Riflessioni da Lviv in tempo di guerra, il diario di una ricercatrice

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    Scrivo questo testo nella notte tra il 7 e l’8 marzo a Lviv. Questo è il quarto anno che vivo in questa città, e qui ho conosciuto la guerra. Sembra che sia passata una vita da quando ho ricevuto la telefonata mattutina di mia madre in cui mi diceva “Ci stanno bombardando!”. La mia vita e quella di tutti quelli che mi circondano si è spezzata e non sarà più come prima. Ma ce la faremo in qualche modo. Scrivo per condividere con chi legge Commons 1‘Commons’ è un media trilingue – inglese, russo, ucraino – della sinistra ucraina. Si occupa di questioni economiche, politiche, storiche e culturali da una prospettiva anticapitalista. E’ stato fondato nel 2009. le mie osservazioni sulla nuova vita che sta emergendo nella mia città. So che il prossimo crollo può arrivare prima che io finisca questo testo, quindi sto scrivendo abbastanza in fretta.

    Nota N 1: “Sul metodo”

    Il primo giorno di guerra volevo iniziare a registrare quello che stava succedendo a me e intorno a me, ma tra gli allarmi aerei, gli attacchi di panico e l’arrivo della mia famiglia da Kyiv a Lviv, non riuscivo a trasformare le parole in frasi compiute. Il terzo giorno, ho provato a ricompormi, così come hanno fatto le colleghe e i colleghi prontə a raccogliere le testimonianze di chi stava vivendo a Lviv da prima dell’inizio della guerra. Ci siamo confrontatə con colleghə che avevano avuto esperienza nel Donbas su come raccogliere dati senza un background teorico, senza tempo, senza energia, e così abbiamo iniziato ad intervistere le persone di Lviv, chiedendo del loro passato, della nuova quotidianità, delle forme di attivismo a cui hanno aderito e, infine, di come stiano cambiando le loro opinioni politiche. Questo lavoro non è concluso, ma in queste note riporto alcune riflessioni che si basano sulle recenti interviste in profondità, sulle mie osservazioni e su diversi diari condivisi dai cittadini e le cittadine di qui.

    Nota 2: “Sulla città”

    Lviv è diventata un centro di accoglienza importante per le persone rifugiate. Processi simili stanno avendo luogo in tutta l’Ucraina occidentale, ma al momento mi sento in grado di parlare solo della città in cui interagisco personalmente con le persone e le vedo con i miei occhi. Il rischio di generalizzare da questa esperienza sarà discusso più avanti, per il momento mi limito a delineare la geografia delle mie riflessioni. Cosa è successo a Lviv nelle ultime due settimane?

    Inizierò con la questione degli alloggi. Il mercato immobiliare della città è diviso in due parti. La prima è il mercato degli alloggi commerciali. Nonostante gli appelli del sindaco per imporre una moratoria sugli affitti, i prezzi sono aumentati, assecondando gli appetiti dei proprietari. Il libero mercato ha mostrato la sua vera natura. Le persone che fuggono dai bombardamenti rimarranno senza casa se non sono in grado di pagare l’equivalente di 1000 dollari per un piccolo appartamento. Un’altra parte del mercato mostra una tendenza opposta: molti proprietari non hanno aumentato il prezzo dell’affitto perché sanno che invece di tre inquilini ora ne hanno dieci. Alcuni appartamenti lasciati liberi da coloro che sono fuggiti all’estero sono diventati rifugi. Le amministrazioni distrettuali, le scuole e altre istituzioni municipali, così come gli uffici e gli studi di yoga stanno diventando luoghi di accoglienza temporanea per migliaia di persone rifugiate, i loro figli/e e i loro animali domestici.

    A Lviv è in atto una redistribuzione della ricchezza impossibile da immaginare prima degli attacchi a Kyiv, Charkiv e in altre città. Lo stesso si verifica nella redistribuzione di vestiti, cibo, auto e altri beni essenziali, compreso il supporto psicologico.

    Questa redistribuzione è resa possibile da migliaia di persone che condividono e diffondono ogni genere di informazione sulla disponibilità e sulle richieste di beni di prima necessità; preparano, consegnano, organizzano alloggi, portano cose, scaricano aiuti umanitari, comunicano tanto, negoziano, si ascoltano e si sentono tra di loro. Ma la cosa principale è che si auto-organizzano, trovando un modo per essere utili in un momento in cui le strategie individualistiche non funzionano più.

