La crisi economica indotta dalla pandemia di Covid-19 ha colpito in misura diversificata le figure professionali che compongono il mondo del lavoro, con un impatto particolarmente pesante sui lavoratori occupati nei settori più esposti alle necessarie misure di contenimento dei contagi e nelle imprese a minor tasso di innovazione tecnologica, nonché sulle forme di lavoro maggiormente precarie. Nella fase più acuta della crisi si è assistito così a una polarizzazione delle posizioni lavorative che ha allargato divaricazioni che venivano da lontano. La ripresa in corso sta facendo emergere sia tendenze che rischiano di accentuare quelle divaricazioni sia tendenze di segno opposto, che possono contribuire a ridurle.
Il compito della politica economica e sociale è quello di irrobustire le forze che spingono verso la riduzione della frammentazione e contenere gli effetti di quelle di segno opposto. In altri termini, promuovere una progressiva ricomposizione del lavoro che inverta la tendenza alla polarizzazione emersa con l’esaurirsi, già dall’ultimo ventennio del Novecento, della fase dello sviluppo fordista. Naturalmente, una ricomposizione da realizzare in relazione alle profonde trasformazioni indotte dalle innovazioni tecnologiche in corso e dalle loro implicazioni per la riconfigurazione di settori e processi produttivi.
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