Ascoltare, Riflettere, Progettare: idee e proposte per una finanza culturale ad impatto sociale

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    Cultura, arte e creatività rappresentano una componente essenziale della struttura economica e sociale del nostro Paese, producendo impatti che non si possono ignorare e con potenzialità di sviluppo ancora trascurate. Osservando i dati Symbola sul Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano, possiamo notare come nel 2017 l’intero sistema abbia prodotto un valore aggiunto di 92 miliardi di euro, di cui 33,6 miliardi da parte delle sole industrie culturali e creative (ICC). Un dato comprensivo del valore prodotto dalle filiere del settore, ma anche di quella parte dell’economia che beneficia di cultura e creatività e che da queste viene stimolata, a cominciare dal turismo. Una ricchezza che si riflette in positivo anche sull’occupazione: il solo Sistema Produttivo Culturale e Creativo genera lavoro per un milione e mezzo di persone, rappresentando il 6,1% del totale degli occupati in Italia. Questi risultati sono stati raggiunti grazie al contributo di tutte le organizzazioni che gravitano intorno alla cultura, dal mondo privato alle istituzioni pubbliche, che svolgono un ruolo cruciale per la valorizzazione del patrimonio storico e artistico del nostro Paese, fino ad arrivare al mondo del no profit (particolarmente presente nelle performing arts).

    In collaborazione con Nesta Italia

    Tuttavia, malgrado questa forte impronta sull’economia del nostro Paese, il settore fatica a promuovere modelli di innovazione che durino nel tempo e che possano generare valore nel lungo periodo. Perchè?

    È la domanda che Nesta Italia sta cercando di rispondere dopo quasi un anno dall’approdo in Italia, con l’iniziativa Fu/iNDING CULTURE. Abbiamo immaginato che entrare in contatto con il settore e conoscerne le caratteristiche poteva essere un intervento ottimale per un’organizzazione appena entrata in un contesto frastagliato e per sua natura particolare. Abbiamo parlato con hub culturali, operatori, investitori, fondazioni, incubatori e abbiamo capito che esistono tre principali fattori che frenano la crescita, in ordine di importanza e consequenziali:

    1. Difficile accesso a risorse finanziarie;
    2. Carenza di competenze contabili e gestionali;
    3. Poco accento sulla sostenibilità economica delle iniziative e delle diverse attività, sull’impatto e la programmazione di lungo periodo.

    Tra questi, il problema della liquidità è un problema sentito da qualsiasi operatore nelle prime fasi di sviluppo, ancor di più se si tratta di iniziative ed attività in ambito creativo che hanno una funzione sociale e culturale, difficili da valorizzare in termini economici e dunque di difficile rendimento.

    Gli strumenti disponibili per un operatore culturale, che sia un’associazione, una cooperativa sociale, una startup, ecc. si possono riassumere in tre macro-categorie:

    • Contributi a fondo perduto erogati da operatori pubblici e privati
    • Finanza rimborsabile: mutuo, scoperto bancario, altri prestiti garantiti, prestito non garantito, capitale proprio (incl. private equity, schemi di investimento, quasi-equity, bond, equity crowdfunding)
    • Donazioni private (incluse donazioni individuali, donazioni di aziende e sponsorships, e trust e fondazioni)

    I contributi a fondo perduto, non prevedendo la concessione di garanzie e il rimborso del capitale ricevuto, rappresentano il percorso preferenziale per molte organizzazioni. Tuttavia, ci sono degli elementi da tenere in considerazione quando si accede a questa tipologia di strumento. Nelle esperienze che hanno contraddistinto la stagione passata di finanziamento alle organizzazioni artistiche, culturali e creative possiamo osservare come i potenziali beneficiari hanno dovuto rispondere a requisiti con basse barriere d’accesso in termini di capacità gestionali, alle volte aperti a gruppi informali che si impegnano a costituire un soggetto giuridico in caso di approvazione del progetto. Sono stati sempre più indirizzati in termini di scopo (es. solo progetti di rigenerazione urbana), talvolta con criteri inerenti alla tipologia di organizzazione e all’età dei proponenti (es. solo no profit e under 35), finanziati con scaglionamenti di micro-contributi all’inizio del progetto, con l’erogazione del saldo a fine del progetto e sostenuti con risorse in-kind sulla formazione nel supporto alla realizzazione dei progetti. Nel caso dei bandi pubblici, spesso il contributo è stato reso disponibile soltanto a fine progetto, dopo che l’ente beneficiario ha presentato i risultati con rendicontazione, a volte dopo 1 o 2 anni dalla chiusura del progetto.

    È chiaro che questa offerta di risorse finanziarie può creare problemi di liquidità agli operatori culturali, con cui fanno spesso fronte esponendosi a scoperti finanziari con gli istituti di credito, anticipando fatture, spesso offrendo garanzie personali.

    Il contributo a fondo perduto rappresenta sicuramente uno strumento necessario per quei tipi di attività altamente sperimentali o per quei progetti che per loro natura adempiono a bisogni sociali, faticando nel trovare modelli di business sostenibili.

    D’altro canto i bandi rappresentano uno strumento saltuario, spesso impostato su competizioni che includono ed escludono vincitori in una competizione che non prevede per forza meccanismi premianti per chi sviluppa progetti sostenibili con impatti di lungo periodo.

