A chi viene a casa mia per la prima volta, scopre la mia biblioteca e non trova niente di meglio che chiedermi “li hai letti tutti?”, io ho diversi modi di rispondere.
Uno dei miei amici rispondeva “di più, signore, molti di più”.
Per parte mia, ho due risposte. Una è “no, questi sono solo quelli che devo leggere la settimana prossima. Quelli che ho già letto sono in università. La seconda risposta è: “Non ho letto nessuno di questi libri. Altrimenti perché li terrei?1Jean Claude Carrière, Umberto Eco, Non sperate di liberarvi dei libri, Milano, La Nave di Teseo, 2017.”
Il percorso più lungo in cerca del libro più lontano.
È questo il viaggio che facciamo nella biblioteca privata di Umberto Eco con lui, dietro di lui, in una sequenza affascinante e ormai iconica, che è quella che dà il via a “Umberto Eco. La biblioteca del mondo” il film di Davide Ferrario in uscita oggi al cinema, una produzione Rossofuoco in collaborazione con Rai Cinema, presentato dalla scuola di scrittura Belleville e distribuito da Fandango.
Poi il Professore si ferma, trova quel libro – a me pare di riconoscere Champollion. Une vie de lumières di Jean Lacouture pubblicato da Grasset, ma potrei sbagliare – lo apre e nella sequenza successiva ascoltiamo per la prima volta la sua voce: “La biblioteca è effettivamente simbolo e realtà di una memoria collettiva”.
Tutto il film ruota intorno a questa prima battuta e tanto è affascinante e complessa questa idea di biblioteca che inevitabilmente ha stimolato e stimolerà tante e diverse interpretazioni. Per esempio mi piace ricordare la mostra dello scorso anno L’idea della Biblioteca. La collezione di libri antichi di Umberto Eco alla Biblioteca Nazionale Braidense, con la curatela scientifica di James Bradburne e degli specialisti del Centro internazionale di studi umanistici “Umberto Eco” di Bologna, Riccardo Fedriga, Anna Maria Lorusso, e Costantino Marmo dell’Università di Bologna e di Valentina Pisanty dell’Università di Bergamo, che ha esposto 82 volumi, di cui 62 del Fondo libri Umberto Eco, 19 della collezione Biblioteca Braidense e 1 del The Warburg Institute2L’idea della biblioteca. La collezione di libri antichi di Umberto Eco alla biblioteca Braidense, a cura di J. M. Bradburne Milano, Scalpendi, 2022..
Il film di Ferrario è un incredibile viaggio che parte dalla biblioteca privata di Umberto Eco – oltre 1300 libri antichi, tra cui 36 incunaboli3Per un approfondimento rimando a Angela Nuovo, Aldo Coletto, Gli Incunaboli Di Umberto Eco, “AIB Studi”, 62 (2022), n. 1, p. 9-25. https://doi.org/10.2426/aibstudi-13386. provenienti dalla “Bibliotheca semiologica, curiosa, lunatica, magica et pneumatica”, come la chiamava Eco, custoditi oggi dalla biblioteca Braidense di Milano e oltre 35.000 volumi “di lavoro” destinati alla biblioteca universitaria di Bologna – e che attraversa i suoi scritti, i suoi pensieri, le sue ricerche e le sue immaginazioni per arrivare ad alcune delle più belle biblioteche del mondo.
Dal grande appartamento a forma di anello con vista sul Castello Sforzesco, dallo studio di Eco – la “Stanza degli antichi”4Lo “Studiolo Umberto Eco” è oggi riprodotto alla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano. dedicata alla collezione di libri pregiati, senza telefono, senza computer, con gli spartiti e i flauti – si arriva alla Biblioteca Reale di Torino; alla Braidense di Milano; ancora a Torino alla Arturo Graf, alla Biblioteca Norberto Bobbio e all’Accademia delle Scienze; alla Biblioteca Comunale di Imola; alla Biblioteca Centrale di Ulm (Stadtbibliothek Ulm) nell’avveniristico edificio in vetro a forma di piramide e sempre a Ulm alla Bibliothekssaal del Kloster Wiblingen; e poi all’iconica Biblioteca civica di Stoccarda (Stadtbibliothek Stuttgart); alla Stiftsbibliothek dell’Abbazia di San Gallo; all’incredibile Biblioteca Vasconcelos di Città del Messico con le scaffalature che sembrano sospese a mezz’aria con un enorme scheletro di balena appeso al centro della biblioteca; e infine alla nuova biblioteca di Tinajin, una delle municipalità più popolate della Cina, soprannominata “L’occhio”5Si veda Maurizio Vivarelli, Utopie, biblioteche, nuove utopie: lo spazio della biblioteca in una prospettiva circolare, “Biblioteche oggi Trends”, 7 (2021), n.2, p. 7-18, http://www.bibliotecheoggi.it/trends/article/view/1282.
