Milano con gli occhi del quartiere: una guida all’indagine della città

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    La Scuola dei Quartieri è un progetto del Comune di Milano. Vuole far nascere progetti e servizi, ideati e realizzati dai cittadini per migliorare la vita dei quartieri e cambiare le periferie, valorizzando l’energia, la creatività e l’intraprendenza degli abitanti. La Scuola dei Quartieri aiuta le persone che vogliono fare qualcosa di utile, nuovo e sostenibile per la città a muovere il primo passo, dando un supporto per trasformare le loro idee in progetti.

    Ci si trova in compagnia

    Sotto i portici del centro

    Alle uscite del metro

    Per guardarci dentro

    E. Ramazzotti, Un cuore con le ali, 1986

    (citato in esergo a M. Sernini, La città disfatta, Angeli, Milano, 1988)

    Per candidare una idea alla Scuola dei Quartieri, bisogna essere almeno in due: non è escluso che da soli si possano avere buone idee, però con altri in genere vengono meglio. Inoltre è opportuno che tra i proponenti e il quartiere scelto come campo di intervento si apra un confronto: perché le idee che vogliono generare impatto sociale non vivono in isolamento, devono, per essere adeguate e pertinenti, confrontarsi con i posti dove agiscono. Tra l’idea e lo spazio che la accoglierà si apre una conversazione riflessiva. È solo attraverso una back-talk conversation (come sostiene Donald Schön), che le idee prendono forma. Coltiviamo aspirazioni su terreni fertili, siamo mossi da urgenze quando percepiamo una situazione problematica, diamo forma a intenzioni se scorgiamo opportunità di intervento.

    Per facilitare questo confronto, la Scuola dei Quartieri ha preparato una Guida all’indagine locale, che invita chi si avvicina alla Scuola a esplorare con curiosità la città, alla ricerca di conferme e di fertili smentite. Le indicazioni della Guida sono organizzate in due sezioni, che riproducono due mosse dello sguardo: quella dall’alto e dall’esterno, e quella da dentro e al livello della strada.

    La prima sezione segue il movimento dell’avvicinamento: è come quando abbiamo la fortuna di visitare città che hanno un belvedere o edifici alti da cui osservare la vita che scorre di fronte e sotto di noi, il nostro sguardo abbraccia l’intero orizzonte e poi con l’aiuto di un cannocchiale si fissa su un particolare. Dopo ci viene voglia di scendere e di entrare nel corpo della città: farci prossimi alle persone e alle cose, entrare nel flusso, partecipare alla folla.

    Grazie alla Guida sarà possibile comprendere che un quartiere è un «fatto sociale formato nello spazio». I dati socio-demografici e territoriali sono fonti di conoscenza importanti, così come le informazioni sulla storia del quartiere, sui progetti (in corso o ancora sulla carta), sulle politiche pubbliche, sulle questioni in agenda (problemi, richieste dei cittadini), sugli attori che vi operano (associazioni, gruppi, cooperative, imprese sociali, ecc.). La Guida invita a prendere confidenza con strumenti tecnici (il geoportale del Comune di Milano) e con nozioni non immediate (i Nuclei di identità locale in cui è suddivisa la città). Suggerisce che fare una capatina nelle biblioteche civiche, alla ricerca di testi sul quartiere, può essere una scoperta appagante. Poi, certo c’è anche il web…

    La Guida afferma che, per conoscere un quartiere, conviene iniziare a esplorarlo grazie ad una foto satellitare, che mostra la sua grammatica e la sua sintassi: gli elementi di cui è composto, l’edificato e gli spazi aperti, le strade e gli alberi, ma anche la localizzazione dei servizi (pubblici e privati), le attività produttive, le attrezzature collettive. La “città a un quarto d’ora”, di cui tanto (opportunamente) parliamo, si può costruire iniziando a riconoscerne gli elementi da cui partire.

