I ricordi della Revisione Cinematografica: come l’Italia ha censurato la sessualità femminile nel cinema

Scarica come pdf

Scarica l'articolo in PDF.

Per scaricare l’articolo in PDF bisogna essere iscritti alla newsletter di cheFare, completando il campo qui sotto l’iscrizione è automatica.

Inserisci i dati richiesti anche se sei già iscritto e usa un indirizzo email corretto e funzionante: ti manderemo una mail con il link per scaricare il PDF.


    Se inserisci il tuo indirizzo mail riceverai la nostra newsletter.

    image_pdfimage_print

    La censura è una materia subdola perché è rumorosa quando viene inflitta ma viscida al sedimentarsi nella storia. È una decisione arbitraria che rappresenta interessi specifici o manifesta lo spirito del tempo dell’epoca in cui si consuma — a distanza di anni, la censura diventa essenza costituente degli immaginari culturali: ciò che è stato censurato può scomparire definitivamente dalla memoria collettiva o, al contrario, diventare una chiara, lampeggiante frattura tra lo ieri e l’oggi. La censura è un atto complesso, a volte istituzionale e sempre burocratico, ed in quanto tale lascia tracce del suo passaggio. Sta alla storia, poi, decidere come riconsegnarci queste tracce.

    Nel caso della Commissione per la Revisione Cinematografica italiana, ovvero l’organo istituzionale italiano che dal 1914 si occupa di revisionare pedissequamente tutte le pellicole italiane ed estere proiettate in Italia, queste tracce tornano al contemporaneo attraverso un percorso di ricerca artistico condotto dal collettivo Radha May, formato dalle artiste Elisa Giardina Papa, Nupur Mathur e Bathsheba Okwenje, e che verrà presentato al pubblico venerdì 8 novembre alle ore 19.00, negli spazi de Il Lazzaretto a Milano, con la performance When The Towel Drops Vol. 1.

    Vista della Cineteca di Bologna, dove parte dell’archivio della censura cinematografica è deposto. Per gentile concessione delle artiste e Cineteca di Bologna.

    La performance è parte della tappa milanese del progetto, che comprende anche un workshop, tenutosi a maggio, ed una mostra ospitata da ICA Milano a partire dal 28 novembre. L’intera iniziativa è promossa da Il Lazzaretto, in collaborazione con l’Accademia G. Carrara di Bergamo, la cooperativa CODICI, la Fondazione ICA Milano, con le media partnership di cheFare e Digicult. La tappa è stata realizzata con il supporto delle istituzioni del MiBACT – Direzione Generale per il Cinema, della Fondazione Cineteca di Bologna, dela Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, di Italia Taglia e del Dipartimento di Italian Studies della Brown University.

    When The Towel Drops Vol. 1 ha un orizzonte chiaro: ricostruire le tracce della censura di scene di piacere femminile operate dalla Commissione di Revisione Cinematografica nel corso della sua storia, facendo riemergere i visti di censura, le scene censurate e la storia dei film, dei registi e dei commissari coinvolti nelle censure. Non sorprende, oggi, che chi abbia curato la censura della sessualità femminile nei film fossero commissioni composte quasi esclusivamente da uomini.

    Non sorprende, oggi, che chi abbia curato la censura della sessualità femminile nei film fossero commissioni composte quasi esclusivamente da uomini.

    La performance racconta le vicende di alcuni dei film che negli anni ’50 sono stati censurati — opere provenienti da registi come, tra gli altri, Roberto Rossellini, Mario Camerini, Max Ophüls, Mario Monicelli, Luigi Comencini, Vittorio De Sica e Georg W. Pabst, e di film come Alle Soglie della Vita di Bergman, La notte Brava di Bolognini con sceneggiatura di Pasolini e la censura totale di Notte e Nebbia di Resnais. When The Towel Drops Vol. 1 riattualizza documentazioni, semantiche ed immaginari di un’operazione di cosiddetto buoncostume durata decenni — la speranza è che riconoscerne le caratteristiche ci permetta, oggi e in futuro, di riconoscere ed agire più in fretta.

    La storia della Revisione Cinematografica e del lavoro svolto dal collettivo Radha May è una fotografia importante del rapporto tra istituzioni, società e tema ancora, purtroppo, sensibili. Ho parlato con Claudia D’Alonzo, curatrice della tappa, per comprendere meglio le origini e gli eventi storici della Revisione Cinematografica e dei suoi ricordi censurati.

