Questa casa (non) è un albergo. La gestione speculativa del patrimonio residenziale in Italia

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    La promozione del turismo come pilastro delle agende di sviluppo territoriale è stata affiancata negli anni duemila dall’affermarsi del mercato delle locazioni turistiche mediato dalle piattaforme digitali (Airbnb, Booking, Expedia, ecc.). Per tutto il decennio che ha preceduto la pandemia, il patrimonio residenziale è stato gradualmente convertito in locazioni turistiche, registrando incrementi importanti dal 2016 al 2020 in tutte le principali città italiane, in particolare a Napoli (+551%) e a e a Bologna (+500%). L’offerta ha riguardato, e riguarda tuttora, principalmente intere proprietà: secondo le stime di InsideAirbnb, nell’ottobre 2022, la percentuale di annunci di interi appartamenti rappresenta, in tutte le città analizzate, circa il 70% del totale degli annunci, con Milano che guida la classifica con il 78,6%.

    Questo fenomeno sta di fatto peggiorando una condizione di emergenza abitativa in cui persistono numerose barriere nell’accesso alla casa. I dati raccolti a settembre da Immobiliare.it fotografano un incremento preoccupante dei canoni abitativi. Pagare di più per affittare un appartamento o una stanza incide sui bilanci delle famiglie che, oggi più che mai, si trovano a dover fare i conti con un aumento generalizzato del costo della vita e una stagnazione dei redditi da lavoro. Gli appelli a una maggiore regolamentazione del mercato degli affitti sono l’emblema di una situazione fuori controllo che sta accelerando processi di espulsione, in un contesto già precedentemente caratterizzato da spiccate disuguaglianze abitative tra chi possiede una o più case e chi, vivendo in affitto, subisce gli effetti della gestione speculativa del patrimonio.

    Gli appelli a una maggiore regolamentazione del mercato degli affitti sono l’emblema di una situazione fuori controllo

    Naturalmente l’analisi del problema abitativo in Italia non può essere ricondotta solo e unicamente alla crescita delle locazioni turistiche, ma riteniamo importante discutere in che modo queste si sono affermate come una nuova opportunità di estrazione della rendita per proprietari di immobili e investitori, in un contesto in cui non esistono limiti alla gestione speculativa del patrimonio residenziale e garanzie per la salvaguardia del diritto all’abitare. Ciò ha senso soprattutto in questa fase di ulteriore instabilità economica nella quale molti restano i nuovi sbocchi al mercato e le nuove occasioni per ridefinire i modelli di business, a vantaggio di chi utilizza il patrimonio residenziale a fini commerciali.

    Cinque parole chiave

    Il funzionamento del mercato delle locazioni turistiche segue cinque “principi”: concentrazione, internazionalizzazione, professionalizzazione, hotelizzazione e flessibilità. Il primo si riferisce alla concentrazione del patrimonio nelle mani di una serie di attori di mercato che possiedono più unità messe a rendita attraverso le piattaforme digitali. Il secondo al fatto che, grazie alle piattaforme, il mercato immobiliare locale può rispondere alla domanda internazionale di alloggi, rivolgendosi ad utenti con una maggiore capacità di spesa. La gestione delle proprietà e dei servizi offerti agli ospiti, dal check-in alle pulizie, sono delegati ai corporate host, ovvero agenzie professionali  specializzate. Ciò non ha solo incentivato la professionalizzazione del mercato ma ha anche portato a un’ibridazione del prodotto che ormai si distanzia molto dalle retoriche del “Living like a local” [Vivere come una persona locale] e risponde sempre più agli standard dell’ospitalità alberghiera. La flessibilità del mercato, infine, ha a che vedere con la capacità dell’offerta di soddisfare diverse domande, da quella turistica a breve e brevissimo termine a quella a medio-termine per studenti, lavoratori fuori-sede, nomadi digitali e popolazioni mobili in senso lato. Il Covid ha palesato questa tendenza alla flessibilizzazione sia in termini di tipologia dell’offerta che di modalità di prenotazione (cancellazioni gratuite e possibilità di modifica continua delle date). A Lisbona, il gruppo SMARTOUR ha osservato che in piena emergenza pandemica gli investitori e i proprietari hanno preferito evitare contratti di locazione stabili a favore di soluzioni più flessibili, quali l’affitto nel medio periodo, in attesa di una ripresa della mobilità internazionale e di un riposizionamento delle proprietà nel mercato dell’affitto breve.

