Il Castello di Zak non deve chiudere perché io devo ancora tornare qui

Scarica come pdf

Scarica l'articolo in PDF.

Per scaricare l’articolo in PDF bisogna essere iscritti alla newsletter di cheFare, completando il campo qui sotto l’iscrizione è automatica.

Inserisci i dati richiesti anche se sei già iscritto e usa un indirizzo email corretto e funzionante: ti manderemo una mail con il link per scaricare il PDF.


    Se inserisci il tuo indirizzo mail riceverai la nostra newsletter.

    image_pdfimage_print

    In questo momento mi trovo nel Castello di Zak. Siedo sulla poltrona dove mi sono seduto la prima volta quando sono venuto a trovarlo.  L’ho conosciuto grazie a un video musicale che ho fatto. Il video di Habibi è stato girato in questo posto.

    Per le riprese che hanno fatto i ragazzi qui, io non ci sono stato, non c’ero quel giorno. Però poi i miei amici sono tornati a casa veramente sconvolti dalla persona che hanno conosciuto e mi hanno raccontato. Allora un giorno decisi di venire a trovarlo e ho conosciuto lo zio Zak. Ho visitato il Castello, mi ha fatto da guida, mi ha fatto vedere tutto quello che c’è e mi ha raccontato la sua storia.

    Perché il Castello di Zak non deve chiudere? Perché questo è un posto che ispira tantissimi ragazzi come me, tantissimi ragazzi delle scuole; vengono le scuole, qui, a fare le gite scolastiche, a ispirarsi, a crescere. Vengono ragazzi da tutto il mondo a lasciare un pezzo di sé, qui, nei muri di questo castello, come vedete.

    Il Castello di Zak non deve chiudere perché tutti abbiamo bisogno di fare un salto qui almeno una volta nella vita, o quando capita, o avremo magari la fortuna di avere un amico che ci racconterà di Zak e che ci porterà da Zak come ho fatto io con i miei amici, io che l’ho conosciuto e, piano piano, ho portato le persone a cui tengo perché credo che qui si scopra veramente qualcosa.

    E poi, comunque, il Castello di Zak non deve chiudere perché io devo ancora tornare qui e lui mi ha promesso che mi avrebbe insegnato a scrivere e leggere l’arabo. Quindi, mi raccomando.

    Vi invito innanzitutto a venire a vedere con i vostri occhi di cosa si tratta, perché questo posto è importante per tante persone e soprattutto per lui, che, veramente, quando ci è entrato, quando ha scoperto questo posto, l’ha scoperto lui da solo: non era niente, questo posto non era niente, era ciò che nessuno gli ha dato e lui ha costruito tutto e ha reso una fabbrica abbandonata un vero e proprio castello. Tutto qui.

    Pubblichiamo il testo di Ghali dal volume La fabbrica della Street Art. L’esperienza del Castello di Zak (Meltemi) del fotografo Giovanni Candida.

    Il libro con le fotografie di Giovanni Candida (alcune riproposte qui) ci accompagna nei meandri di questo autentico tempio della Street Art, alternando alle fotografie i pensieri e le storie di Zak e degli artisti che hanno contribuito al suo successo.

    Note