    Scena censurata da That Tender Touch, Russel Vincent (​1969). Per gentile concessione delle artiste e MiBAC.

    In che modo Radha May ha avuto accesso all’archivio della Revisione Cinematografica?
    La ricerca del collettivo si basa spesso su materiali d’archivio e fonti storiche attraverso le quali indagare storie liminali, poco note o occultate legate al femminile. Nel caso di When the Towel Drops il campo di esplorazione è quello della censura applicata alla rappresentazione della sessualità femminile nella storia del cinema, declinato in tre volumi relativi alle cinematografie italiana, indiana e sudafricana. Completato il primo nel 2016, le artiste hanno attivato la fase di ricerca sui successivi.

    Elisa Giardina Papa, che si è occupata più da vicino di questo primo volume, grazie al sostegno di Brown University ha trascorso un periodo di ricerca sui documenti storici della Commissione di revisione cinematografica che all’epoca erano conservati presso la Cineteca di Bologna. La sua ricerca è iniziata anzitutto visionando centinaia di scene censurate da film italiani e stranieri dal secondo dopoguerra agli anni Sessanta. Infatti, l’archivio conserva sia i tagli di pellicola, quindi i frammenti o metraggi di supporto, che i dossier dei visti di censura, cioè tutti i fascicoli che raccontano l’iter amministrativo relativo alle valutazioni delle commissioni di primo e secondo grado di revisione del film, con la domanda di revisione, il visto di censura, il nulla osta, eventuali lettere tra ministero e società di produzione e/o registi.

    Radha May si è concentrata su quei film dai quali erano stati soppressi o ridotti a causa dei contenuti legati alla sessualità ritenuti impropri, con scene ‘da ritenersi offensive del pudore, del buon costume e della pubblica decenza’ ed in particolare quelle che vedessero coinvolti personaggi femminili.

    Radha May si è concentrata su quei film dai quali erano stati soppressi o ridotti a causa dei contenuti legati alla sessualità ritenuti impropri, con scene ‘da ritenersi offensive del pudore, del buon costume e della pubblica decenza’ ed in particolare quelle che vedessero coinvolti personaggi femminili. Successivamente ha digitalizzato i tagli di pellicola e i documenti cartacei. Da tali fonti sono creati estratti sia testuali che audiovisivi che vengono messi in dialogo e risemantizzati all’interno dell’installazione e la performance, i due formati dell’opera.

    Puoi fare una sintesi estrema della storia della Revisione e spiegare il suo stato attuale?
    Una fonte molto utile sulla storia della censura in Italia è il database online Italiataglia, promosso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali Direzione Generale per il Cinema e realizzato dalla Cineteca di Bologna, in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia / Cineteca Nazionale, l’Università di Padova e l’Università di Bologna.

    Vista della video installazione durante la mostra What Can Be Seen, Spring/Break Art Show, New York. Per gentile concessione delle artiste.

    Riassumendo molto, oggi, per poter essere proiettato in pubblico, un film deve ottenere il nulla osta, attualmente dalla Direzione Generale del Cinema, a partire dal parere espresso dalla Commissione per la revisione cinematografica, richiesto dalla società di produzione o distribuzione. Il giudizio della Commissione può essere favorevole (film per tutti), condizionata in base all’età o a tagli o sfavorevole, cioè negare il nulla osta se viene riscontrata l’offesa al buon costume. Con l’ottenimento del nulla osta, apposto sulla domanda di Revisione, si genera il cosiddetto visto di censura che permette la distribuzione.

    I film e i relativi documenti di When the Towel Drops Vol. 1 sono stati revisionati tra gli anni Cinquanta e Sessanta, un periodo particolarmente interessante nella storia della censura cinematografica perché segna un momento di passaggio tra il Dopoguerra e l’approvazione della legge del 1962 (n. 161 Revisione dei film e dei lavori teatrali), tutt’ora in vigore.

    Dopo le elezioni del 1948 e la salita al potere della Democrazia Cristiana, vengono proibiti i film valutati non in linea con la morale e la religione.

    Dopo le elezioni del 1948 e la salita al potere della Democrazia Cristiana, vengono proibiti i film valutati non in linea con la morale e la religione. Si ritiene che il cinema rappresenti un mezzo espressivo di grande impatto sulla popolazione e, insieme, un medium pericoloso per la diffusione di ideologie non conformi al cattolicesimo e al ‘buon costume’.

