Street Art o Arte Pubblica? Dal vandalismo alla valorizzazione dell’arte negli spazi pubblici

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    Chi è il proprietario delle opere di Street Art? Come è possibile tutelarle da deturpamento o rimozioni? Serve una nuova legge per proteggere le opere poste negli spazi pubblici? Giovedì sette novembre si è tenuto a Roma un incontro presso lo Studio Legale E-Lex sul rapporto tra street art e arte pubblica promosso dal giurista Giovanni Maria Riccio e da David Vecchiato ideatore di M.U.Ro. L’incontro aperto a giuristi, artisti, restauratori, esperti del settore, studenti e appassionati è il primo passo per definire una riflessione da tempo in corso. Abbiamo incontrato Giovanni Maria Riccio, David Vecchiato e Laura Rivaroli di YoCoCu, una società che si occupa del restauro dei beni culturali, e posto loro alcune domande. Nelle prossime settimane su cheFare il confronto proseguirà con interventi e interviste a chi ha partecipato al convegno e ai protagonisti del dibattito.

    “Street art o arte pubblica” le due azioni sono in contrapposizione?

    Laura Rivaroli: Secondo me non possiamo parlare di “Street art o arte pubblica”, ma semplicemente di Arte eseguita da artisti che dipingono direttamente su muri, cancelli, cartelli e quindi su supporti differenti che a volte sono essi stessi parte dell’idea progettuale dell’opera divenendo parte imprescindibile del progetto artistico.

    Giovanni Maria Riccio: No, non credo siano in contrapposizione, anche perché non esiste una definizione di street art. Personalmente, preferisco parlare di arte negli spazi pubblici, liberando il discorso da sovrastrutture retoriche che, a mio avviso, possono ingenerare inutili confusioni.

    David Vecchiato: Fa bene Giovanni a parlare più genericamente di “arte negli spazi pubblici”, visto che sulla definizione di Street Art non si trova un accordo e sembra non esserci alcuna intenzione di trovarlo. È un tiramolla che dura da anni, ed è questa l’unica vera contrapposizione in questo ambito, cioè quella tra tipologie diverse di persone e spesso tra gli stessi artisti, su cos’è “street art” e cosa non lo è.

    Addirittura si litiga su come vada scritta la definizione “street art”, se maiuscola o minuscola.

    È un contrasto che rivela ovviamente degli interessi diversi: chi ha dei trascorsi da writer e/o realizza interventi artistici senza autorizzazione in genere vuole sia etichettata come “street art” esclusivamente l’arte in strada illegale, come lo erano le opere di quello che alle origini si poteva chiamare ancora un “movimento” artistico. C’è poi tra chi organizza festival e progetti grazie al sostegno economico di bandi pubblici e/o di sponsor privati, che vuole che “street art” sia denominata tutta l’espressione artistica che si realizza outdoor. E, in mezzo a questi due estremi, vi sono artisti, curatori, amministratori pubblici, guide turistiche, organizzatori di eventi e vari improvvisati “neo-esperti” che cercano di affibbiare quest’etichetta ai loro progetti.

    Ognuno sembra puntare ad escludere gli altri da una definizione tanto alla moda, per meglio accreditarsi tra il pubblico e tra i media, e dunque rendersi visibile a potenziali committenti o finanziatori. E gli estimatori di questo che è ormai più un fenomeno pop che un movimento artistico come si muovono in questa confusione? O prendono una posizione in merito a che termine usare o giustamente se ne fregano e li usano a caso. Addirittura si litiga su come vada scritta la definizione “street art”, se maiuscola o minuscola.

    Come definiresti le diverse espressioni o pratiche?

    LR Se dovessi fare una distinzione direi che la Street Art è un momento artistico che l’Artista effettua in ambienti prevalentemente esterni, mediante una operazione piuttosto veloce e molto comunicativa in cui il rapporto Opera/Contesto/Fruitore è fondamentale e dove questo dialogo rimane sempre aperto mediante una via preferenziale.

