Camminare per Roma con Simone Cicalone tra quartieri, crimine, pugilato e il popolo

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    Simone Cicalone, nato a Roma all’inizio degli anni Settanta, è un grande appassionato di arti marziali. Pratica da sempre kickboxing e pugilato. Ed è anche uno YouTuber. Il primo video caricato sulla piattaforma risale al 2007: Cicalone testa il sacco a muro appena montato. Uno dei format più seguiti sul canale YouTube di Cicalone è Quartieri criminali. Il titolo è giusto un’esca. È indirizzato al pubblico che in questi anni si è entusiasmato di fronte al racconto della periferia e delle mitologie delinquenziali, proposto da un filone di serialità televisiva (Romanzo criminale, Gomorra, Suburra), celebrato nella produzione e autoproduzione videomusicale trap, infine incarnato da una generazione di personaggi che si muovono tra Instagram, TikTok, Twitch, YouTube e talk show televisivi (Damiano Coccia detto Er Faina, Massimiliano Minnocci detto Er Brasile, Traffik, Gallagher etc.).

    La periferia romana, contestualmente, è diventata il soggetto di un genere giornalistico che ha per protagonista il degrado e la violenza. La somiglianza di Quartieri criminali con un certo repertorio narrativo, in realtà, è solo apparente. La verità è che al di là della linearità della messa in scena, Quartieri criminali è una delle pensate più originali dello YouTube italiano. È un percorso cameratesco e confidenziale dentro le storie di individui adulti, spesso provati dall’incontro con la galera e la tossicodipendenza.

    Quartieri criminali è una flânerie sotto il cielo azzurro di Roma e tra le palazzine dei suoi sobborghi periferici. È la riscoperta di un gesto non televisivo come lo è il puro camminare, accompagnato da una quinta di architetture popolari. Lo stile di racconto è piano e tendente all’oggettivo. Non c’è commento musicale, non ci sono grafiche a intervallare la narrazione. Cicalone non incalza.

    La priorità è data alla parola e al piano sequenza. Di tanto in tanto una piazza o un gruppo di edifici si trasforma in una macchia solenne grazie alla ripresa aerea di un drone. È sufficiente il cinguettio di un uccellino, entrato per caso nella diegesi, a smontare anni di cattivo giornalismo sulla decadenza delle periferie. Nelle immagini di Quartieri criminali ci sono tanto l’incuria, lo sfacelo, la corruzione della materia, quanto la grazia inattesa di una panchina o di un Totò disegnato vicino all’ingresso di un bar.   

    Quartieri criminali è una delle pensate più originali dello YouTube italiano

    «Il format si basa tutto sull’ascolto e l’empatia, in modo che le persone riescano a raccontare liberamente, anche fatti personali», così mi scrive via email Cicalone. Accanto a Simone Cicalone c’è un secondo conduttore. Si chiama Mattia Faraoni, kickboxer nato nel 1991, medaglia di bronzo nel 2013 ai mondiali di WAKO (World Association of Kickboxing Organizations). Quartieri criminali nasce come evoluzione degli episodi video dedicati al racconto delle biografie criminali, ma diventa qualcosa di più e di altro. Di puntata in puntata, Cicalone e Faraoni si ritrovano in una strada di Primavalle, a San Basilio o sotto le chiome dei pini marittimi al Quadraro, dentro una panetteria a Torpignattara, alla Marranella, davanti a un’edicola al Tufello con un ex della Magliana, a Val Melaina dove è nato Gigi Proietti e hanno girato Il medico della mutua, e poi al Quarticciolo, a Tor Bella Monaca, ma pure al Corviale, al Laurentino 38, a Ostia tra i relitti di automobili incrostate dal sale. 

    La grammatica di Quartieri criminali è elementare ma efficace. Ogni volta ad attendere Cicalone e Faraoni c’è un gruppetto di nativi del quartiere. Dopo un sommarietto della puntata, Cicalone e Faraoni introducono gli ospiti e il quartiere, quindi segue una battuta, sempre la stessa ma modulata a seconda del contesto («Se ve interessa er Quadraro, la storia der Quadraro, rimanete, semmai venite qua, ce sta ‘er coso, ‘er coso dove fanno i tamponi der Covid, ve prennete un bel tampone e vo’o mettete tra ‘e chiappe»; «Detto questo, se ve interessa Tor Pignattara rimanete, sennò annate qua, ‘ar ristorante bangla, ve fate dà una cosa piccante e va’a mettete tra ‘e chiappe»), dopodichè inizia la camminata vera e propria e l’esplorazione del rione. Davanti ci sono Cicalone, Faraoni e l’intervistato, mentre alle spalle avanza il gruppo degli amici, dei compari, la banda, la crew dell’intervistato, a volte il figlio adolescente dell’intervistato. La seconda fila procede con un passo lento e coreografico, funzionale alla costruzione della scena e alla scansione del ritmo. Avrebbero potuto girare la stessa intervista in studio o seduti in un bar, ma non avremmo visto i giardinetti stretti tra due file di condominii, i passaggi pedonali sopraelevati, l’anziana con la sportina della spesa, la finestra dove abita il tale ai domiciliari, la scritta «Guadagni e fai spettacolo sulla vita della gente, ma delle borgate non te ne frega niente». Ma soprattutto il racconto non si sarebbe aperto all’imprevisto e all’incontro casuale con il passante. 

