I Bitcoin e l’ascesa della criptofinanza

Mark Andreessen, negli anni novanta fondatore di Netscape e ora uno dei più celebri venture capitalist tramite il fondo Andreessen-Horowitz, sostiene che Bitcoin è come «Internet nel 1994». Un oggetto strano, che spaventa governi e grandi aziende, ma che è in crescita esponenziale e attrae l’attenzione di comunità di appassionati altamente competenti. Il paragone è probabilmente corretto: tra il 2013 e il 2014 Bitcoin è finita sui media con frequenza crescente, spesso non in modo positivo. Si è parlato di speculazioni, truffe, del crollo di alcuni hubs come Mt. Gox e di mercati neri online come Silk Road. Anche pensatori influenti nel campo della finanza, come l’economista Nouriel Rubini e l’ex capo della Federal Reserve Alan Greenspan, hanno mostrato dei dubbi sul sistema, associandolo a uno schema Ponzi o a una bolla.

Nel 2013 si è sviluppata una bolla speculativa e il valore di un singolo Bitcoin ha toccato i mille dollari

Allo stesso tempo, Bitcoin suscita l’interesse di banche d’investimento, banche centrali, regolatori pubblici e venture capitalists. Dall’uscita del rapporto All about Bitcoin prodotto da Goldman Sachs nel marzo 2014 alle analisi della Banca centrale europea e alle raccomandazioni della European Banking Authority, i principali attori del sistema finanziario globale stanno iniziando a produrre ricerche, studi e pareri sulla rete Bitcoin. Inoltre, i principali fondi di venture capital, come Accel Partners, Draper Fisher Jurvetson e Andreessen Horowitz, al pari di incubatori d’impresa come Y Combinator, stanno investendo in Bitcoin startups come CoinBase (un sistema di scambio di facile utilizzo per gli utenti comuni) e BitAccess, società che produce bancomat per Bitcoin.

Nel 2013 si è sviluppata una bolla speculativa e il valore di un singolo Bitcoin ha toccato i mille dollari; è seguita una contrazione del rapporto tra Bitcoin e altre monete forti (come euro e dollaro), tuttavia gli indicatori fondamentali della crescita del sistema Bitcoin continuano a mostrare una dinamica esponenziale: tra giugno 2013 e giugno 2014 il numero di wallets (portafogli) è aumentato sette volte, il numero di contributi su GitHub (una piattaforma online per la condivisione di codice) si è moltiplicato per diciotto volte e il volume di investimenti è aumentato di oltre dodici volte. Bitcoin si è affermato come mezzo di scambio sicuro, ma ha registrato performance meno spiccate come riserva di valore e si è rivelato fragile come unità di conto, vista l’alta volatilità dei prezzi.

Nel dicembre 2014 le transazioni giornaliere in Bitcoin hanno raggiunto il livello di 100 mila al giorno, per un volume pari a 23 miliardi di dollari. Il numero totale dei wallets ha raggiunto gli 8 milioni (+149% rispetto al 2013), i merchant che accettano Bitcon sono diventati circa 100 mila e il numero di bancomat fisici che erogano Bitcoin ha raggiunto quota 120 (il primo era stato acceso nell’ottobre 2013). Grandi imprese come Microsoft, Expedia e PayPal accettano Bitcoin per alcune categorie di prodotti/servizi, così come fondazioni e ong quali la Croce Rossa americana, Greenpeace e Wikipedia.

Stanno emergendo incubatori (come BoostVC e DeCentral) e strutture d’investimento (come Pantera Capital) specializzati in criptomonete e nella tecnologia blockchain, alla base della rete Bitcoin. Nel 2014 gli investimenti venture capital tracciabili sulle tecnologie relative a Bitcoin hanno segnato un +342% rispetto al 2013, passando da 96 a 335 milioni di dollari. Tra i più importanti vi sono i 40 milioni di dollari raccolti da Xapo, un sistema di wallet e deposito sicuro; i 30,5 milioni raccolti da Bitpay, uno dei principali servizi di pagamento; i 30 milioni raccolti da Blockchain, uno dei wallets più utilizzati, provider di Api e fornitore di dati affidabili sulla rete Bitcoin.

