Per parlare davvero di arte pubblica dobbiamo andare oltre la street art

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    Prosegue la nostra inchiesta attorno al mondo della street art e alle sue “regole”. Con la collaborazione del giurista Giovanni Maria Riccio che ha avviato il tema partendo da un convegno presso lo Studio Legale E-Lex sul rapporto tra Street art e arte pubblica. Da questo incontro è nato il progetto ExP, lanciato, oltre che da E-Lex con Giovanni Maria Riccio, da M.U.Ro. (Museo di Urban Art di Roma) con David Daviù Vecchiato e YoCoCu (YOuth in COnservation of CUltural Heritage) con Laura Rivaroli.

    Oggi incontriamo Ilde Forgione, in servizio alle Gallerie degli Uffizi, e attualmente Cultrice della materia per l’insegnamento del Diritto Amministrativo presso l’Università di Pisa. I suoi studi si concentrano su amministrazione digitale, concessioni di beni pubblici e sviluppo urbanistico sostenibile.

    Leggi qui il precedente intervento: Street Art o Arte Pubblica? Dal vandalismo alla valorizzazione dell’arte negli spazi pubblici

    “Street art o arte pubblica” le due azioni sono in contrapposizione?

    So che probabilmente sarò una voce fuori dal coro ma per me vi è una differenza tra le due espressioni. Nel senso che il concetto di arte pubblica, include una variegata gamma di manifestazioni artistiche che non può essere appiattita sulla street art.

    L’arte negli spazi pubblici, generalmente include opere di grandi dimensioni, come i monumenti ed i murales, ma include altre declinazioni, come la musica o le performance. L’espressione racchiude genericamente le manifestazioni artistiche svolte all’esterno, che hanno lo spazio urbano come luogo di azione, ma credo che sia talmente generica da includere più o meno qualsiasi forma d’arte destinata ad essere fruita dalla collettività indistinta.

    Anche il graffitismo è diverso dalla street art perché, pur avendo la stessa modalità espressiva e pur essendo entrambe manifestazioni clandestine e non autorizzate, il graffitismo delle origini consisteva essenzialmente in una forma di forte contestazione sociale, che si manifestava anche come protesta incivile (le firme sui muri, sui treni, nei bagni pubblici).

    Il graffitismo, a mio modo di vedere e con tutti i dovuti distinguo storici, esprime la volontà di manifestare la propria esistenza, proprio come avveniva con i graffiti preistorici. L’uomo che afferma il suo diritto ad esistere lasciando un segno di sé – l’impronta di una mano su una parete rocciosa o la propria firma con lo spray su un treno – d’altra parte quella di comunicare è sempre stata un’esigenza primaria dell’uomo.

    il concetto di arte pubblica non può essere appiattito sulla street art

    Mentre la street art è una protesta più codificata, decisamente più dialogante con il contesto in cui viene attuata. Certo, il gesto è il medesimo, ma credo che quando si parla di arte e di manifestazioni artistiche il perché di un certo gesto sia essenziale.

    Come le distingueresti?

    Se vogliamo provare a dare una definizione più netta della street art, per me rappresenta una forma di arte attuata nei luoghi pubblici, ma come espressione di un singolo individuo pensante (l’artista), che riflette e spinge a riflettere su un certo tema o che manifesta la sua visione del mondo.

    Gli artisti sono indipendenti, vi è una forma di contestazione ma contenuta, nel senso che ormai gli artisti tengono comunque in considerazione i mass media per diffondere la conoscenza dell’opera. Nella mia percezione vi è una volontà di comunicare, ma unita al rispetto per il quartiere in cui l’opera va a collocarsi e per la collettività che lo vive. D’altra parte spesso si tratta di artisti nati e cresciuti nelle periferie, che vengono da ambienti famigliari difficili e che sentono essi stessi la necessità di dare una identità a spazi urbani che ne sono privi attraverso strumenti non convenzionali.