    Le chat – da quelle di attivismo a quelle istituzionali e sportive – diffondono strumenti per l’assistenza reciproca. Le istituzioni municipali, private e pubbliche, hanno cambiato funzione. La città è diventata una grande rete, dove si possono trovare anche le cose più strane che nessuno conosceva prima. Le chat includono sia persone con esperienza di attivismo, sia coloro che sono scettici su qualsiasi forma di movimento di base. Le reti auto-organizzate stanno diventando più efficaci delle azioni delle autorità cittadine e regionali. Tutto questo è guidato dalla paura che domani non saremo in grado di trovare un rifugio, il cibo finirà, non ci saranno abbastanza persone disposte a trasportarne altre dalla stazione ai rifugi notturni. A volte, in effetti succede: qualcunə viene lasciato a congelare al freddo della stazione ferroviaria, soprattutto coloro che hanno meno capacità di usare le reti sociali, hanno meno contatti in città e meno forza fisica. Ma la maggior parte delle persone generalmente trova aiuto. Spero che sia così anche stasera.

    Contemporaneamente all’attivismo umanitario, reti simili operano anche a scopi militari. Lviv si occupa di tutto ultimamamente – dal trasporto di attrezzature a Kyiv alla tessitura di reti mimetiche per l’esercito. Queste reti di solidarietà si estendono ben oltre la città e il paese.

    Nota 3: “Sul collasso”

    In tempi di rivoluzioni o di guerre, si assiste al collasso delle strutture sociali che hanno precedentemente modellato il flusso delle nostre vite. Ci troviamo di fronte a cose che le persone che più osano sognare utopisticamente non avrebbero potuto immaginare prima di ora. Se un mese fa qualcun mi avesse detto che migliaia di persone avrebbero avuto la possibilità di dormire al caldo, lavarsi, vestirsi e mangiare gratis, a Lviv, avrei semplicemente sorriso. Ora, invece, spendo i miei soldi solo per rispondere ai bisogni di altrə. A parte il caffè e i pasticcini, che mi concedo durante una passeggiata solitaria quotidiana, i miei bisogni sono interamente colmati dalla forza del gruppo e la rete in cui mi trovo.

    In una certa parte della società, le relazioni merce-denaro sono scomparse. Stiamo costruendo “qualcosa di qualitativamente diverso”. Non articolarò ora cosa significhi questo esattamente. Le mie idee sul mondo, sia politiche che teoriche, sono state distrutte insieme all’altro mondo in cui vivevo. Come ha giustamente sottolineato il mio collega Volodymyr Artyukh 2https://commons.com.ua/en/us-plaining-not-enough-on-your-and-our-mistakes/, i “vecchi” framework analitici non funzionano più, devono esserne inventati di nuovi.

    Queste nuove chiavi di lettura teoriche devono essere più sensibili alle pratiche perché in questo momento possiamo osservarle, esserne coinvoltə, vedere le persone dietro le istituzioni e le strutture. Finora, purtroppo, questo “nuovo” ha molto di “vecchio”. Sentiamo parlare di situazioni di xenofobia contro le persone rom e transgender, di molestie sessuali nei centri di accoglienza, di violenza delle ronde. E sentiremo ancora parlare di sfruttamento, di violenza di genere e di altre oscurità in cui abbiamo vissuto e che persistono. La violenza del regime di Putin sta alimentando altre forme di violenza. Ma speriamo che il collasso che stiamo vivendo ci dia la possibilità di sviluppare questo “qualcosa di qualitativamente diverso” di cui parlavo prima.

    Nota 4: “Sulle strutture”

    Non so cosa mi accadrà domani, o cosa succederà alla mia famiglia e alle persone che mi sono care. Forse ci sveglieremo, risponderemo alle richieste di alloggio e trasporto, scriveremo messaggi per dire che stiamo bene. Poi berremo un caffè e prepareremo da mangiare per le persone rifugiate, lavoreremo, faremo volontariato, leggeremo le notizie, piangeremo, fumeremo molto, e spereremo. O forse scapperemo dai bombardamenti. Eppure ora vedo nuove strutture sociali che prima non esistevano. Cosa accadrà in futuro? Queste strutture potranno essere distrutte o si muoveranno in altri paesi e continuaranno a svilupparsi lì. Se la società ucraina vincerà questa guerra e vivrà il sogno di una vita pacifica, queste strutture potrebbero anche servire i bisogni dell’apparato repressivo dello stato e riprodurre varie forme di oppressione. Ma in questo momento c’è la speranza che rimangano, si rafforzino e si concentrino sulla cosa principale: la vita delle persone.

     


    Link al testo in versione originale: https://commons.com.ua/en/zapiski-zi-lvova/

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    Nota di traduzione

    Il testo in originale è stato tradotto collettivamente in accordo con l’autrice. L’uso di un linguaggio neutro è una scelta di traduzione politica. Un’altra traduzione di questo articolo è uscita qui: https://www.fuorimercato.com/pratiche/383-note-da-lviv-in-tempo-di-guerra.html

    Note