    Per Arte Pubblica intendo quei momenti artistici nel quale l’artista viene chiamato da un Ente Pubblico e/o un Curatore per intraprendere uno specifico progetto artistico. In entrambi i casi è un Artista che progetta e sviluppa l’idea artistica mediante la stesura di vernici o la distruzione di muri come ad esempio il portoghese Vhils.

    GMR Ripeto: non credo esista una distinzione. Street art, urban art, graffiti art, sono espressioni convenzionali, che racchiudono situazioni differenti. Si spazia dai writer delle metropolitane alle opere commissionate dagli enti pubblici. Sono situazioni giuridicamente diverse, che spesso rispecchiano differenti posizioni politiche.

    DV Io uso la definizione Street Art quando parlo di opere outdoor non autorizzate, spontanee e con la vocazione di essere temporanee, legandola dunque alle origini del movimento. Parlo invece di Arte Pubblica quando si tratta di opere commissionate da amministrazioni ed enti pubblici, dove in certi casi si può parlare anche di conservazione.

    Uso la definizione Street Art quando parlo di opere outdoor non autorizzate, spontanee e con la vocazione di essere temporanee

    E quando dico Urban Art le sto prendendo in considerazione entrambe. Le opere richieste da Comuni ed altri enti a titolo gratuito non le prendo nemmeno in considerazione, è roba da inconsapevoli dilettanti. Scrivo tutto maiuscolo tra l’altro, perché ritengo siano nomi propri, e ognuno indica una diversa situazione della manifestazione artistica realizzata nello spazio pubblico e condiviso. Non tutti i murales, gli stencil o i poster che vediamo in strada sono arte ‘maiuscola’ ovviamente, ma d’altronde neanche nell’Arte Contemporanea – che scriviamo appunto maiuscola – tutto è arte.

    Come si è evoluto il concetto di copyright per le creazioni artistiche?

    LR Questo tema è lontano dalle mie competenze, ma penso che sia importante parlarne di più per poter “tutelare” gli artisti soprattutto gli artisti emergenti che spesso sono poco attenti a questi aspetti.

    DV Su questo lascio l’ultima parola a Giovanni, che è un legale. Da parte mia posso garantirvi che tra i non addetti ai lavori (ma spesso purtroppo anche tra quelli!) lo stato di consapevolezza sul diritto d’autore che tutela gli artisti visivi è a livelli disastrosi.

    Posso raccontarvi dei casi in cui ho scoperto dopo, e per caso, riproduzioni di mie opere utilizzate a scopo di lucro, e di tutte le volte che vengo contattato da case editrici e da produzioni cinematografiche e/o televisive che desiderano utilizzare delle mie opere con la certezza di non dover pagare nulla. Lo stesso accade a molti miei colleghi che dipingono opere nello spazio pubblico.

    Molta gente così come le vede, le fotografa e le posta online, pensa di poterle riprodurre o pubblicare ricavandone profitto senza nemmeno consultare l’autore, forse secondo quella logica perversa figlia dell’ignoranza per cui gli artisti non devono maneggiare soldi, chissà…

    GMR Non abbiamo assistito a un’evoluzione. Non credo vi siano dubbi in merito al fatto che debba essere riconosciuto il diritto d’autore agli artisti. Se qualcuno riproduce un’opera per il proprio merchandising (t-shirt, portachiavi, adesivi) non vedo perché non debba corrispondere i diritti agli autori. Diverso è il caso dell’utilizzazione delle opere per scopi privati: posso pubblicare liberamente la foto di un murale sulla mia pagina privata Instagram; devo pagare se pubblico la foto di un prodotto che voglio vendere e utilizzo il murale per scopi pubblicitari.

    Ha senso che un oggetto/azione artistica venga regolata legislativamente?

    LR Penso che come primo punto importante bisogna dare una corretta e puntuale definizione di azione artistica, se per oggetto o azione artistica si intendono delle opere di Urban Art penso che sia importante poter definire al meglio cosa è Urban Art, che valore artistico detiene e in base a questo quali sono le corrette modalità di tutela.

    Una non corretta comprensione del valore artistico di un’opera ha determinato la distruzione di un patrimonio mondiale come ad esempio le opere di Keith Haring che Roma non ha più!