    Gli anni Cinquanta sono caratterizzati dalle proteste degli autori e dei mondi della cultura che lamentano l’impossibilità di realizzare opere di impegno e denuncia sociale che rappresenino realmente le condizioni del paese a favore invece di pellicole leggere, di intrattenimento. Si censurano anche pellicole di autori di rilievo sia italiani che stranieri come Roberto Rossellini, Alessandro Blasetti, Mario Camerini, Max Ophüls, Sergej Ėjzenštejn, Mario Monicelli, Luigi Comencini, Vittorio De Sica, Dino Risi, Elia Kazan, Georg W. Pabst, Elia Kazan, Nicolas Ray, Billy Wilder, Alain Resnais.

    Vista della Cineteca di Bologna, dove parte dell’archivio della censura cinematografica è deposto. Per gentile concessione delle artiste Cineteca di Bologna.

    Inoltre, spesso gli interventi repressivi vengono attuati non in fase di revisione ma successivamente: sono molti i casi di pellicole che, pur avendo ottenuto il nulla osta per l’uscita nelle sale, vengono sequestrate a seguito di denunce di privati, di membri della società civile o per azione diretta delle autorità di pubblica sicurezza, questure e commissariati.

    Ad esempio, il 5 febbraio del 1950 la prima a Milano de La dolce vita di Federico Fellini viene interrotta a causa delle proteste del pubblico e degli insulti al regista, tra gli autori che si erano schierati duramente contro la censura, dichiarando in un suo articolo del 1958 che, “La censura è un modo di conoscere la propria debolezza e insufficienza intellettuale — la censura è sempre uno strumento politico, non è certo uno strumento intellettuale. Strumento intellettuale è la critica, che presuppone la conoscenza di ciò che si giudica e combatte. Criticare non è distruggere, ma ricondurre un oggetto al giusto posto nel processo degli oggetti. Censurare è distruggere, o almeno opporsi al processo del reale. La censura seppellisce nell’archivio i soggetti che vuole seppellire e impedisce loro indefinitamente di diventare realtà. Non importa che quattro o cinque intellettuali si leggano e si scaldino in cuore tali soggetti; essi non sono divenuti realtà per il pubblico, hanno mancato quindi alla vera realtà.”

    “La censura seppellisce nell’archivio i soggetti che vuole seppellire e impedisce loro indefinitamente di diventare realtà. Non importa che quattro o cinque intellettuali si leggano e si scaldino in cuore tali soggetti; essi non sono divenuti realtà per il pubblico, hanno mancato quindi alla vera realtà.”

    Per tutti gli anni Sessanta, gli interventi diretti della magistratura e i sequestri diventano ancora più frequenti con l’entrata di vigore della legge del 1962, approvata a seguito di polemiche e confronti durati anni e che in teoria stabilisce dei principi più liberali, forse proprio in risposta al relativo alleggerimento della censura amministrativa.

    Come testimoniato dai filmati e i documenti recuperati da Radha May e ripresentati nella performance When the Towel Drops Vol. 1, nel caso di giudizi parziali l’azione dei censori non è meno invasiva. Tra gli esempi: l’eliminazione della scena del parto da Alle Soglie della Vita (1958) di Ingmar Bergam perché il sonoro delle urla della partoriente è stato ritenuto “impressionante, scabroso, non adatto”; gli oltre 30 metri di pellicola censurati e sequestrati da La notte Brava (1959) di Maurizio Bolognini su sceneggiatura di Pier Paolo Pasolini; la censura totale nei confronti di Notte e Nebbia di Resnais perché ‘pur trattandosi di una documentazione fotografica e di repertorio, contiene per la quasi totalità scene fatti macabri e ripugnanti’, motivazione piuttosto difficile da comprendere visto che il film è un documentario sull’Olocausto.

    Fermo immagine dal video. Scena censurata di Jeanne Moreau e Marcello Mastroianni in La notte, Michelangelo Antonioni (1960). Per gentile concessione delle artiste e MiBAC.

