Ne Le memorie del sottosuolo Fedor Dostoevskij aveva colto una tensione irrinunciabile per l’essere umano, quella di desiderare, di non accettare il principio di esattezza della natura, e semmai di plasmare il mondo a propria immagine e somiglianza. Aborrire il matematico, indiscutibile, talvolta inaccettabile 2 + 2 = 4 nel nome di un fantasioso, autistico, corroborante 2 + 2 = 5.
Da anima inquieta, fortemente desiderante e sognatrice, custode di un dark-side votato alle più impossibili metamorfosi, ho sempre venerato l’intuizione dostoevskiana, che considero a tutti gli effetti un teorema solidissimo dell’animo umano; ma se è vero che trasferito sul singolo individuo il principio del 2 + 2 = 5 mantiene un allure poetica, da eroe e martire, da irregolare e poeta maledetto, è vero anche che un’intera società fondata su masse che considerano il loro specifico volere come l’unica possibile verità e la propria volontà di potenza come un diritto inalienabile, è un posto invivibile… o forse è l’Italia contemporanea.
Ecco perché sarebbe bene che La matematica è politica di Chiara Valerio, un testo colto, fulmineo e difficilmente etichettabile, fosse letto da più persone possibili, affinché dallo spirito profondo della disciplina matematica, dai suoi principi fondativi e dal metodo che impone a chi si cimenta per possederla, si possa riscoprire la bellezza della complessità, il fascino del divenire, la vertigine dell’eternità e dell’infinito.
Per riuscirci, non è necessario prendere in mano il libro di matematica del liceo e sfasciarsi la testa su funzioni, equazioni e derivate, perché la Valerio lo ha già fatto per noi, e attraverso il racconto della sua esperienza formativa fornisce alcune chiavi d’interpretazione politica sul presente che aiutano a riformulare un nuova versione possibile di democrazia: ovvero la forma di società per eccellenza fondata sulle relazioni.
In primo luogo, la differenza tra verità e punti di vista. “Le verità, trattate come punti di vista, rivelano una natura se non sentimentale, emotiva, es e non emotiva, discrezionale. Studiare aiuta a rendere confrontabili i punti di vista e a capire, volta per volta, che i punti di vista, quando vengono assunti, non sono né giusti né sbagliati (ma solo nostri). Il punto di vista è piú interessante della verità. Ha un corpo, un tempo, occupa uno spazio, la verità è un punto. Dunque, per seguire Euclide (nonostante tutto), la verità, come i punti, è ciò che non ha parti.” Ora tocca riprendere in mano anche il libro di geometria? No, basta andare qualche riga più giù e gustarsi, come ho fatto io durante la lettura, il delizioso cartone animato Paperino nel mondo della matemagica:
In questo piccolo capolavoro del 1959, tempo di guerra fredda, ideologie pesanti, tempo di valori rigidi e di prodromi di un’egemonia culturale nel bene e nel male in grado di fondare la società su conoscenze e riferimenti condivisi, s’impara, ci dice la Valerio, un secondo principio matematico decisivo per una democrazia sostenibile: il senso delle proporzioni, regola fondativa della bellezza classica.
“La proporzione consente di intuire e rappresentare la vastità del mondo, valutare i rischi, riprodurre le regolarità o le irregolarità. Ragionamento deduttivo, astrazione e proporzione sono matematica. Tuttavia, nonostante i fasti della Grecia classica, nessuna civiltà è pervasa di matematica come la nostra. Algoritmi, previsioni, automazioni, calcoli, cronometri, GPS, conteggi energetici per perdere peso o acquistarne, lotterie, contapassi.”
La democrazia, come ancora una volta la matematica ci insegna, è dunque un fatto di relazioni e di osmosi tra vita individuale e vita pubblica, resa sempre più complessa dalla tecnologia. Come starci dentro? Valerio produce suggerimenti utili: “Agamben scrive in Homo Sacer che zoé e bíos, i due termini greci per vita, indicano l’uno la nuda vita e l’altro la vita in relazione (la mia ossessione matematico democratica).”, e ancora, “Ecco, la vita singola e la vita collettiva godono di una superadditività che fa sì che nessuno di noi sia la mera somma dei propri dati biologici, giuridici, virtuali, ma sia qualcosa di più. La stessa democrazia è superadditiva, lo Stato e qualcosa di più rispetto all’azione congiunta di potere legislativo, esecutivo e giudiziario.”.
Così, il primo agente di cambiamento è proprio l’individuo, attraverso il proprio percorso di formazione e studio, un valore che l’autrice ci restituisce con grande trasporto emotivo e indulgenza, indulgenza anche verso l’errore che è innato in ciascuno di noi, in quanto momento esperienziale verso cui la matematica è anche molto più tollerante del Cristianesimo.
Il rispetto delle regole, e la ricerca delle soluzioni dipendono da variabili e incognite legate al contesto
Non c’è confessione per chi pecca in matematica e nella vita, specie se sbagliare, come sarebbe in una democrazia sostenibile ispirata dai principi della matematica, è semplicemente una possibilità verso un nuovo processo ottimizzato, che può ripartire da altri due principi che in matematica sono centralissimi: il rispetto delle regole, e la ricerca delle soluzioni, che, guai a dimenticarlo, dipendono da variabili e incognite legate al contesto in cui ci si trova: “L’esistenza delle soluzioni dipende dall’insieme nel quale ci si muove. E dunque, essendo cambiato l’insieme nel quale ci muoviamo, non possiamo avere le stesse soluzioni agli stessi problemi. Potrebbero anche non esistere soluzioni, ma per natura non mi piace pensarlo. Abbiamo la possibilità di ragionare con tutto il corpo, ciascuno col proprio e come corpo collettivo.”
È corroborante la tensione etica che si respira nelle pagine di La matematica è politica, un’energia così forte da chiamare in causa le derive del capitalismo e la sovrapproduzione, fulcri interpretativi essenziali almeno quanto rimossi dal dibattito pubblico, ma tale energia anche così pressante da spingere l’autrice, solo in pochi e brevi passaggi, nelle acque turbinose e oceaniche dell’attualità mediatica, dei temi d’agenda setting, della bolla mediatico-politica, dove ogni principio diventa fangoso, strumentalizzabile e ribaltabile, e ogni regola d’analisi viene assorbita e sconfessata, fino a impantanarsi. Ma conta poco. Sono tuttavia momenti dialettici chiarificatori che mostrano come elaborare un “metodo” che vola alto e aspira a non concedere nulla alle semplificazioni, sia la più efficace matrice interpretativa del mondo, la condizione necessaria per una visione libera e liberatoria. Matematico, no?