“Siamo come marinai che devono modificare la struttura della loro nave in mare aperto, senza poterla mai smantellare in bacino e ricostruirla da capo con materiali migliori”.
È questo allora anche il destino dei “rigeneratori urbani”? Parafrasando il celebre passo di Neurath (1882-1945), la filosofa Simona Morini ha chiuso così la due giorni di lavoro “Verso una comunità per la rigenerazione urbana”, che si è tenuta a Venezia il 27-28 settembre scorsi.
Per la prima volta il Master U-Rise dell’Università Iuav di Venezia ha riunito tutta la sua comunità: docenti ed esperti di rigenerazione urbana con tutti gli oltre 100 studenti delle prime 4 edizioni. Un’occasione per conoscere la 5a edizione del Master in partenza il prossimo gennaio, le esperienze degli ex studenti, le sedi tirocinio e i nostri docenti. Per parlare di competenze, professione, lavoro e prospettive di chi si trova in questo momento ad agire sugli spazi delle città. E per fare anche un primo bilancio di questi primi quattro anni di vita.
In mare aperto contro violenti temporali e onde tempestose, dicevamo. Come gli scienziati di Neurath, in questi due giorni abbiamo capito che il lavoro del “rigeneratore urbano” è quello di districarsi in condizioni particolarmente problematiche e processuali, ma con una crescente consapevolezza della necessità di riconoscere e connettere energie e risorse, riusarle e innovarle, di dare costantemente una nuova forma alla “nave”, sempre in dialogo con le forze e il contesto in cui essa è immersa.
Per la prima volta il Master U-Rise dell’Università Iuav di Venezia ha riunito tutta la sua comunità
La prima giornata si è sviluppata attraverso tre tavoli di lavoro che hanno visto i circa 100 presenti focalizzare l’attenzione su tre sfide particolarmente rilevanti: l’impatto della rigenerazione urbana, le competenze, i talenti e le professioni che intorno ad essa ruotano, la sostenibilità economica dei progetti e dei percorsi. Tre temi con tre tavoli di lavoro, 15 interventi di studenti ed ex-studenti che hanno presentato i loro percorsi e progetti sparsi in tutta la penisola. Cosa è venuto fuori?
Nel primo tavolo si è messo soprattutto in luce come l’attivazione sociale, la dimensione comune e collettiva sia una premessa e allo stesso tempo un prodotto. L’idea di rigenerazione urbana che è emersa è quindi di rigenerazione civica, sociale che, in molti casi, porta a generare qualcosa che prima non c’era.
I progetti presentati raccontano infatti di città disseminate da “fatti” decontestualizzati, da spazi omologati o abbandonati. È quindi necessario un doppio movimento: connettere risorse, energie e spinte sociali dei singoli contesti per costruire e risignificare nuovi e vecchi spazi e dall’altro cambiare/costruire spazi per renderli abilitanti. Capitale sociale, senso di appartenenza, cura e responsabilità verso un luogo sono quindi i prodotti di questo processi, in una continua retroazione positiva tra spazi e azione sociale.
Come nominare queste nuove competenze?
La seconda sessione sulle competenze ha ragionato sulla figura poliedrica del rigeneratore. È più un aggettivo che un sostantivo: architetto rigeneratore, sociologo rigeneratore, urbanista rigeneratore. Sono tutti professionisti attenti e capaci di supportare il riuso degli spazi, intesi sia come edifici che come spazi del quotidiano. Professionisti che tendono a produrre beni sociali, per connettere soggetti e territori fragili con attori del terzo settore e attori istituzionali.
Come nominare queste nuove competenze? L’attenzione è quella innanzitutto di saperle comunicare all’esterno; in particolare, di posizionare queste competenze all’interno di un quadro sia normativo che professionale.
Nella terza si è parlato di sostenibilità. La sostenibilità, come processo frutto anche della capacità di comunicare e dare valore ai progetti, di narrare il loro impatto per ingaggiare sempre di più abitanti singoli e attori collettivi.