    La performance si apre con una sua lettera al presidente della commissione che, pur nella sua asciuttezza, rende molto bene quanto i tagli chiesti a La Notte (1961) rappresentino per lui una mutilazione al film: “Ho rimissato il finale secondo la versione abbreviata. Più di questo non posso fare. Così ritengo che il film abbia perduto parecchio. Ad ogni modo ho cercato di essere accomodante. Se venissero richieste altre modifiche sarei costretto a pretendere il rinvio alla Commissione di Appello. Tanto dovevo dirti. Molti cordiali saluti”.

    Chi si occupava di “curare” la Revisione Cinematografica? 
    Una legge del 1914 introduce le commissioni, ciascuna per uno dei due gradi di giudizio, prima erano le autorità di pubblica sicurezza ad occuparsene. La composizione delle commissioni varia nel tempo. Le trasformazioni sono riflesso di cosa durante un determinato periodo storico si intendesse salvaguardare o punire attraverso l’azione censoria.

    È da notare come la ‘madre di famiglia’ sia, di fatto, l’unica presenza femminile in commissioni che, non solo in quel periodo ma anche successivamente, sono state composte quasi esclusivamente da uomini mentre la maggioranza dei contenuti legati alla sessualità hanno come protagoniste delle donne.

    Ad esempio il regolamento esecutivo della legge n. 785 del 1913 (Regio decreto 31 maggio 1914, n. 532) stabiliva la possibilità di due gradi di giudizio: il primo affidato ad un funzionario della Direzione Generale della Pubblica Sicurezza o ad un commissario di polizia; per il secondo ad una commissione formata da vice-direttore generale e da due capi divisione della Direzione Generale della Pubblica Sicurezza.

    Dal 1920 entrambi i gradi sono a carico di due commissioni, le cui composizioni lasciano trasparire anche l’intento di virare la censura in una chiave meno repressiva ma certamente ancora molto conservatrice. Tra i sette membri della commissione di primo grado sono, infatti, presenti due commissari di pubblica sicurezza, un magistrato, un educatore, un esperto di arte o letteratura, un pubblicista e una ‘madre di famiglia’, con l’intento di portare una maggiore moralità nei prodotti cinematografici. L’istanza alla standardizzazione di ciò che fosse moralmente accettabile che inizia a farsi sentire in quegli anni in molti paesi, non solo in Italia.

    Visto di censura di Fino all’ultimo respiro, Jean-Luc Godard (1960). Per gentile concessione del MiBAC.

    Rispetto alle questioni legate alla sessualità e al genere al centro di When the Towel Drops, è da notare come la ‘madre di famiglia’ sia, di fatto, l’unica presenza femminile in commissioni che, non solo in quel periodo ma anche successivamente, sono state composte quasi esclusivamente da uomini mentre la maggioranza dei contenuti legati alla sessualità hanno come protagoniste delle donne.

    Oltre alla composizione delle commissioni, seguendo le vicende della storia della censura è interessante notare quali fossero i criteri delle leggi e le casistiche di contenuti inammissibili o da limitare che si possono evincere dai vari casi di film censurati: l’istigazione al delitto, la crudezza di scene violente, la scorretta ortografia dei cartelli nei film muti o la messa in ridicolo dei soldati austriaci sono frequenti nel primo decennio del Novecento. Le sofferenze, torture o morti di bambini o insurrezioni dei lavoratori, durante gli anni Venti; film che possano intaccare il ‘decoro o prestigio della Nazione’ o mostrare ‘ambulanti, mendicanti, vicoli sudici, personaggio oziosi, durante il fascismo che invece concedeva una certa permissività all’erotismo dei personaggi femminili nei film storici.

    Seguendo le vicende della storia della censura è interessante notare quali fossero i criteri delle leggi e le casistiche di contenuti inammissibili o da limitare che si possono evincere dai vari casi di film censurati.

    Sono solo esempi di come l’archivio di ciò che è stato rimosso attraverso la censura permetta di leggere i valori di un periodo storico e degli sviluppi nel tempo del rapporto tra ciò che viene ritenuto degno di far parte delle memoria collettiva che il cinema rappresenta e cosa vada omesso.

    In che modo l’archivio della Revisione è stato elaborato durante il workshop? 
    Questa tappa di When the Towel Drops Vol.1 ha una serie di elementi inediti rispetto ad altre occasioni in cui è stato presentato. Primo il fatto che in una versione così estesa e articolata non era mai stato presentato in Italia, aspetto non poco rilevante visto che è dedicato alla storia del cinema italiano e che si tratta di un’operazione che reintegra contenuti rimossi da questa storia.