    Un quartiere inoltre è fatto da chi lo abita o lo frequenta; da chi si occupa dei suoi problemi e valorizza le sue risorse; da chi vede i problemi e da chi prova a risolverli; da chi subisce le difficoltà e non ha le risorse per affrontarle. Si possono cercare informazioni sui social: quanto se ne parla e in che modo? Ci sono reti locali attive o gruppi di mutuo aiuto? Ci sono social street? Ci sono associazioni, gruppi informali che promuovono iniziative per e con il quartiere? Qual è il clima della discussione pubblica: c’è ‘patriottismo di quartiere’ (si è orgogliosi di viverci?), oppure se ne parla male («questo quartiere è il Bronx!»).

    La seconda sezione suggerisce il distanziamento: se già conosciamo il quartiere, ci viviamo o lo attraversiamo tutti i giorni, dobbiamo rendere il nostro abitare lo spazio un comportamento consapevole, trasformando la routine in scoperta, disposti a mettere una distanza critica con l’oggetto che pensiamo di conoscere così bene: sarà una sorpresa.

    La Guida sollecita a percorrere il quartiere, a scendere nel corpo della città, ad apprendere attraverso il corpo. Suggerisce di entrare in interazione con altri, con gli spazi e gli attori del quartiere, da interrogare e da cui essere interrogato. Un quartiere è fatto di tante cose: persone, spazi, relazioni tra le persone e tra loro e gli spazi. Per conoscere tali relazioni e capire come funzionano, come le persone utilizzano gli spazi e in che modo questi condizionano (positivamente o meno) quello che fanno, occorre osservare gli spazi e le pratiche d’uso.

    Per entrare in relazione con il quartiere, occorre anche starci dentro, “camminarlo”. Muoversi in un quartiere è una mossa di indagine specifica, perché apre all’eventualità, alla sorpresa, alla scoperta che accade senza essere cercata. Camminare un quartiere ne rivela il corpo: senz’altro quello fisico e poi quello umano. Muoversi a piedi è il modo più efficace: si va dappertutto, al ritmo giusto. Ci si ferma dove si vuole e lo spostamento non è un intervallo tra due tappe, ma uno spazio per imparare.

    Interagire con un quartiere significa incontrare le persone che lo abitano. Avvicinare le persone e indagare le loro pratiche è un modo insostituibile per farsi ispirare, mettere a punto la propria idea, ma anche per metterla in discussione e superarla. I quartieri sono pieni di pratiche innovative. Molte, la Scuola dei Quartieri le ha già mappate: sono le Belle storie. Altre ancora vanno scoperte. La Guida spiega come condurre un’intervista e fornisce consigli su come verbalizzarla.

    In sostanza, la Guida è una indagine su e con i quartieri che la Scuola ha riconosciuto come proprio campo operativo. E svela il senso di quel dei che compare nel nome della Scuola. In che senso, è una Scuola dei quartieri? Il genitivo è possessivo e di origine: la Scuola appartiene ai quartieri, per cui i prodotti cui dà luogo (la definizione dei problemi e dei bisogni, le proposte progettuali che accoglie) devono essere pertinenti rispetto al quartiere; d’altro canto, la Scuola proviene dai quartieri, il suo sviluppo dipendendo dall’interazione con i quartieri, con le pratiche di innovazione che vi ha riconosciuto, con le comunità locali e con gli attori che ha incrociato e contribuito a far emergere.

    In sostanza, la Scuola è dei quartieri, perché convoca lo spazio nel processo progettuale, non vi si applica. Lo spazio è, da questo punto di vista, un partner del processo. La Scuola invita i partecipanti a riguardare al proprio progetto “con gli occhi del quartiere”, a come il progetto si relaziona con i sistemi socio-tecnici che compongono la città: da essi è condizionato, modificato, in una certa misura determinato; ma al contempo è agente di condizionamento, modificazione e determinazione di questi stessi sistemi. La Scuola aspira a costruire, tra progetto e quartiere, un rapporto di co-evoluzione.

    Immagine di copertina da Unsplash

    Note