    «Camminare per Roma è una passione che ho sempre avuto», mi racconta Cicalone, che è nato nel quartiere Africano, dove da ragazzino andava spesso in uno dei due cinema sotto casa, in particolare in una sala gestita da un amico di famiglia. Lì ha avuto la possibilità di guardare tutti i classici degli anni Settanta e Ottanta. «La mia infanzia l’ho passata nel quartiere Africano. Ai tempi il quartiere era flagellato dalla droga. Ho visto i ragazzi più grandi di me e tanti miei coetanei morire o rovinarsi la vita. Era una zona dove convivevano ricchi e poveri, perfino nello stesso palazzo. C’erano tante figure di riferimento per il quartiere ed erano quasi tutte improntate alla criminalità. Negli anni successivi abbiamo cambiato casa e siamo andati in una zona residenziale, ai margini della città. Nonostante ci vivessero persone più rispettabili, c’era una certa carenza di umanità, che invece era presente nel mio quartiere di origine, magari più incasinato e criminale». 

    La naturale curiosità di Cicalone e Faraoni è la stessa che anima i migliori scrittori. La capacità di ascolto e l’abilità nel cavare fuori materia da chi racconta, è una dote rara, che hanno in comune con i giornalisti più talentuosi. Quando capita un momento d’incertezza, Faraoni prende a braccetto l’ospite, per sostenerlo nell’esposizione e dargli fiducia. 

    Le letture preferite di Cicalone sono i libri sulle vite dei grandi criminali, ma anche la divulgazione scientifica dedicata alle questioni di astrofisica. Al libro preferisce il kindle, dove può scaricare da internet tutto ciò che lo colpisce e lo attira. La stessa ampiezza d’interessi sembra descrivere la casualità con cui circostanze diverse, in assenza di filtri, precipitano nel racconto di Cicalone e Faraoni: lo scintillio di una croce celtica al collo di un intervistato, nell’episodio su Primavalle, convive con la discussione sulla N word tra un gruppo di giovani afroitaliani, quasi un momento di autocoscienza, in coda all’episodio girato al Pigneto. È proprio l’assenza di particolari filtri, casuale o meno, a generare l’imprevedibilità e la varietà di accenti di Quartieri criminali.

    Per filmare le lunghe camminate di Cicalone e Faraoni, l’operatore non può che procedere sempre all’indietro. L’operatore non è mai finito in campo, inquadrato, ma per i più appassionati di Quartieri criminali, anche l’operatore è un personaggio. Cicalone lo chiama Kubbrick. «Indietreggiare senza inciampare è una capacità che ha acquisito col tempo e dopo non pochi errori. Considera che possiamo contare anche sull’aiuto di una seconda persona, che è il nostro autore e che ci segue perchè sta scrivendo un format tv basato su Quartieri criminali». 

    Il casting è rapido, spartano, ma a quanto pare Quartieri criminali riesce puntualmente a individuare autentici narratori, come ne esistevano un tempo nei bar, nei luoghi di lavoro e ora sembrano scomparsi (o forse continuano a esistere, ma solamente a Roma o su Facebook). Gli intervistati non si concedono per mettersi in scena o perché lusingati dalla telecamera, ma più per il bisogno di dire di sè, di cacciare fuori il proprio vissuto, o addirittura per l’utilità che può avere per gli altri testimoniare i propri errori. È come se nell’intervistato si animasse un pungolo morale, forse un fondo remoto di cristianesimo o di morale comunista anni Cinquanta, in virtù dei quali ci si confessa, per il bene del popolo e dei romani, perché certi errori non abbiano a ripetersi. Infine ci si concede a YouTube – piattaforma con la quale, forse, gli intervistati più anziani non hanno neppure confidenza – per il dovere di tramandare la memoria del quartiere. Centocelle, San Giorgio di Acilia, Ponte Di Nona. Lo si fa anche perché si ha di fronte qualcuno di cui ci si può fidare. «Grazie all’empatia e ormai anche alla nostra fama di persone corrette, pian piano gli intervistati si lasciano andare e ci raccontano più di quello che ci aspettavamo».