    Scena censurata da ​Letto a Tre Piazze, Stefano Vanzina (Steno) (​1960). Per gentile concessione delle artiste e MiBAC.

    La tappa è promossa dalla Fondazione Il Lazzaretto di Milano, è partita a maggio con un workshop condotto da Elisa Giardina Papa del collettivo Radha May, prosegue l’8 novembre con la performance durante Il Festival della Peste! e si concluderà il 28 novembre con una mostra ad ICA Milano.

    Il workshop è un’altra peculiarità perché non era presente in altre occasioni. L’idea nasce da una richiesta de Il Lazzaretto che era quella di introdurre un momento laboratoriale all’interno del lavoro perché uno degli obiettivi della fondazione è quello di promuovere processi partecipativi che possano poi essere restituiti nel corso del festival che si tiene ogni anno in autunno. Questo stimolo è stato accolto con grande apertura da Radha May che si è resa disponibile a ripensare una parte del processo e del lavoro.

    Abbiamo discusso di rapporto tra immagine e testo, di sguardo maschile, mettendo anche in discussione quanto sia costitutivo del nostro proprio sguardo, di codici e posture dei corpi, di violenza, del legame tra le scene estrapolate dal loro contesto e il film di provenienza, di cosa ci raccontassero i documenti del particolare momento della storia del cinema o della storia del costume nel quale si colloca il film, di cosa potesse comportare decidere di mostrare alcune rappresentazioni del femminile piuttosto che altre.

    Il workshop è stato diviso essenzialmente in quattro fasi e finalizzato alla creazione di una nuova versione inedita della performance. Si è aperto con un racconto del progetto, a partire dalla ricerca di archivio fino alla documentazione delle versioni precedenti della performance. Poi ci siamo immersi nel materiale di archivio: abbiamo poi visionato il corpus di sequenze dei film digitalizzate da Radha May e i documenti delle commissioni di revisione corrispondenti a ciascun film, la maggior parte delle quali non erano state incluse nelle versioni precedenti del lavoro. A partire dai materiali ci siamo lungamente confrontati sui contenuti sia visivi che testuali, su cosa ciascun testo o ciascuna scena e ancor di più la messa in relazione tra immagine e testi della censura facesse emergere e cosa di questi livelli di significato interessasse al gruppo riportare nella performance. Questa fase è stata per me uno dei più interessanti del lavoro sul progetto, dovuto anche al contributo prezioso portato da ciascuna delle persone del gruppo che ringrazio davvero molto.

    Abbiamo discusso di rapporto tra immagine e testo, di sguardo maschile, mettendo anche in discussione quanto sia costitutivo del nostro proprio sguardo, di codici e posture dei corpi, di violenza, del legame tra le scene estrapolate dal loro contesto e il film di provenienza, di cosa ci raccontassero i documenti del particolare momento della storia del cinema o della storia del costume nel quale si colloca il film, di cosa potesse comportare decidere di mostrare alcune rappresentazioni del femminile piuttosto che altre. Un aspetto, che credo sia importante evidenziare del laboratorio ma soprattutto di When the Towel Drops più in generale, è che la reintroduzione del materiale omesso dalla censura non sia pensata per riabilitare la visione della donna che molte delle scene veicolano e che non si discostano molto dall’esibizione dei corpi femminili oggettivizzati già molto presenti nella cultura visiva del passato e attuale. Piuttosto, lavorare e riguardare per molte ore in loop frammenti di scene, spesso trasformate in gif di pochi secondi, permette di vedere più distintamente le ricorrenze nel passato di modi di rappresentare la sessualità femminile, leggerne in modo evidente le codifiche standardizzate e chiedersi quanti di questi siano ormai solo storia e quanti ancora presenti nella nostra cultura visiva e nel nostro stesso modo di guardare o sentire lo sguardo altrui.

    Vista della video installazione durante la mostra What Can Be Seen, Spring/Break Art Show, New York. Per gentile concessione delle artiste.

    Nell’ultima parte del workshop abbiamo selezionato quali scene mostrare nella performance, come tagliarle, quali documenti, come editarli. Questo lavoro di selezione e montaggio è ciò che determina la costruzione di un nuovo livello di senso, di un discorso nuovo delle immagini filmiche estrapolate dal proprio contesto originario, la narrazione del film, in dialogo con i testi della censura. In sostanza il gruppo ha ripercorso molta parte del processo seguito da Radha May nella creazione della performance e dell’installazione, i due formati dell’opera.