    Nella mia visione la definizione di arte pubblica, come già accennato, ha un perimetro frastagliato e in continua espansione che include tutte le espressioni artistiche che mettono al centro il territorio e lo spazio urbano pubblico, sia che si tratti di progetti promossi da enti pubblici o privati, sia che si tratti di azioni autogestite di artisti ma, in generale, volti ad animare, a vitalizzare e – a volte – anche a riqualificare lo spazio pubblico. Insomma, in questa espressione è racchiusa una concezione dell’arte come rivolta più direttamente ai cittadini, cosa che non necessariamente è la street art, in modo che le diverse manifestazioni diano vita ad un valore culturale riconoscibile e riconosciuto dalla comunità che vive quei luoghi.

    La presenza di un messaggio sociale o identitario può essere il collegamento tra street art e arte pubblica in generale, dal momento che ogni intervento realizzato in uno spazio pubblico innesca un processo critico nell’immaginario collettivo e influenza la quotidianità di chi vive un certo spazio.

    Come si è evoluto il concetto di copyright per le creazioni artistiche?

    Credo che sul punto ci sia un po’ di confusione ed anche mancanza di consapevolezza sia da parte degli artisti che dei fruitori delle opere. Nel senso che l’uso e la condivisione privata, sui social e genericamente attraverso la fotografia non può che essere libero, anche perché questo favorisce la diffusione delle opere e quindi la loro valorizzazione.

    Altro è lo sfruttamento commerciale di queste. Nel caso dell’utilizzo a fini commerciali la legislazione sul copyright può senz’altro essere applicata. Il fatto che le opere siano realizzate illegalmente non rileva ai fini della proprietà intellettuale e dei diritti di sfruttamento; per il diritto d’autore rileva l’originalità dell’opera, per cui chiunque intende sfruttare commercialmente un’opera, ovunque realizzata, di un autore identificato deve ottenere l’autorizzazione da parte di questo.

    È importante quindi che ci sia consapevolezza sulla possibilità di tutelare la propria creazione da sfruttamenti non autorizzati e lesivi della propria immagine, da parte degli artisti che si vedono accostati a marchi e prodotti vari, ma anche che vi sia consapevolezza da parte di aziende e istituzioni culturali del fatto che le opere di street art non sono libere solo perché realizzate in spazi pubblici ed in modo abusivo. Al contrario, essendo il frutto dell’elaborazione originale di un artista queste sono protette dal diritto d’autore dallo sfruttamento non autorizzato, al pari delle altre forme di espressione della creatività.

    Ha senso che un oggetto/azione artistica venga regolata legislativamente?

    Il tema è spinoso anche perché, nel caso specifico della street art, questa si declina in molteplici forme. Tuttavia, l’arte deve essere tutelata – magari con forme meno invasive di quelle del Codice – altrimenti si rischia che si perda. Secondo me alcune opere di street art meritano una forma di tutela, se non altro per la forte funzione identitaria, di denuncia o di inclusione sociale che possiedono.

    Certo, mi si potrebbe chiedere come si selezionano allora le opere da tutelare ed a chi spetta la selezione. Io credo che il valore culturale sia un processo, non è un qualcosa di immediatamente percepibile ma è una consapevolezza che si crea nel tempo. Nel caso della street art, questa dà valore al luogo e serve per identificarsi in esso. La legge interviene dopo, là dove la società è già arrivata a riconoscere valore ad una certa espressione, per questo è importante il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini nella valutazione dell’impatto di un’opera d’arte che comunque rappresenta la visione del mondo di un singolo, ma ha effetti sulla vita della comunità.

    In questo contesto ha molto senso regolare la street art per evitare arbitri nella rimozione delle opere e nella persecuzione degli autori ed interpretazioni contrastanti nella definizione di cosa sia arte e cosa no. Anzi, proprio per tutelare quegli interventi artistici che hanno un alto valore comunitario o artistico può essere interessante provare a definire il fenomeno ed a regolarlo, magari con norme di indirizzo.

    Come può essere declinata in legislatura la valorizzazione? Come evitare che sia sempre sinonimo di consumo o sfruttamento?

    Non credo che la valorizzazione sia sempre sinonimo di consumo e sfruttamento. Anzi, senza la valorizzazione non potrebbe esserci tutela e, di conseguenza, conservazione. Anche i grandi musei ormai perseguono la tutela attraverso la valorizzazione. Tutto sta nel come si declina la valorizzazione; nel caso della street art anzi questa diventa essenziale per il riconoscimento del valore artistico, culturale e sociale dell’opera. In questo caso quindi la valorizzazione, proprio perché ha un ruolo attivo nella conoscenza e nella comunicazione, precede la tutela e contribuisce a far nascere la consapevolezza della necessità di preservare ed a far fruire l’opera.