La rete Bitcoin ha raggiunto una diffusione planetaria, con una capitalizzazione di mercato pari attualmente allo 0,6% dell’aggregato monetario M1 del dollaro

BlockStream, progetto partito nel novembre 2014 con 21 milioni di dollari d’investimento iniziale, ha tra i finanziatori Reid Hoffman (fondatore di Linkedin), Eric Schmidt (ex amministratore delegato di Google), Vinold Khosla (fondatore del leggendario fondo Khosla ventures), Max Levchin (cofondatore di PayPal e Yelp) e Jerry Yang (cofondatore di Yahoo).

La rete Bitcoin ha raggiunto una diffusione planetaria, con una capitalizzazione di mercato pari attualmente allo 0,6% dell’aggregato monetario M1 del dollaro (con un picco dell’1% nel 2014), senza leva iniziale in termini di investimenti venture capital o supporto governativo. Anzi, nella sua fase di decollo Bitcoin ha dovuto affrontare spesso un ambiente ostile e opaco dal punto di vista normativo. Ciò indica che la tecnologia alla base di Bitcoin presenta notevoli caratteristiche di resistenza e che vi è stata una domanda diffusa di strumenti di questo tipo, probabilmente anche a causa del clima creatosi con la crisi della finanza globale.

Satoshi Nakamoto ha iniziato a parlare del progetto Bitcoin nel novembre 2008, prevalentemente all’interno di mailing list dedicate agli appassionati di crittografia: sembra che l’autore abbia iniziato a lavorare al codice circa un anno e mezzo prima di pubblicare il famoso paper Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System. Nakamoto ha poi effettuato 575 post su Bitcointalk, dal 19 novembre 2009 fino alla fine del 20108. Il 12 dicembre 2010 ha interrotto le sue uscite pubbliche: l’unica apparizione successiva è avvenuta il 7 marzo 2014, un semplice «I am not Dorian Nakamoto» (non sono Dorian Nakamoto), per smentire la caccia scatenata dal settimanale Newsweek al creatore di Bitcoin.

Perché questo mistero sull’identità? Vi sono diverse ipotesi a riguardo: dal cospirazionismo estremo (c’è chi pensa che Nakamoto sia un’agente della National Security Agency) alle teorie più fantasiose. È possibile che il «vero» Nakamoto sia qualcuno abbastanza noto nella comunità degli appassionati di crittografia, sicurezza informatica e monete virtuali: il suo lavoro dimostra grande conoscenza tecnica, verosimilmente sviluppata nel corso del tempo a contatto con influenti mailing lists e forum del settore. È anche possibile, vista la complessità delle parti e l’ingegnosità del sistema Bitcoin, che Nakamoto identifichi in realtà un gruppo di individui. I cospirazionisti pensano a scopi politici occulti o alla volontà di realizzare una frode. Altri sottolineano che alcuni progetti di monete virtuali, come Liberty Dollar o E-gold, hanno portato all’incriminazione dei fondatori, spesso con gravi accuse di riciclaggio: l’irrigidimento delle normative dopo l’11 settembre 2001 ha generato una stretta in questo campo. Alcuni arresti e processi si sono svolti a ridosso del lancio di Bitcoin: è quindi plausibile che Nakamoto abbia scelto l’anonimato per paura delle possibile conseguenze.

Il sistema finanziario è alle prese con una rivoluzione tecnologica, spesso etichettata come Fintech. Definizione che racchiude tecnologie, progetti bancari e startup operanti in diversi settori

“Il codice sorgente di Bitcoin è stato rilasciato per la prima volta il 9 gennaio del 2009, in versione 0.01, su SourceForge, una comunità di sviluppatori di software legata al mondo dell’open source. Il fatto che il codice sia stato sviluppato con questa modalità è uno degli elementi fondamentali (necessario, ma non sufficiente) per la stabilità del sistema. Contrariamente al codice proprietario, il software aperto è verificabile e migliorabile da chiunque, sicché è possibile migliorare il sistema e risolverne in modo rapido le vulnerabilità. Alcuni dei limiti fondamentali della rete Bitcoin sono stati identificati precocemente, in alcuni casi ancor prima del rilascio pubblico. Ad esempio il problema del «51% attack» (il fatto che sia possibile spendere due volte la stessa moneta e fare altre operazioni fraudolente nel caso in cui un singolo nodo o gruppo coalizzato riuscisse a fornire più del 51% della potenza computazionale della Rete) era già stato identificato nel novembre 2008.