    Sono dell’idea che noi (restauratori, artisti, storici dell’arte, personale delle amministrazioni) abbiamo la responsabilità ed il dovere di capire cosa sia oggetto artistico e di tutelarlo per permetterne la conservazione alle generazioni future.

    Dobbiamo essere Noi ad interloquire con chi si occupa degli aspetti legislativi per permettere di attuare dei processi che in grado di tutelare le opere d’arte e non di farle distruggere per una mancata consapevolezza del loro valore artistico. Negli anni passati abbiamo avuto molti casi importanti dove una non corretta comprensione del valore artistico di un’opera ha determinato la distruzione di un patrimonio mondiale come ad esempio le opere di Keith Haring che Roma non ha più!

    GMR Domanda molto complessa. Il diritto non ha la pretesa di regolamentare ogni fenomeno, perché la sua funzione è quella di selezionare gli interessi da tutelare. Forse proverei a riformulare la domanda in maniera diversa: l’arte negli spazi pubblici merita di essere tutelata? E, a questo punto, inizierei a ragionare sugli interessi che, concretamente, vogliamo salvaguardare e sugli strumenti per farlo.

    DV Ha senso regolarla legislativamente per non lasciare tutto al caso né troppa autorità al magistrato di turno su cosa sia arte e cosa vandalismo. In primis l’Urban Art va definitivamente riconosciuta come forma d’arte, certificando un valore culturale ed economico alle opere d’Arte Pubblica, e un costo massimale di ripristino in modo che chi provoca il loro danneggiamento, se denunciato, può venire condannato a pagare l’equivalente del danno economico arrecato. Ma, allo stesso tempo – e badate che non è una contraddizione -, chi realizza opere, graffiti e tag illeciti non deve essere perseguito penalmente né mai finire in carcere a causa di quel “pugno duro” periodicamente evocato che serve solo a far ulteriori danni sociali.

    Il cosiddetto ‘vandalo’ deve soltanto rispondere economicamente del danno nei casi in cui i proprietari degli edifici presentino denuncia, e la pena massima attribuita deve essere quella pattuita tra le parti del costo di ripristino.

    Come può essere declinata in legislatura la valorizzazione? Come evitare che sia sempre sinonimo di consumo o sfruttamento?

    LR Il concetto di valorizzazione deve partire dall’assegnazione di valore di Bene Culturale ad un Bene Materiale o Immateriale. Attraverso la valorizzazione di un Bene Culturale si può programmare un piano di manutenzione e conservazione che in prima istanza porta ad una corretta fruizione dell’opera e di conseguenza non ad uno sfruttamento o consumo, ma ad una esaltazione del messaggio artistico e dell’opera stessa.

    GMR Anche questa è una domanda molto difficile ed è complesso formulare una risposta univoca. La valorizzazione è sempre accompagnata dalla tutela e dalla conservazione. Personalmente, ritengo che il punto di partenza debba essere l’analisi degli interessi della collettività, cosa vogliamo che sia conservato per il futuro, come evitare che la distruzione di opere d’arte sia rimessa al capriccio di qualche amministrazione a cui l’arte muraria e, più in generale, l’arte negli spazi pubblici non è gradita.

    DV Questo di Giovanni riguardo gli interessi della collettività è un discorso che, secondo me, ha valore soprattutto nella Street Art spontanea e illegale, e nelle opere non commissionate ma comunque autorizzate, ovvero quando è un’artista che chiede a proprietari privati o ad amministratori pubblici il consenso per realizzarle.

    Non possiamo museificare tutti gli spazi pubblici, ma neanche buttare sempre tutto

    Uno stencil o un murale che sono nati in quel modo effimero, ma che negli anni diventano simbolo di un luogo e di una comunità, o il cui autore è diventato nel frattempo universalmente riconosciuto, può aver motivo di essere tutelato e conservato, anche con l’intento di restaurarlo. Anche riguardo l’Arte Pubblica andrebbe valutato caso per caso, ma prevedendo la conservazione nel momento in cui viene commissionato il lavoro. Non possiamo museificare tutti gli spazi pubblici, ma neanche buttare sempre tutto.