    Bisogna muoversi da una definizione per selezionare cosa è interesse pubblico tutelare e cosa non lo è

    Nel caso specifico credo che sia importante intanto cercare di dare una definizione di cosa sia street art, poi si tratta di capire quali valori sociali o artistici si vogliono trasmettere attraverso questo tipo di espressione.

    Come dovrebbe declinarsi una legge sulla street art?

    Come sempre, bisogna muoversi da una definizione per selezionare cosa è interesse pubblico tutelare e cosa non lo è. Una legge sul tema dovrebbe poi essere inserita all’interno del Codice dei Beni Culturali, per essere sottoposta agli stessi principi e criteri, in modo da avere omogeneità nella regolazione delle diverse forme di arte.

    Credo poi che sarebbe utile proporre forme di tutela, come un vincolo paesaggistico “leggero”, per i quartieri in cui sono presenti più opere di uno o più artisti in dialogo tra loro e che, nel complesso, compongono una visuale caratteristica e riconoscibile, identitaria appunto.

    Per le singole opere invece credo che potrebbe essere utile apporre un vero e proprio vincolo a protezione dell’opera dalla decisione di distruggerla del proprietario del muro. In questo senso si potrebbe pensare ad una procedura diversa da quella prevista per i beni culturali tradizionali, una procedura condivisa che preveda il confronto con la collettività che vive il luogo dove l’opera è collocata (palazzo, strada, quartiere..).

    È molto interessante l’idea del prof. Giovanni Maria Riccio circa l’istituzione di una Commissione di artisti ed esperti, idea che potrebbe essere in sintonia con quella di consultare con procedure partecipative gli abitanti del luogo interessato dalla procedura di tutela.

    Come si può favorire la street art?

    Per favorire l’arte di strada penso sia essenziale l’intervento pubblico attraverso dei progetti. Anche se la street art rimane per lo più illegale e spontanea serve un intervento pubblico per divulgarla, farla conoscere e, in qualche modo, tutelarla. Questo tipo di intervento può essere appoggiato anche da privati ma deve essere la parte pubblica a farsi promotrice attraverso progetti di mappatura, segnalazione e divulgazione, perché rappresenta la collettività che in quello spazio urbano vive. Di conseguenza, penso che sia importante il coinvolgimento dei cittadini nella selezione di cosa valorizzare e tutelare e cosa no.

    Anche se la street art rimane per lo più illegale e spontanea serve un intervento pubblico per divulgarla

    In questo senso aiuterebbero anche forme di conoscenza e insegnamento attraverso percorsi educativi nelle scuole. Se diversi tour operator (penso a Firenze) organizzano tour di street art non vedo perché non dovrebbero farlo le scuole. Questo favorirebbe la conoscenza dei luoghi quotidiani, la consapevolezza del proprio spazio urbano la comprensione di questa forma di espressione e, perché no, anche un certo orgoglio.

    Come è messa la legislazione Italiana? Quale è la legislazione più avanzata?

    Non sono una grande esperta delle altre legislazioni, ma mi sembra che per lo più la protezione avvenga per il tramite del diritto d’autore. Manca in generale una normativa ad hoc che protegga e valorizzi questo tipo di opere.

    In Italia siamo molto lontani dall’avere una legislazione in questo senso, forse perché la nostra impostazione tende più a tutelare il passato storico, che non a valorizzare il presente dell’arte. È un grande limite, che ha delle ricadute anche nella possibilità di vivacizzare i centri storici e rivitalizzare le città d’arte. Firenze, ad esempio, a parte qualche recente lodevole sforzo da parte delle istituzioni locali e nazionali, è tutta incentrata sul Rinascimento, mentre si potrebbe favorire una rivitalizzazione della città attraverso questo tipo di azione artistica.

    Ci sono degli escamotage normativi nel Codice attraverso cui si potrebbe tentare una tutela della street come bene architettonico, ma servirebbero norme apposite per cambiare l’impostazione generale ed aprirsi anche alle manifestazioni artistiche più recenti, non solo la street art.

    Note