La consapevolezza è che non tutti gli interventi siano sostenibili sul mercato; alcuni necessitano di molte risorse pubbliche e di politiche adeguate. E qui sta uno dei temi diventato centrale nei dibattiti sulla rigenerazione urbana: non chiudere questi progetti in se stessi ma al contrario entrare in una dimensione regionale, nazionale e internazionale.
La necessità, cioè, di mettere in rete questi processi di radicamento e di farli scalare attraverso una risposta politica e di politiche, che faccia sistema e che porti le istanze vissute a livello quotidiano ad un livello superiore. La priorità è quella di ridare centralità alle istituzioni pubbliche e al loro ruolo di driver, alla conseguente necessità di “aprire” le istituzioni, di forzarle ad innovare in questa direzione.
Una comunità plurale e fortemente coesa per modo di intendere e praticare la rigenerazione urbana e le trasformazioni sociali, spaziali e territoriali
Ascoltare le storie concrete dei professionisti formati dal Master U-Rise è stata dunque una formidabile possibilità di riflessione.
Ma la due giorni è stata soprattutto una grande occasione di dare visibilità e di rafforzare una comunità di 103 studenti che proviene ed è radicata in ben 17 regioni italiane (e in una manciata di paesi stranieri dell’Europa e del Sud America). La pluralità regionale è, infatti, uno dei tratti della scuola U-Rise, che rende la comunità di studenti, per ¾ al femminile, una rete nazionale e internazionale fortemente ramificata.
L’altro elemento distintivo è l’interdisciplinarietà: architetti (60%) ma anche una forte componente di studenti dalle scienze sociali e umane (sociologia, antropologia, arte, letteratura, geografia umana): esperti di spazio che cercano di dare valore all’azione e alle pratiche sociali e esperti di sociale che cercano di dare concretezza e fisicità alle proprie competenze, mettendole al servizio della costruzione di spazi materiali e di territori. Una comunità plurale allo stesso tempo fortemente coesa per modo di intendere e praticare la rigenerazione urbana e più in generale le trasformazioni sociali, spaziali e territoriali.
Una comunità che è composta anche da ben 87 docenti che si sono avvicendati in questi primi 4 anni, anch’essi con differenti provenienze disciplinari e provenienti in particolare da tre mondi: l’accademia italiana e europea, le istituzioni locali, nazionali e internazionali, il mondo dei practitioner, cioè i protagonisti di processi e progetti sul campo.
La comunità di U-Risers, nella seconda giornata, ha iniziato a co-progettare i prossimi passi di un percorso tutto da costruire: nuovi incontri e momenti di scambio nei contesti più interessanti in Italia e all’estero e una piattaforma digitale in cui coltivare questa nascente comunità professionale, all’interno e all’esterno del percorso del Master.
Due giorni intensi, dal punto di vista emotivo e per i contenuti e le progettualità emerse. Un nuovo importante passo di una rete che prova ad aggiungere la propria massa critica per rafforzare un campo, quello della rigenerazione e dell’innovazione sociale, che ha bisogno di eliminare ambiguità e esprimere chiarezza. Una comunità professionale in cammino che segna la strada verso un forte e strutturale up-scaling pubblico.
Dalla prossima settimana pubblicheremo una serie di approfondimenti in collaborazione con il Master U-RISE dell’Università Iuav di Venezia sul rapporto tra rigenerazione urbana e innovazione sociale. La serie vuole discuterne gli impatti socio-spaziali, raccontare pratiche virtuose e allo stesso tempo imparare da ciò che non ha funzionato. I docenti del Master U-Rise Elena Ostanel, Adriano Cancellieri e Ezio Micelli (Università Iuav di Venezia), Ilda Curti (IUR – Innovazione Urbana e Rigenerazione), Martina Bacigalupi (The Fund Raising School) e Nicoletta Tranquillo (Kilowatt Bologna) ci accompagneranno in queste settimane con le loro analisi e riflessioni.