Che cos’è Ippolita

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    Ippolita è un gruppo di ricerca indipendente e interdisciplinare che riflette ad ampio raggio sulle tecnologie digitali e i loro effetti sociali, pratica scritture conviviali i cui testi si diffondono dalle comunità hacker alle aule universitarie. Propone laboratori, formazione, incontri di critica della rete, pedagogia hacker e autodifesa digitale per accademici, giornalisti, gruppi di affinità e persone curiose.

    Il gruppo Ippolita risponde alle 15 domande di cheFare per la rubrica I nuovi modi di fare cultura.
    Per leggere le altre interviste clicca qui.

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    Perché Ippolita si chiama così? 
    Il nome nasce da una diversa idea di conflitto, legata al sapere e alla ricerca in senso esperienziale, corporeo, non conforme.
    Ippolita è un gruppo che si forma dall’intersezione di tre fiumi: l’hacking, la controcultura e il femminismo.

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    Le tematiche del Gruppo Ippolita

    Quando è nata? 
    Nel 2004.

    Dove? 
    All’hacklab Reload – Reality Hacking in Pergola Tribe a Milano, in Isola.

    Perché?
    Per praticare il reality hacking. Nei primi anni duemila il quartiere Isola è ancora un punto di riferimento per le culture politiche, non è un caso che qui si incrocino progetti come ChainWorkers, San Precario e Serpica Naro insieme alle molte gemmazioni del Deposito Bulk.
    Nonostante lo sgombero di Metropolix, (l’ostello occupato degli studenti) resistono ancora due porti sicuri: Garigliano, che all’epoca includeva Connecta, crocevia informatico del media-attivismo, e Pergola Tribe, dove daremo vita con molti altri a ReLOAd e alla transizione verso il Reality hacking. Il quadro si completa con l’aggiunta della componente femminista, ibridata tecnologicamente nell’esperienza del collettivo XX(y), e da SheSquat.
    Per capire il “perché” bisogna partire da qui, perché c’era la volontà di fare un passaggio
    collettivo: “dall’hacklab al mondo”. Cioè di uscire dall’immaginario e dalle pratiche più
    strettamente nerd per entrare in quelle più allargate dell’agire (e dell’immaginare) politico.

    Che fate?
    Pratichiamo l’hacking del sé come antidoto alla collusività. Eppure siamo dentro le cose,
    entriamo e usciamo dal sistema. Scriviamo libri, facciamo formazione. Ci occupiamo di far pubblicare altre voci, selezioniamo libri per case editrici e siamo in cerca di nuovi autori incendiari.

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    Alcuni dei libri di Ippolita

    La cosa più importante che avete fatto
    Avere il coraggio di fare ricerca indipendente e di scrivere quello che pensiamo davvero.

    Perché è la più importante?
    Perché contro ogni pronostico credibile ha funzionato.
    Perché rompe con la logica del consenso e del conformismo.

    Qual è il suo elemento più innovativo? 
    Nessuno se lo aspetta mai.

    Quale visione della cultura c’è dietro il vostro modo di agire? 
    La cultura per noi è una forma di azione diretta, un’auto-difesa, uno strumento per combattere. Non può essere scevra da passione politica.

    Quali sono le ricadute sociali di questa esperienza?
    Non si può parlare di ricadute sociali in senso stretto. Bisognerebbe definire che cos’è il sociale oggi. Di fatto, abbiamo contribuito a rompere la narrazione dominante della Silicon Valley sulle nuove tecnologie, creando la cornice teorica necessaria allo sviluppo di tecnologie non-egemoniche, che noi chiamiamo conviviali sulla scia di Illich.

    Con Ippolita si mangia? 
    È difficile morire di fame in una città del mondo occidentale.

    Come fate a stare in piedi?
    Con la dignità la posizione eretta risulta favorevole, aggiungendo la mobilitazione del proprio privilegio si può addirittura correre.
    Scolio: quando si fa un uso politico dei propri vantaggi inizia l’esercizio antropotecnico.

    Qual è l’ostacolo più grande da superare?
    La generale mancanza di consapevolezza dei rapporti di forza.

    Fate parte di un network più grande di voi?
    Sì, dalle organizzazioni culturali nazionali e internazionali alle realtà di movimento, dagli hacklab alle Università e ai Centri di Ricerca. Fare network è una delle nostre pratiche ma da solo il metodo non basta.

    Cosa avete intenzione di fare per un futuro migliore?
    Il futuro è morto. Chi ti spiega cosa sarà il futuro sta cercando di manipolarti.
    Dobbiamo rompere con l’idea di futuro. La ripartizione del tempo è un dispositivo disciplinare che serve a legarci alla società della prestazione infinita.
    Il futuro è qui e ora.

     

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    Note