È un viaggio questo che abbiamo già in parte assaggiato. Tornano alla mente due bellissimi volumi fotografici: Biblioteche di Candida Höfer e Il fascino delle biblioteche di Massimo Listri, aperti entrambi non a caso dal De Bibliotheca di Umberto Eco6Cfr. Candida Höfer, Biblioteche, Milano, Johan & Levi editore, 2006; cfr. Massimo Listri, Il fascino delle biblioteche, a cura di Miria Mazzetti, Società Editrice Umberto Allemandi, 2002..I n alcuni di questi luoghi magici nel film di Ferrario prendono vita monologhi teatrali ironici e brillanti, tra erudizione e entertainment, come solo Eco sapeva fare con la sua scrittura, tratti appunto dagli scritti del Professore e interpretati da Giuseppe Cederna (Perché Kircher?), Paolo Giangrasso (Para, peri, epi), Niccolò Ferrero (Come inizia, come finisce), Walter Leonardi (Autori di quarta dimensione), Zoe Tavarelli (Shakespeare era per caso Shakespeare?), Mariella Valentini (Il codice Temesvar)
Davide Ferrario, che con Umberto Eco aveva collaborato per una videoinstallazione alla Biennale Arte di Venezia un anno prima della morte del Professore, il 19 febbraio 2016, ha avuto accesso alla biblioteca grazie ad una stretta collaborazione con la famiglia e racconta in questo film la passione di Eco per i libri e la biblioteca come “forza propulsiva del suo pensiero”.
Lo fa, attraverso tre capitoli (1.Ricordare; 2. Raccontare; 3. Mentire) e un Epilogo, uscendo dagli schemi: “Se ripenso a come abbiamo iniziato a pensare al film – dice Ferrario – e cioè in maniera molto rigida e schematica, in cui ogni sezione della biblioteca doveva essere illustrata da un grande intellettuale amico di Eco. Sarebbe stato un film molto letterario, temo; e anche piuttosto noioso. Ho proposto che queste eventuali interviste ai Grandi Nomi fossero almeno filmate come conversazioni tra loro e i diretti interessati, per renderle meno ingessate. Da lì in poi qualcosa si è sciolto ed è diventato chiaro che non c’era nessuno meglio di chi viveva o aveva vissuto sotto lo stesso tetto della biblioteca per parlarne; e così non solo Renate, la consorte, e i figli; ma anche i nipoti, perfino la più piccola che – come si vede nel film – vive la biblioteca a modo suo, un gioco da bambina. L’importante era che, come viene detto, la biblioteca non fosse narrata solo come un deposito o un archivio, ma come una cosa viva”7L’intervista a Ferrario è contenuta nel pressbook del film..
E appunto come cosa viva vengono trattati i libri: così alla memoria organica – registrata, custodita ed elaborata dal nostro cervello – e alla memoria minerale – quella del silicio dei nostri computer – Eco affianca una memoria vegetale8Si rimanda a Umberto Eco, La memoria vegetale e altri scritti di bibliofilia, Milano, La Nave di Teseo, 2018., ovvero quella che si concretizza nella biblioteca e l’insieme delle biblioteche altro non è che la memoria dell’umanità.
Il più grande merito di questo film è che accende tanti diversi livelli di lettura, come insegna Eco semiologo – per me Eco è prima di tutto il ricordo del Trattato di semiotica generale nelle aule dell’università: il segno è tutto ciò che può essere usato per mentire – e tanti diversi percorsi di approfondimento, ricordando il presupposto di tutto questo: leggere significa avere curiosità intellettuali e dunque semplicemente essere vivi.
Immagine di copertina: ph. © Giovanna Silva che ringraziamo per la disponibilità