo articolo un indice tematico.

I nuovi centri culturali sono un’infrastruttura culturale e sociale nevralgica per l’Italia. Solitamente considerati residuali rispetto ai luoghi della cultura tradizionali, sono al contrario spazi culturali di prossimità il cui ruolo fondamentale è ancora più evidente nella crisi pandemica del 2020. Abbiamo approfondito altrove le caratteristiche che li distinguono, le forme di cultura che li attraversano e le strutture di criticità e di opportunità dai quali sono attraversate. Nella risposta puntuale alla crisi portata dal Coronavirus, in molte parti d’Italia i nuovi centri culturali hanno costituito la centrale operativa per forme di solidarietà di base che si sono organizzate per portare una risposta ai gruppi sociali più colpiti.

Non solo solidarietà materiale – costituendo punti logistici per la raccolta e la distribuzione – ma anche supporto e sviluppo di progetti di cultura di prossimità. Ed è proprio alla cultura di prossimità che dobbiamo guardare in questi mesi: il dispiegamento sui territori – nei centri come nelle periferie, nelle metropoli come nelle aree interne – di pratiche culturali accessibili, distribuite, capillari che sono e saranno indispensabili perché le disuguaglianze accentuate dal coronavirus non creino ferite che non si possono rimarginare.

In molte parti d’Italia i nuovi centri culturali hanno costituito la centrale operativa per forme di solidarietà di base che si sono organizzate per portare una risposta ai gruppi sociali più colpiti.

Negli ultimi dieci anni i nuovi centri culturali sono proliferati, e oggi sono nell’ordine delle migliaia. Moltissimi di questi spazi rischiano di non riaprire dopo la crisi del Coronavirus, disperdendo non solo le decine di milioni di euro di investimenti fatti finora dal pubblico e dai privati ma – cosa ancor più grave – anche i capitali sociali e culturali accumulati con fatica nel corso del tempo.

Così come sono migliaia i lavoratori (spesso precari, autonomi, saltuari) che anche a partire dalle attività dei nuovi centri culturali costruiscono il proprio reddito. Un reddito che oggi è messo repentaglio, e che molti non percepiscono da molti mesi. I pubblici, le organizzazioni, le comunità che ogni anno li attraversano sono costituiti da centinaia di migliaia di persone che oggi più che mi hanno bisogno di spazi – fisici e virtuali – per vivere la cultura come un’esperienza quotidiana.

Questo testo  è una parte del risultato del percorso della prima tappa de laGuida, il Festival Itinerante dei nuovi centri culturali di cheFare. Si tratta di 11 proposte per politiche locali e nazionali per i nuovi centri culturali che porteremo sui principali tavoli di revisione politica. Puoi leggere l’approfondimento completo qui, e puoi consultare qui sotto il suo indice tematico.

 

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