    Personalmente ho vissuto questa fase come una sorta di reenactment di molte delle commissioni di revisione sui cui testi stavamo lavorando. Credo che dopo giorni trascorsi a rivedere, esaminare, discutere e ancora rivedere in loop le scene di corpi femminili, la visione di quei contenuti sia stata in qualche modo vicina a quelle commissioni di uomini che per giorni, a volte settimane, si riunivano per guardare e discutere di quanto lungo dovesse essere un bacio o quanto potesse durare l’inquadratura di una schiena nuda. La ripetizione crea diversi effetti e fa emergere quel supplemento di senso di cui parla Roland Barthes che non sta nell’informazione che l’immagine mostra ma è oltre, sta in mezzo alle immagini, nel movimento.

    Solo rivedendo numerose volte la scena di un bacio su un letto di ospedale in ‘La Notte’ tra Marcello Mastroianni e una giovane ricoverata in quanto ninfomane perché ci siamo accorti che le gambe della donna si muovono ‘troppo’, cosa sconcia per l’epoca che vedeva le gambe delle donne molto composte con le ginocchia ben chiuse durante quel tipo di scene.

    E quindi il loop crea degli effetti: eccitazione nelle scene in cui c’è molta carica erotica anche per lo spettatore nel presente; amplificare l’effetto peep show per le scene di erotismo molto datato con silhouette di donne anni ’50 che ancheggiano; fa afferrare una traccia di erotismo anche in scene apparentemente molto comuni e conformi persino ai codici dell’epoca.

    Ad esempio solo rivedendo numerose volte la scena di un bacio su un letto di ospedale in ‘La Notte’ tra Marcello Mastroianni e una giovane ricoverata in quanto ninfomane perché ci siamo accorti che le gambe della donna si muovono ‘troppo’, cosa sconcia per l’epoca che vedeva le gambe delle donne molto composte con le ginocchia ben chiuse durante quel tipo di scene. La domanda che ci siamo posti è stata se forse fosse questo l’elemento che ha turbato la commissione che impose di ridurre la durata del bacio.

    Visto di censura di Medea, Pier Paolo Pasolini (1969). Per gentile concessione del MiBAC.

    Mi incuriosisce molto la semantica della censura: ricordo che per ogni clip tagliata dai film c’era, in archivio, una spiegazione del motivo del taglio. Secondo te, all’interno di queste spiegazioni è possibile rintracciare una semantica comune? Una sorta di vocabolario da censurare?
    La maggior parte dei documenti che abbiamo analizzato recuperati da Radha May è legata a giudizio condizionato, nei quali cioè la commissione indica quali e quanti contenuti tagliare nel film per l’ottenimento del nulla osta. E si, emergono anche in questo caso delle ricorrenza che potremmo anche leggere come una sorta di glossario della censura dell’epoca. Soprattutto rispetto alle immagini la richiesta è di riduzione, interruzione di un eccesso valutato indecente. Ricorrono espressioni come: ‘troppo lungo’, ‘troppo a lungo’, ‘eccessivo’, ‘eccessivamente’, ‘alleggerire’, ‘dovrà essere opportunamente ridotta’. Spesso l’indicazione è di agire sulla durata per depotenziare la carica dell’immagine. Nel caso invece dei dialoghi, si chiede di eliminare totalmente parole o intere frasi, come quelle pronunciate da personaggi femminili giudicati amorali per l’epoca: “La biancheria intima non mi fa nessun effetto, lo sai. E’ nera, guarda”; ” La domenica mi dò solo per amore, bisogna santificare le feste, no?”

    Uno degli aspetti più surreali nei testi delle commissioni di quegli anni è il tentativo da parte di un gruppo formato principalmente da funzionari di stabilire se un film potesse essere qualificato come opera d’arte e quindi rientrare in una sorta di zona franca liminale concessa all’arte. Per questo soprattutto nel caso di tagli a film di autori importanti i verbali contengono testi che si spingono fino all’analisi del film e ne emerge uno stile di scrittura che reputo perversamente affascinante a cavallo tra burocrazia e critica cinematografica.

    Note