    Come dovrebbe declinarsi una legge sulla Street Art?

    GMR È quello a cui stiamo lavorando ed è quello di cui abbiamo discusso nel corso del seminario dello scorso 7 novembre. Ritengo sia fondamentale sentire tutte le voci in campo: gli artisti, le soprintendenze, le amministrazioni locali, il Ministero, i restauratori, le associazioni di quartiere e così via discorrendo. Provare a comprendere anche le difficoltà operative che incontrerebbe una possibile legge.

    Occorre intervenire in maniera cauta e attenta e prendere in esame tutte le posizioni in campo

    Faccio un esempio: inizialmente, avevo ipotizzato che gli interventi di demolizione o di distruzione delle opere dovessero essere autorizzati dalle soprintendenze competenti per territori, sentita una commissione nazionale di esperti di street art. Sto ripensando a quest’idea – che ancora mi appare valida sul piano teorico – notando le difficoltà operative delle soprintendenze e la difficoltà di costituire una commissione, laddove non esiste una formazione sul settore (basti pensare che ancora in pochissime università si insegna o ci si interessa a queste forme artistiche). D’altra parte, l’apposizione di vincoli rischia di paralizzare intere zone. Occorre intervenire in maniera cauta e attenta e prendere in esame tutte le posizioni in campo.

    DV Il discorso sulla commissione di esperti che fa Giovanni è interessante e inedito, e bisognerebbe approfondirlo perché, per la prima volta da quando si parla di Street Art, si darebbe finalmente un riconoscimento a chi ha esperienza e competenze nell’ambito di questo ambiente. È un discorso che dovremmo sperimentare nelle commissioni di Arte Pubblica ad esempio, prima che paesi e città si trasformino tutti in albi di figurine di grandi faccioni insignificanti o in fantasie astratte in stile carta da parati, decisi esclusivamente da politici locali non competenti in arte che promuovono murales sempre più innocui e decorativi, in nome di un’inesistente quanto falsa “riqualificazione urbana” utile solo ai loro scopi elettorali o a speculazioni di altro tipo.

    Non penso che debba essere favorita la Street Art anzi penso che bisognerebbe definire meglio il suo ruolo

    LR Una legge sulla tutela della “Street Art” è sicuramente importante e necessaria. È importante come dice Giovanni Maria Riccio creare un team di esperti dei diversi settori di competenza che possano evidenziare le difficoltà riscontrate in casi specifici che già sono avvenuti e sui quali si è agito in maniera a volte del tutto contrapposta. Sarebbe utile iniziare subito definire una “commissione” che si impegni a stilare una bozza di legge sulla tutela delle opere di Arte Urbana.

    Come si può favorire la Street Art? Ha senso pensare di favorirne la pratica?

    LR Non penso che debba essere favorita la Street Art anzi penso che bisognerebbe definire meglio il suo ruolo all’interno del contesto urbano e come mezzo di comunicazione con il pubblico. A mio avviso si potrebbe “favorire” mediante una migliore comunicazione dell’evento artistico per spiegare al meglio il messaggio comunicativo che è a monte del progetto artistico. Così come i grandi artisti dell’arte concettuale spiegavano le proprie opere penso che gli artisti stessi debbano essere più aperti ad un reale confronto con la comunità.

    GMR Non credo si debba favorire la street art, anche perché una legge dovrebbe evitare preferenze estetiche. Credo che una legge serva per impedire – per usare un’esemplificazione – che un’amministrazione comunale possa cancellare opere che, anche al di là del valore artistico, hanno una funzione identitaria. Penso, per circoscrivere il campo alla città in cui vivo, al nido di vespe di Lucamaleonte al Quadraro o al mammut di Zerocalcare a Rebibbia, ma anche ai progetti di recupero urbano come Tor Marancia.

