Martedì 10 dicembre 2024
La temporalità delle residenze d'artista in battere e in levare
Scritto da:
Lucia Giardino

Una varietà di voci è emersa dai due giorni del convegno Ripopolare, Rigenerare, Risiedere, promosso STARE Ets, l’associazione italiana per le residenze d’artista in Italia, dall’Associazione Vincenzo de Luca APS e dal Comune di Latronico (PZ). Nei giorni 9 e 10 novembre, circa trenta progetti artistici si sono raccontati, grazie alla coordinamento di professionisti, quali Paolo Mele, presidente di STARE, Alessandra Pioselli, critica d’arte, e Pasquale Campanella, artista, vicepresidente di STARE e curatore, insieme a Bianco Valente di A Cielo Aperto, il progetto di arte pubblica a Latronico, che nell’ambito dell’Associazione Vincenzo de Luca, ospita artisti sul territorio, immergendoli nella quotidianità del paese, la cui comunità spesso contribuisce alla ricerca, alla cura dei processi residenziali e pure al supporto economico che questi richiedono. Il comunicato stampa di Ripopolare, Rigenerare, Risiedere, di per sé una sorta di manifesto programmatico, ha anticipato la riflessione articolata e multidirezionale avvenuta nel convegno, che ha scandagliato in profondità e tramite la presentazione di casi studio, il significato di operare nelle aree interne o marginali dell’Italia, anche in relazione alla nuova ansia di abbellimento dei contestati borghi, tramite opere create in supposte residenze d’artista. A questo proposito sono state interessanti le posizioni di professionisti provenienti da diversi ambiti. Alessandra Pioselli ha introdotto la questione del conflitto nelle comunità e verso i progetti artistici operano nei territori. Raffaele Spadano — antropologo aggregatore del gruppo Montagne Movimento a Gagliano Aterno (TE, Abruzzo) che media tra amministrazioni e comunità locali in ambito sociale e politico — dichiarandosi scettico rispetto alla formula della residenza d’artista, ha messo in luce una criticità non di poco conto, perché registra la percezione di coloro che affermano che le residenze, basandosi sulla modalità di presenza temporanea, non agiscono realmente sui territori, anzi vengono spesso percepite dai locali, come forme di snobismo, elitismo, colonialismo culturale e pure privilegio; nonché come esperienze dissipatrici di energie e di investimenti pubblici.
Secondo chi scrive, tale criticità nasce da un ritardo da parte delle stesse residenze d’artista a delineare il loro perimetro e le modalità messe in atto nel proprio campo d’azione. Tale mancanza di definizione, fa sì che si dia adito a pensare che a qualunque tipo di ospitalità possa essere inquadrata come residenza d’artista. In digressione, ricordiamo che “residenza d’artista” è una etichetta di comodo adottata internazionalmente (Artist in Residence) e inventata nella Soho, New York, degli anni Sessanta, per riferirsi alla pratica degli artisti di occupare stabili abbandonati dalle industrie manifatturiere di tabacchi, le quali, lasciando dietro di sé un vuoto relativo mettevano gli artisti nella condizione di riempirlo, ridandogli un senso. Frustrate dall’ampio margine assegnato oggigiorno a tale definizione, e trovando affascinante affondare la propria ricerca in ambiti spuri, quali, ad esempio, la ricerca sociale, le stesse residenze e parte del comitato scientifico di STARE, iniziano a nutrire dubbi sul fatto che tale formula sia quella migliore per definirsi.
Per non perdere la bussola della propria rotta, bisogna rinquadrare la specificità delle residenze. Come sottolineato da Valerio Rocco Orlando, artista, ricercatore e promotore della Scuola dei Sassi di Matera, spesso gli stessi operatori dell’arte si riferiscono sommariamente al termine “residenza”, omettendo “d’artista”. Tale complemento di specificazione è invece importante; così come lo è ricordare che è proprio della ricerca artistica contemporanea navigare in svariati ambiti di ricerca che includono in maniera non esaustiva l’antropologia, la sociologia, la politica e l’ecologica, con metodologie pur affini, ma non sovrapponibili ai su citati ambiti. La metodologia e gli ambiti di ricerca artistica sono tali perché trasversali. Come ha ricordato Emanuele Curti di Lo stato dei luoghi (Matera) nel secondo giorno del convegno, la ricerca artistica ha un plus che — per quanto nel momento attuale sia forte il richiamo della sfera interspecista — è propriamente antropocentrico, e appartiene alla sfera del desiderio, sentimento negativo che allude alla mancanza e al vuoto, perché etimologicamente, risale all’impossibilità di osservazione del de-sidereo, ovvero dell’ambito di stelle necessarie al navigante per orientarsi nell’esplorazione del vasto mare. Inoltre, è pure importante ricordare che la residenza d’artista non è tale se sui territori non esiste un presidio di professionisti che si fa garante del lavoro dell’artista, agendo da mediatore tra il contesto — amministrazioni incluse — e il più ampio sistema dell’arte. È doloroso constatare che le residenze d’artista oggi si lascino catturare dal canto delle sirene di chi propone loro alternative di altri ambiti, invece che tener fede alla ricerca delle stelle in cielo. E di chi ha dubbi sulla mobilità come essenziale per tale ricerca, perché è proprio la condizione di mobilità che proietta sul possibile; a differenza della restanza, concetto delineato altrove, certo affascinante per l’artista, ma che ne restringe le azioni in nome di un ideologico senso di responsabilità e di afflato verso la partecipazione. È pure doloroso non rendersi conto le residenze d’artista sono già centri di ricerca specifica nel senso trasversale su esplicitato e che cambiarne denominazione nel più generico “centri di ricerca”, come proposto in sede di convegno non gli fa merito; piuttosto ne limita chiarezza, intenzioni e possibilità di valutazione d’impatto.
Durante Ripopolare, Rigenerare, Risiedere, infatti, è emerso da più voci, tra cui nuovamente quella di Curti, di Franco Broccardi (economista e comitato scientifico di STARE) e Linda Di Pietro (Base, Milano) che la valutazione d’impatto è elemento essenziale per definire il posizionamento non solo della residenza d’artista come tassello fondamentale del sistema dell’arte, ma anche di ogni singola residenza d’artista. E non bisogna dimenticare che è sempre in relazione al sistema più ampio dell’arte che si definisce il proprio posizionamento. In sintesi, la pluralità del convegno ha problematizzato un sistema residenziale di per sé vario, ma ancora vitale, che trae spunto dall’osservazione e dalla ricerca di ciò che gli sta intorno per ridefinire la forza, la validità e la vitalità del suo essere che oggi più che mai, ha bisogno di una definizione di un perimetro limpido, per non soccombere di fronte alle tante proposte con caratteristiche simili, ma che offuscano la visione delle stelle.
STARE punta a mantenere ferma la rotta verso la ricerca artistica e a definire il posizionamento dei propri associati e dei propri stakeholder tramite il confronto e con la chiarezza che la sintesi del suo un logo è in grado di offrire in maniera puntuale: una stella luminosa che insieme alle altre stelle, di varia entità, della costellazione delle residenze d’artista rilanci lo stare residenziale non come immobilità, ma al contrario come azione e temporalità dal ritmo alternato in battere e in levare (Linda di Pietro); un invito all’osservazione (dall’inglese to stare) per decodificare il mondo con gli strumenti e attitudini propri del fare artistico, che non è particolare, ma è universale e come tale ha l’obbligo di far agire anche ciò che nasce nella contingenza particolare delle residenze sui territori, nell’ampio raggio del sistema artistico nazionale e internazionale. Immagini di Elena Zottola




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