    Per questo motivo la nostra riflessione ci porta a ripensare nuovi strumenti di sviluppo per le organizzazioni artistiche e culturali che possano affiancarsi ai bandi, in particolar modo indirizzati ad iniziative di lungo periodo, allo sviluppo di una solida attitudine imprenditoriale ed una definita struttura finanziaria del proprio business.

    Le donazioni sono certamente uno strumento percorribile e sicuramente il più semplice da un punto di vista gestionale, ma sono ancora poche in termini di numeri quelle organizzazioni artistiche e culturali che riescono ad accedere a donazioni in via continuativa.

    Considerato l’impatto e la buona riuscita del fondo Arts Impact Fund a Londra, che sostiene progetti di crescita nel settore artistico e culturale ad impatto sociale con prestiti rimborsabili (senza la necessità di presentare garanzie), stiamo considerando lo strumento del finanziamento come mezzo per ovviare alle criticità che abbiamo osservato sul territorio italiano. Focalizzando la propria attenzione sulla forza imprenditoriale dei progetti rispetto alle sole organizzazioni, una validità che si concretizza in un percorso che abbina impatto sociale, modello di business e solidità finanziaria.

    Con questa impostazione, l’Arts Impact Fund a Londra ha sostenuto 22 progetti presentati da musei, teatri, gallerie e altri soggetti che hanno proposto iniziative di crescita in ambito artistico e culturale presentando un piano di sviluppo che potesse dimostrare ritorni finanziari, artistici e sociali, indipendentemente dalle altre attività intraprese dal soggetto beneficiario e dalle posizioni debitorie accese.

    È interessante notare che di queste iniziative una buona parte ha utilizzato soluzioni digitali per supportare questa crescita sostenibile. Il Fondo ha funzionato come mezzo per sfruttare le tecnologie e modelli innovativi di fruizione e promozione di arte e cultura, con un focus marcato sull’impatto sociale.

    Nella vision proposta da Nesta, la concessione di un prestito rimborsabile sulla base di un piano di crescita solido, spinge ad adottare un atteggiamento imprenditoriale e a un forte ragionamento in termini di sostenibilità dei progetti. In questo modo, prevedendo un’entrata nelle casse dell’organizzazione culturale e risolvendo il problema di liquidità.

    Rimane aperta la questione dello sviluppo delle competenze di business, per cui potrebbe essere necessaria un’attività di affiancamento alle organizzazioni artistiche e culturali capace di accompagnarle verso lo sviluppo di un piano di crescita credibile.

    L’Arts Impact Fund è quindi uno strumento applicabile al contesto italiano?

    Vorremmo poter rispondere di sì, ma la verità è che ancora non lo sappiamo. Sicuramente è un modello che ha ispirato la nostra ricerca dal nostro arrivo fino ad oggi, è un esempio di successo, ma siamo convinti che ci sia bisogno di un ‘adattamento’ perché possa essere rilevante nel contesto Italiano.

    In linea con quello che è l’approccio di ricerca di Nesta, fin dai primi mesi di attività ci siamo messi al lavoro per osservare un territorio ricco di talento e creatività come quello italiano, dialogando con gli attori del settore artistico e culturale, smontando la nostra idea e ricostruendola, con l’idea di lavorare con una metodologia di open innovation, aperta ai re-driving e ai feedback ricevuti dal contesto.

    L’attività che più ci sta aiutando in questa fase di brainstorming prima di lanciare il progetto Fu/iNDING CULTURE (il nome che abbiamo dato a questa iniziativa in Italia), è stato il lancio della nostra survey finalizzata a capire i bisogni finanziari del settore artistico e culturale in Italia e la loro attitudine a sviluppare progetti ad impatto sociale.

    Il survey è stato ideato tenendo a mente i seguenti obiettivi:

    • Capire i bisogni finanziari di tipologie diverse di soggetti operanti nel settore culturale, artistico e creativo (abbiamo aperto anche a questa categoria per capire se indirizzare il nostro ‘fondo’ anche a questi soggetti). La survey è aperta indistintamente ad attori profit e non-profit, di diverse dimensioni, l’unica condizione è che il rispondente compili il questionario per conto di un’organizzazione e non di un singolo;
    • Capire quali tipologia di organizzazioni hanno utilizzato e comprendono gli strumenti di prestito rimborsabile e quali no, per capire il tipo di intervento (es. capire se è necessario promuovere l’educazione in queste tematiche)
    • Capire l’attitudine del settore a svolgere progetti ad impatto sociale

    Queste informazioni ci permetteranno di affinare il nostro target per i diversi tagli di finanziamento. Solo finanziamento? Fondo perduto e finanziamento? Fondo perduto, finanziamento e capacity building? Queste sono solo alcune delle domande che ci stiamo ponendo e a cui vorremmo rispondere nei prossimi 2-3 mesi grazie all’indagine che vi sollecitiamo a compilare e alle conversazioni che continueremo ad avere con organizzazioni artistiche e culturali, potenziali partner e investitori. Pianifichiamo di lanciare questa iniziativa all’inizio dell’estate 2019.

    A tal proposito, se interessati, non esitate a contattarci perché stiamo cercando partner e investitori che sposino l’iniziativa e possano lavorare insieme a noi alla realizzazione di questo ambizioso progetto, per validare e discutere a partire dai dati raccolti da queste nostre prime esplorazioni.


    Immagine di copertina: ph. Samuel Zeller

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