    Valorizzare l’Urban Art significherebbe anche ascoltare le nostre proposte di fare arte nei centri storici

    Sono opere che, soprattutto nei più giovani, ingenerano un senso di appartenenza anche verso zone marginali, che creano, se mi è consentita l’espressione, un orgoglio di quartiere. Talvolta, fatico a comprendere le polemiche sulla gentrificazione: nessuno sostiene che la Street Art sia la panacea a problemi urbanistici, sociali, politici. Inviterei, però, a leggere le ricerche che illustrano la correlazione tra criminalità e degrado urbanistico e, dall’altro lato, a riflettere sul beneficio che tali opere possono portare agli esercizi commerciali (bar, ristoranti, ecc.) che si trovano in queste zone.

    DV Rispondo con un esempio: oggi la proprietà privata di un muro o il diritto di tappezzare ogni angolo di strada con enormi pubblicità invasive sono più importanti del valore di rendere le nostre città più belle e più vivibili. Si rende impossibile a noi artisti professionisti dipingere opere in brutti muri degradati dei centri storici in nome di una tutela che esiste solo sulla carta, perché i medesimi luoghi negati ai nostri murales li si lascia in pasto a una liberalizzazione del commercio spietata che li sta soffocando e abbrutendo.

    I più importanti monumenti storici sono circondati ogni giorno da variopinti camioncini di cibo-spazzatura, da bancarelle ingolfate di chincaglierie, da tendoni di localini per apericene all-you-can-eat, tutti ammucchiati tra loro, troppi ed esteticamente orribili. E poi le Sovrintendenze parlano di tutela dei centri? Valorizzare l’Urban Art significherebbe anche ascoltare le nostre proposte di fare arte nei centri storici. Non è l’arte né gli artisti che si andrebbero a favorire, ma si favorirebbero in primis lo spazio pubblico, la vita sociale e la cultura.

    Quale è la legislazione più avanzata, oggi di riferimento nel campo?

    GMR Negli Stati Uniti esiste il VARA (Visual Artists Rights Act), che, però, non è pensato per le opere di arte negli spazi pubblici, anche se vi trova applicazione. In sintesi, il proprietario ha l’obbligo di comunicare all’artista la sua volontà di distruggere l’opera. Una soluzione che, però, mi sembra che penalizzi eccessivamente i proprietari degli immobili, soprattutto nel caso in cui l’opera non sia stata richiesta. In Inghilterra, invece, in assenza di una legislazione ad hoc, tende a trovare applicazione il diritto morale d’autore dell’artista sull’opera, in caso di modifiche o alterazioni.

    In Italia siamo ancora legati alla vecchia nozione di vandalismo

    In Italia siamo ancora legati alla vecchia nozione di vandalismo, presente nella legislazione penale. Ciò vale, però, solo per le opere non commissionate. Ribadisco che andrebbe modificata la prospettiva e pensare al patrimonio culturale che rischiamo di vanificare. Non credo che tutto vada preservato e salvato, credo anche nella natura effimera di molte opere, però, ancora una volta, farei una distinzione tra le varie opere, tenendo in considerazione anche il loro significato sociale e politico, oltre che puramente artistico.

    DV Riguardo l’applicazione delle leggi che regolano il nostro lavoro di artisti, curatori e organizzatori io ritengo che in Italia siamo molto indietro, e sono fin troppi gli esempi paradossali legati all’Urban Art a dimostrazione di ciò che dico. Dai ragazzi morti accidentalmente per andare a fare graffiti illeciti sui treni di notte, agli artisti denunciati per imbrattamento ma nel frattempo acclamati magari dalle stesse amministrazioni pubbliche che li hanno fatti arrestare, dai progetti realizzati coi soldi pubblici in zone periferiche depresse e sbandierati dai politici come “riqualificazione urbana”, all’assoluta incapacità di chi prende le decisioni sugli spazi urbani di fare differenze tra artisti professionisti e dilettanti che presentano come loro murales delle immagini scaricate da internet e montate su un palazzo in Photoshop, fino ai tanti bandi dedicati all’Arte Pubblica ma vinti da chi fa tutt’altro mestiere e si improvvisa esperto approfittando del morboso interesse quanto della confusione che c’è attorno alla parolina magica Street Art. Troppi sono insomma i casi che dimostrano che la legislazione più avanzata è quella che dobbiamo ancora scrivere.


    Immagine di copertina da Unsplash: ph. Jeff Kepler

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