Il rispetto per il fondatore resta grande: la comunità che tiene in piedi la rete Bitcoin ha stabilito che il satoshi sia l’unità di conto minima del sistema: un singolo Bitcoin può infatti essere suddiviso in 100 milioni di satoshi.

Il sistema finanziario è alle prese con una rivoluzione tecnologica, spesso etichettata come Fintech. Definizione che racchiude tecnologie, progetti bancari e startup operanti in diversi settori: pagamenti, rimesse, assicurazioni, infrastrutture bancarie, prestiti peer-to-peer, trading algoritmico, crowdfunding, raccolta bancaria, gestione del risparmio, transaction banking, servizi online, tecnologie mobili e molto altro.

Tuttavia, le innovazioni legate a Bitcoin sono molto diverse dalla corrente di digitalizzazione legata al Fintech. C’è anche una discontinuità notevole rispetto alle tradizionali valute complementari e non standard, come il Freigeld di Silvio Gesell o i diversi esperimenti di valute virtuali realizzati dagli anni Novanta in poi. In genere sistemi di questo tipo sono rimasti stabili solo su scale geografiche e temporali limitate, hanno avuto ambiti di applicazione relativamente ristretti (si pensi al Linden Dollar di Second Life o al World of Warcraft Gold) e un elevato rischio di frodi, instabilità e debasement (perdita di valore). Bitcoin è stato il primo sistema in grado di crescere su scala planetaria, grazie a soluzioni tecnologiche molto ingegnose perfezionate costantemente dalla rete di sviluppatori.

Il primo mattone su cui si basa Bitcoin è un registro pubblico di transazioni, in gergo cryptoledger: una lista di azioni di scambio effettuate dai vari indirizzi all’interno di un sistema protetto da crittografia robusta. Queste informazioni sono distribuite in una rete peer-to-peer composta da nodi in costante comunicazione tra loro; ciò significa che l’intero database è disponibile a chiunque in qualsiasi momento, anche se i singoli indirizzi non sono identificabili con persone fisiche o organizzazioni.

I Bitcoin sono periodicamente creati dal nulla con una modalità chiamata mining, processo legato al funzionamento intrinseco del sistema di generazione dei blocchi e di validazione delle transazioni

Un secondo elemento di forza è la struttura delle transazioni, basate sulla crittografia robusta a doppia chiave. Gli utenti hanno a disposizione una chiave privata che consente di spendere denaro e firmare le transazioni, e una chiave pubblica che consente di verificare la firma e di rappresentare l’indirizzo del portafoglio Bitcoin.

Terzo elemento: la blockchain. Le transazioni sono impacchettate dalla rete in blocchi connessi linearmente, con un sistema di verifica collettiva e reiterata che consente di considerare valide le catene più lunghe che, al livello algoritmico, sono più difficili da falsificare.

Infine, i Bitcoin sono periodicamente creati dal nulla con una modalità chiamata mining, processo legato al funzionamento intrinseco del sistema di generazione dei blocchi e di validazione delle transazioni. Un numero fisso di Bitcoin è rilasciato ogni 10 minuti circa, con una regola di assegnazione che presuppone la risoluzione di calcoli molto complessi. Fare del mining in modo efficiente è oggi fuori dalla portata degli utenti comuni: il processo richiede hardware specializzato e alti investimenti. Chi vuole ottenere Bitcoin può farlo con modalità più tradizionali, per esempio cambiando euro o dollari o vendendo prodotti e servizi.

Gli elementi fondanti della rete Bitcoin consentono di evitare che un’unità di valore sia spesa due volte e di risolvere il cosiddetto «problema dei generali bizantini», legato al coordinamento efficace di individui quando la comunicazione si basa su reti non sicure, con potenziali errori e manomissioni. La tecnologia blockchain consente di avere scambi efficienti in reti decentralizzate tra parti che non abbiano fiducia reciproca pregressa. È garantita la sicurezza e l’affidabilità delle transazioni; ciò rende Bitcoin un ottimo strumento di pagamento, efficiente e scalabile globalmente su varie categorie di potenziali utilizzatori.

Il fatto di essere basato su tecnologie crittograficamente sicure, peer-to-peer e open source ha reso la rete Bitcoin anche piuttosto resistente a shock significativi, come la chiusura di nodi importanti del sistema o mosse avverse dei regolatori.