    Cosa osserviamo in Italia?

    In Italia, come in altri paesi del sud Europa, il business delle locazioni turistiche ha sin da subito trovato un terreno assai fertile, sia per motivi strutturali che congiunturali. In quanto “paese di proprietari” (seppur diseguali, come viene descritto nel libro “Casa dolce casa?”) la possibilità di mettere a rendita una o più proprietà attraverso le piattaforme digitali ha reso le locazioni turistiche un’alternativa più redditizia per i possessori di immobili. Nel caso di Torino, i proprietari di casa di classe media hanno rapidamente approfittato della possibilità di piattaformizzare le proprietà per integrare redditi insufficienti o risolvere situazioni di disoccupazione, ma anche per affrontare i costi della proprietà e per sopperire alle mancanze di un sistema di welfare inadeguato per specifiche categorie di lavoratrici e lavoratori (si pensi, ad esempio, agli autonomi). Questa evidenza ha offerto ulteriore supporto empirico circa il ritorno dei rentier tra le figure principali dell’economia contemporanea (aspetto comune a tutte le fasi recessive).

    Accanto alle realtà private marginali –solo quattro su dieci propongono online un unico alloggio— abbiamo inoltre assistito ad un processo di professionalizzazione che ha ampliato il ventaglio di attori coinvolti nel mercato in un’ottica soprattutto speculativa. Una più ampia componente ha a che vedere con l’emersione di profili imprenditoriali di multiproprietari –i property managers—che si occupano di gestire numerose proprietà, proprie e per conto terzi, i cui profitti derivano da una ritenuta (spesso del 30%) sulle rendite.  Se si osservano le nostre città, ma anche le località alpine e di mare, si notano piccole attività locali di gestione di locazioni turistiche, agenzie immobiliari in franchising più grandi e con sedi in diverse città italiane, network di agenzie e fornitori di servizi multipli dai nomi ben conosciuti e dal profilo globale.  Sebbene differenti dal punto di vista dell’organizzazione, della struttura di capitale e della quantità di immobili, tutte queste realtà sono specializzate negli affitti turistici e, talvolta, anche nel segmento del lusso. C’è poi da precisare che non tutte le società dispongono di sedi fisiche: molte, infatti, si avvalgono di operatori in loco e di una vetrina online, attraverso piattaforme e siti web dedicati.

    Anche gli investitori locali e nazionali hanno avuto un ruolo importante nel definire l’offerta del mercato e nel dirottare il più classico business dell’immobiliare residenziale sul più redditizio segmento turistico. La necessità di diversificare i portfolio immobiliari spiega, inoltre, le acquisizioni, da parte di investitori transnazionali, di interi palazzi storici a Venezia e Firenze per convertirli in locazioni turistiche. Infine, le élite e le classi medie transnazionali hanno capitalizzato sulle seconde case sotto-utilizzate, facendole fruttare nel mercato degli affitti.

    le élite e le classi medie transnazionali hanno capitalizzato sulle seconde case sotto-utilizzate, facendole fruttare nel mercato degli affitti

    In questa ecologia di attori in Italia è molto rilevante la componente associazionistica. Le associazioni dei locatari, degli host, dei property managers e dell’home sharing hanno, nel corso del tempo e con diverse modalità, costituito nuovi gruppi di interesse. Nel caso di Milano hanno anche esercitato un ruolo di lobbying nei processi decisionali, attraverso la partecipazione ai tavoli di lavoro legati alle politiche urbane e ai tentativi di regolazione del settore. Mentre le compagnie di piattaforma come Airbnb, superando le logiche del lobbying, tendono a presentarsi pubblicamente come “imprenditori normativi” (regulatory entrepreneurs), che partecipano attivamente alla regolamentazione (e deregolamentazione) dei settori di loro interesse.