    I ragazzini che seguono Cicalone si ritrovano di fronte a un disinnesco della retorica ordinaria del male e del crimine

    Gli episodi durano tra mezz’ora e cinquanta minuti. Fra i più visti c’è quello su Pietralata, forse perché l’intervistato, in quel caso, era una star della rete: l’ex ultrà Massimiliano Minnocci, oggi sobrio e ripulito rispetto alla performance del 2018, quando in un video è a petto nudo, per strada, circondato da un cordone di poliziotti. Braccato, livido di rabbia, confuso, fuori controllo. Quel giorno sembrava Ranxerox, il coatto sintetico del fumetto di Tamburini e Liberatore.  

    «Ogni puntata cerchiamo di aggiungere qualcosa, sia a livello tecnico che di organizzazione, ovviamente con i limiti di un progetto a budget zero. Mi occupo io della parte tecnica, dalle riprese all’attrezzatura e alla regia, fino al montaggio. Mattia si occupa delle pubbliche relazioni con tutti i partecipanti. Di base siamo tre, io, Mattia e Kubrick, ma abbiamo esteso lo staff ad altri due operatori per i droni, un fotografo, un autore e un secondo cameraman inviato dall’università Nicolò Cusano, che finanzia anche le trasferte. Se siamo bravi, in 24 ore riusciamo a girare, montare e caricare la puntata in rete». Cicalone, in effetti, è un tipo veloce ed efficiente. Nel giro di qualche ora ha risposto alla mail che gli avevo inviato e in tempi stretti mi ha girato le risposte alla lunga serie di domande che gli avevo spedito. 

    Una volta mappati i quartieri criminali, visto il successo del format, Cicalone e Faraoni si sono spostati perfino tra i palazzi liberty di Coppedè, quartiere della Roma bene, e poi hanno sconfinato per una trasferta a Napoli. Scampia, Forcella, Quartieri Spagnoli. 

    Al di là del titolo esca, i ragazzini che seguono Cicalone si ritrovano puntualmente di fronte a un disinnesco della retorica ordinaria del male e del crimine, grazie a un racconto attendibile della sofferenza, dell’errore e del riscatto. L’ex galeotto diventa un sapiente, un illuminato, un maestro di etica e morale. «Il crimine non paga, molte persone che abbiamo incontrato hanno avuto precedenti e vogliono comunicare il rimpianto per una vita vissuta tra la fuga, la droga e il carcere, ricordando magari amici e parenti morti». 

    Precedenti è una parola chiave (così come reati). Spesso Faraoni ci gioca, la usa per edulcorare, per mettere a proprio agio l’intervistato. Precedenti diventa un sinonimo di marachella. Al tempo stesso l’avere precedenti è misura della persona, del suo valore, della sua autenticità, del suo essere degno di rispetto, secondo un codice morale di strada e criminale. Poi, però, mano a mano che si avanza nel racconto, si scende sotto la superficie ed emerge il vissuto concreto: i traumi e le ferite mai richiuse.

    «Ogni quartiere è una scoperta. Una cosa che mi capita spesso è di rimanere stupito davanti a certe situazioni che per me sarebbero insostenibili, mentre tante persone le vivono come se fossero normali». Da ragazzino, Cicalone si divideva tra l’amore per gli sport da combattimento e la passione per i primi computer. Una doppia anima. Cicalone lo definisce «un contrasto tra nerd e sportivo delle botte». A diciotto anni ha fatto parte di un progetto musicale techno, i Digital Dream, e ha suonato in diversi rave: «eravamo molto creativi e intraprendenti, le influenze ai tempi erano poche, perchè si sperimentava tanto». 

    In ottobre a Roma si vota. Raggi, Michetti, Gualtieri, Calenda. Centrodestra e centrosinistra. La spazzatura, l’ATAC e l’autocombustione degli autobus, la malamovida, il degrado. Cicalone è scettico: «sono convinto che qualsiasi sindaco di Roma non potrà risolvere i problemi, questa città sta arrancando e servirebbe molto più di un nuovo sindaco». Aggiunge: «Il voto è sempre meglio che rimanga segreto, anche perchè non vorrei influenzare nessuno. Posso solo dire che alla fine, tirando le somme, il miglior sindaco degli ultimi anni è stato Ignazio Marino».

    Al momento Cicalone è più assorbito da YouTube che dalla palestra: «Sui social si guadagna bene, anche se si pagano tante tasse. Fino a oggi sono l’unico che guadagna primariamente con i social, tutti gli altri hanno altri lavori, ma hanno ottenuto comunque degli ottimi vantaggi dalla presenza sui social. Io ci tiro fuori un discreto stipendio, ma essendo un libero professionista è tutto a carico mio, non esistono ferie, malattie e coperture. Si vive di quello che riesci a fare». 

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