Inoltre, la rete si è sviluppata in modo indipendente da governi, banche centrali, istituzioni finanziarie e grandi aziende, costruendo un sistema decentralizzato e indipendente: una vera e propria moneta che, secondo alcuni osservatori, è espressione della «sovranità» di Internet. Il sistema Bitcoin non è ovviamente scevro da problemi e limitazioni. La blockchain e le criptomonete stanno infatti determinando numerose evoluzioni in termini di regolazione e di governance: tra gli sviluppi recenti vi sono BitLicense per gli Stati Uniti e il posizionamento di Banca d’Italia, una delle prime banche centrali al mondo a pronunciarsi sul tema delle valute virtuali.

La rigidità della rete Bitcoin ha portato alla costruzione di decine di altre criptomonete

Solo 21 milioni di Bitcoin potranno essere creati nel corso del tempo, tramite una curva lineare predicibile al livello algoritmico e una politica monetaria rigida. A gennaio 2015 erano già stati creati più della metà dei Bitcoin disponibili: circa 13,8 milioni. Il tetto di 21 milioni non è necessariamente un limite in termini di utilizzo come unità di conto: dopotutto saranno disponibili 2,1 quadrilioni (2,1 milioni di miliardi) di satoshi. Il problema riguarda l’assenza di flessibilità nella politica monetaria: la mancanza di discrezionalità infatti contribuisce ad amplificare la grande volatilità di Bitcoin rispetto alle monete principali (dollaro, euro) o meglio ancora rispetto a un paniere di beni standard che possa fungere da àncora per misurarne il valore.

Tuttavia, la rigidità della politica monetaria di Bitcoin è una delle chiavi per la stabilità del sistema. Anche in assenza di una banca centrale, gli utenti possono avere fiducia nella stabilità algoritmica della rete, nella sua robustezza e soprattutto nel fatto che nessuno possa creare Bitcoin a piacimento. Le regole per la creazione di moneta sono rigide, note a tutti e prestabilite. Non c’è discrezionalità e, di conseguenza, è possibile riporre molta fiducia nel sistema.

È importante distinguere l’esistenza di intermediari o regolatori sistemici – elementi che le tecnologie blockchain cercano di eliminare tramite la decentralizzazione – e l’esistenza di regole di politica monetaria. Conferire alle criptomonete elementi di flessibilità e proattività in termini di regolamentazione dell’offerta di moneta potrebbe essere utile per favorirne l’evoluzione e stabilizzarne il corso, portando a una loro più facile adozione per le transazioni commerciali tradizionali e riducendo l’impatto della speculazione. Questi temi sono stati discussi di recente da una nuova rete di ricercatori che lavorano sia nell’accademia sia nel settore bancario: ad esempio Ferdinando Ametrano nel suo paper Hayek Money: The Cryptocurrency Price Stability Solution. Una frontiera della ricerca è l’utilizzo delle azioni di signoraggio, tema lanciato da Robert Sams in A Note on Cryptocurrency Stabilisation: Seigniorage Shares e poi oggetto di ulteriore approfondimento da parte di altri autori.

La rigidità della rete Bitcoin ha portato alla costruzione di decine di altre criptomonete. Nella maggior parte dei casi questi esperimenti modificano alcuni limiti reali o presunti di Bitcoin, ad esempio la velocità delle transazioni, il tasso di creazione della moneta, gli algoritmi di crittografia, il sistema di mining e l’utilizzo sociale della potenza computazionale, il tetto massimo di monete generabili, l’anonimato delle transazioni, la facilità di interfacciamento con le reti di pagamento tradizionali e così via. Probabilmente non ci sarà una singola moneta perfetta, ma più criptomonete si affiancheranno per rispondere a bisogni diversi, portando a uno scenario di concorrenza ed evoluzione tra sistemi monetari.

Negli ultimi anni si è sviluppata un’intera categoria di progetti che cercano di estendere l’utilizzo della blockchain ad altri ambiti di applicazione

Non tutte le criptomonete alternative sono basate sulla stessa logica: alcune sono considerabili metamonete, come nel caso dell’Ether, o possono essere costruite grazie all’interfacciamento con la rete Bitcoin, come Mastercoin. I critici sottolineano come queste monete siano spesso delle frodi, i cui creatori cercano di arricchirsi tramite il pre-mining in attesa di un apprezzamento successivo delle monete. Inoltre vi sono significativi problemi relativi agli effetti di network e alla dipendenza dal percorso: l’utilità di un circuito monetario – la liquidità e la capacità di effettuare transazioni utili – è proporzionale al numero di persone che lo utilizzano, limitando il potenziale di crescita dei sistemi alternativi. Dall’altro lato, c’è la possibilità di sviluppo per un intero ecosistema di criptomonete costruite ad hoc e rispondenti a differenti esigenze di natura sociale, tecnologica, economica o geografica.