    Ripartire dalle politiche

    A seconda dell’approccio istituzionale adottato sui temi della casa e del turismo a livello nazionale, il diffondersi delle locazioni turistiche ha trovato argini più o meno stringenti in Europa. In Italia le locazioni turistiche non vengono ancora riconosciute come una grave sottrazione di spazio abitativo alla collettività, altrove invece sono già stati sperimentati strumenti di diversa natura, con l’obiettivo di arginare le tendenze speculative. Le differenze, come fa notare Francesca Artioli, dipendono dal modo in cui viene inquadrato il problema e da cosa viene reso oggetto di intervento da parte delle politiche pubbliche. Nel caso italiano la questione è stata ridotta ad una problematica meramente fiscale, mentre a Barcellona è in vigore un piano urbanistico per gli alloggi turistici e in Francia, sulla base di una legge già esistente in difesa della residenzialità, gli annunci Airbnb hanno limitazioni temporali in ben 34 comuni.

    Oggetto dei provvedimenti possono essere aspetti diversi: lo spazio abitativo e urbano (quante case in una determinata zona possono essere adibite ad usi diversi da quelli abitativi), i rapporti tra privati (contratti di locazione), i rapporti tra enti (chi regola il fenomeno) e le piattaforme (cosa devono assimilare delle normative vigenti, quali dati devono fornire e come devono rivedere il proprio funzionamento). In Italia abbiamo norme nazionali sulle locazioni (Codice Civile) e norme regionali sulla ricettività turistica, ma non è mai stato introdotto alcuno strumento sulla destinazione d’uso delle case a fini turistici, né sul funzionamento e sugli obblighi delle piattaforme.

    Nell’agosto del 2019 viene presentato alla Camera il disegno di legge Pellicani-Di Giorgi che propone un intervento statale sul tema. La proposta diventa poi un emendamento al Decreto Milleproroghe, che tuttavia viene ben presto ridimensionato e poi eliminato. Il comitato Pensare Urbano di Bologna e la rete SET (Sud Europa di fronte alla Turistificazione) lanciano un appello  chiedendo l’adozione immediata delle misure utili ad arginare la riduzione dell’offerta abitativa e la speculazione sulla casa, ma le richieste vengono ignorate. Il 28 Novembre 2021, a Venezia, in occasione della proiezione del film Welcome Venice di Andrea Segre, associazioni e comitati locali danno vita alla campagna Alta Tensione Abitativa (ATA) e, insieme all’Osservatorio CIvicO sulla casa e la residenza di Venezia (OCIO, parte della rete SET), scrivono una proposta di legge che, per la prima volta, chiama esplicitamente in causa la condizione abitativa in Italia, sottolineando la correlazione tra il suo aggravarsi e il fenomeno delle locazioni turistiche. Il problema non viene più inquadrato in termini fiscali, ma si fa invece utilmente riferimento all’art. 8 della legge n. 431 del 1998, che definisce i comuni ad alta tensione abitativa, e ai principi costituzionali che ci ricordano che è possibile e doveroso limitare l’iniziativa e la proprietà privata nell’interesse collettivo (artt. 41 e 42 della Costituzione). La proposta prevede soglie limite per le locazioni turistiche basate sulla popolazione residente e sulla definizione, da parte dei Comuni e tramite regolamento, di una zonizzazione di riferimento all’interno della quale calcolare le percentuali di posti letto autorizzabili. Ispirata all’esperienza di Barcellona e discussa anche a Roma il 24 maggio 2022 in un incontro pubblico organizzato dalla Sapienza nell’ambito del Prin Short Term City, la proposta è stata poi in parte ripresa dal cosiddetto emendamento Venezia, cioè il 37-bis del Decreto aiuti approvato in Senato il 14 luglio scorso, con il quale si darà la possibilità al solo comune di Venezia di dotarsi del regolamento (qui le considerazioni di OCIO).

    Questo risultato, ridimensionato rispetto alla necessità di una legge nazionale che argini lo strapotere della rendita nelle città turistiche, ci ricorda ancora una volta quanto sia difficile, nella cornice culturale e politica attuale, l’approvazione di una qualsiasi forma di regolamentazione che limiti la gestione speculativa del patrimonio residenziale e agisca in favore dell’abitare e del diritto alla casa.

    Note