Negli ultimi anni si è sviluppata un’intera categoria di progetti che cercano di estendere l’utilizzo della blockchain ad altri ambiti di applicazione: dai sistemi notarili (NotaryChains) agli Internet DNS (Namecoin), dai sistemi di stoccaggio decentralizzato (Storj.io) ai sistemi di protezione della privacy (okTurtles), dai protocolli per effettuare transazioni finanziarie (Mastercoin) alla creazione di Bitcoin dotati di proprietà aggiuntive (colored coins), dalla costruzione di asset digitali (BitShares) al cryptoequity crowdfunding (Swarm). Prendendo spunto dall’ultimo esempio, oggi è possibile utilizzare la blockchain per rappresentare «gettoni di proprietà» in asset virtuali, vere e proprie imprese o organizzazioni, acquisendo al livello algoritmico privilegi come diritti di voto e di accesso, flussi di ricavi o diritti esclusivi.

Una delle iniziative più promettenti è Ethereum: una piattaforma per la costruzione di applicazioni decentralizzate, protette al livello crittografico. Le potenzialità sono enormi: dalla definizione di smart contracts (contratti tra parti che hanno possibilità di autoverifica e applicazione forzosa in assenza di terze parti) alla generazione di intere organizzazioni e sistemi finanziari/giuridici basati su princìpi di decentralizzazione, autonomia e indipendenza. Ethereum cerca anche di risolvere alcuni problemi intrinseci del Bitcoin, ad esempio la difficoltà per gli utenti comuni di partecipare al mining. Il progetto, nato tra fine 2013 e inizio 2014, ha iniziato a svilupparsi con il primo rilascio dell’Ether, criptomoneta che servirà a far richiedere risorse computazionali al sistema. L’iniziativa ha attirato grande attenzione a livello globale, agganciandosi alla rete Bitcoin. I principali ispiratori del progetto, come il giovane programmatore Vitalik Buterin, provengono da precedenti esperienze nel milieu tecnologico e ideologico di Bitcoin. Nel giugno 2014 Vitalik è stato inserito tra i Thiel Fellows, rete di imprenditori under 20 supportata da Pether Thiel, fondatore di PayPal.

Questo processo non è esente da rischi: in primo luogo quello regolativo. La decentralizzazione radicale portata avanti da progetti basati su tecnologia blockchain cozza con il funzionamento di buona parte dei sistemi legali e finanziari, che per loro natura sono legati al concetto di controllo e di autorizzazione centralizzata. In secondo luogo, c’è un tema di accessibilità agli utenti: la scarsità di interfacce di utilizzo e la presenza di una grande «zona grigia» al confine con l’illegalità scoraggia l’uso di queste piattaforme da parte degli utenti comuni.

limes moneta e impero

La prima ondata di decentralizzazione cui abbiamo assistito negli anni passati ha riguardato i contenuti: da Napster a BitTorrent, la condivisione di file online ha permesso di rivoluzionare interi settori, come quello editoriale e quello musicale. La seconda ondata ha riguardato il livello fisico, tramite servizi come Airbnb, Couchsurfing e Uber. La nuova generazione di piattaforme supportante dalla blockchain, inaugurata da Bitcoin e ora in sviluppo tramite Ethereum, Mastercoin, Swarm e altri, si incentra sulla radicale decentralizzazione delle strutture della finanza e, potenzialmente, dei sistemi di coordinamento socio-politico. L’ascesa della criptofinanza potrebbe modificare il modo in cui le persone si organizzano e comunicano tra loro, allo stesso modo in cui l’avvento di Internet, il peer-to-peer e la scrivibilità sociale del Web (il cosiddetto Internet 2.0) hanno avuto un impatto di massa portando a nuovi modelli di business per le imprese, nuove forme di interazione sociale e implicazioni politiche inedite.

Saggio estratto dal fascicolo di febbraio Limes. Moneta e Impero